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Deus absconditus, anno 93, n. 1,  Gennaio-Marzo 2002, pp. 29-31

 

Marinella Testori  Oblata secolare del Monastero SS. Trinità di Ghiffa.

Per Maria a Gesù

    Se l’opera di S. Luigi Maria Grignion de Montfort illustra in pienezza la spiritualità della consacrazione alla Madre di Dio, il trattato «Vita mariaeforme et mariana» del ven. padre carmelitano Michele di Sant’Agostino – tradotto nel 1982 da p. Ignazio del Bambin Gesù, O.C.D., nel 1992 da p. Santino Scapin e pubblicato dalle Edizioni Ancilla – ne costituisce una mirabile anticipazione: il suo autore, studioso di teologia e insigne membro dell’Ordine teresiano, si inserisce nell’ambito del processo di riforma cosiddetta «Turonense», che interessa, nel corso del XVII secolo, le comunità carmelitane del nord della Francia e del Belgio.

    In virtù del posto che Ella occupa nel piano della Redenzione, Maria «attraverso la nostra collaborazione, deve poter esercitare la sua piena regalità in noi. Ne ha diritto in quanto Regina del cielo e della terra e Regina dei giusti e di tutti i Santi» (cap  4, par  4): è questo il motivo da cui prende avvio la riflessione di p. Michele e che sentiremo riecheggiare, tre secoli più tardi, nel cap. VIII della Lumen Gentium.

    La regalità di Maria nelle anime è strettamente associata a quella di Cristo: vivere interamente per il Figlio richiede il totale affidamento alla Madre e, viceversa, «più il regno di Gesù cresce e si sviluppa, più cresce e più si sviluppa il regno di Maria» (cap. 1, par. 8). Maria, che dal Montfort è definita come la «totale relatività a Dio» [1], non solo non ostacola, ma favorisce e accelera la piena conformazione del credente a Cristo, Uomo nuovo.

    Questa «Madre amabile», come più volte p. Michele la invoca, «per tutta l’eternità non fa che vivere per il Signore, per realizzare ciò che a Lui piace, per amarlo e glorificarlo» (cap. 5, par. I): quindi, «aderendo a Maria con la vita e con la morte, noi intendiamo vivere e morire ancor più perfettamente in Dio e per Dio, facendo in tutto il suo volere e desiderosi solo di amarlo» (cap. 5, par. 3).

    L’autore ci mette in guardia da ogni forma di devozione che consideri Maria quale ultimo fine: oltre che illusorio, un simile atteggiamento non ci allontanerebbe, proprio quando crediamo di esserle vicini, da Colei che si è proclamata l’umile ancella del Signore? Anche attraverso numerosi esempi tratti dalla vita dei Santi, p. Michele ci fa comprendere che un vero figlio e devoto di questa Madre sublime non può comportarsi diversamente da come Ella ha agito: dobbiamo sforzarci di vivere in totale adesione alla volontà di Dio e, per fare ciò, ricorriamo a Maria che preservata da ogni macchia di peccato, pronuncia in eterno, anche per noi, il suo «sì« a Colui che da Lei è stato generato nella carne.

    L’uomo, però, non si può aprire all’azione divina senza l’assistenza dello Spirito Santo che «viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26); analogamente, «l’unico e medesimo Spirito» (1 Cor 12,11) genera nell’anima una tenera attrattiva verso Colei che ne è vivente Tabernacolo, tanto che «l’amore per il Signore e per la Santa Vergine appare come una sola e identica realtà che scorre nell’anima in maniera armonica, fino a quando l’anima non riposerà assieme a Maria in Dio, in una sconfinata pace» (cap. 3, par. 2): nella vita marieforme, «si ama e si gode Dio in Maria e Maria in Dio» (cap. 6, par. 6); « lo Spirito Santo è diventato il principale motore dell’anima devota e abita le sue profondità. Dio in Maria e Maria in Dio sono costantemente presenti nella sua memoria durante la contemplazione, quando ama e perfino quando respira» (cap. 6, par. 6).

    P. Michele, che si rivela altissimo cantore dello Spirito Santo come, più tardi i grandi staretz Serafino di Sarov e Silvano del Monte Athos, ribadisce che alle anime elette «esso concede di vivere nella Madre celeste, di riposarsi e di godere in Lei, di avere un tale amore per Maria che le fa diventare come Lei, cioè diventare Maria» (cap. 7 par. 4): esperienza «concessa solo a poche anime innamorate, a certi figli carissimi che la Madre celeste si sceglie con cura. E per una grazia tutta speciale» (cap. 8 par. 1). Solo lo Spirito può introdurci nel «paradiso terrestre che è Maria, e in cui si trova veramente l’albero di vita, che ha portato Gesù Cristo» [2]: grazia che non possiamo meritare ma soltanto invocare quale puro dono della misericordia divina.

«La vita mariana in Maria e per Maria trova tutta la sua dignità e perfezione nella speciale unione della Vergine con il Signore» (cap. 9 par. 1): le anime che la sperimentano «comprendono come Dio, preso da indicibile amore verso questa amabilissima Madre, Le si sia donato tutto e l’abbia tanto riempita di sé e delle sue divine perfezioni quanto una creatura ne può ricevere» (cap. 10 par. 2).

    Se Dio ha scelto Maria per compiere l’opera della salvezza, perché non dovremmo sceglierla anche noi, dato che «Maria è il mezzo e l’ancora più sicuri per l’unione dell’anima con Dio» (cap. 12 par. 6)? «Lo stesso Spirito suscitò in Gesù l’affetto verso il Padre, come pure provocò in Lui verso Maria tutti quei sentimenti e gesti tipici di un figlio verso la Madre [...].

    Che motivo ci sarebbe, dunque di meravigliarsi se quello Spirito che grida nei cuori dei figli Abbà, Padre facendo nascere sentimenti di affetto verso il Padre di Gesù, allo stesso modo gridasse in quegli stessi cuori Ave, Madre?» (cap. 12, parr. 2-3). Lo «Spirito di Gesù, abitando in Maria, è stato l’autore di tutto ciò che Ella ha fatto, mai gli è venuta a mancare la sua collaborazione [...]. Lo Spirito di Gesù, quindi, in forza di una simile fedeltà è diventato anche lo Spirito di Maria» (cap. 14 par. 2).

    Coloro che hanno trovato, nei monasteri benedettino-mectildiani, un punto di riferimento per purificare e rafforzare la propria fede, non possono non sentirsi in consonanza con il nostro Autore, a motivo dello strettissimo legame che la spiritualità di Catherine de Bar pone tra il culto eucaristico e la devozione a Maria SS.ma: è davvero Maria che ci conduce a Suo Figlio ed è Gesù a farci toccare con mano l’efficacia della mediazione universale della Madre!

    Oggi più che mai, il mondo ha bisogno della tenerezza della Vergine, perché la Sua luce immacolata trasfiguri il volto desolato dell’umanità e il Suo amore, che spesso previene la richiesta, guarisca le ferite dell’odio e delle sopraffazioni !

 


 

[1] Cfr. Trattato della vera devozione a Maria, par. 225.

[2] Montfort, Trattato, par. 261.