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Deus absconditus Anno 70, n° 1, Gennaio-Febbraio 1979 pp. 8 -14 ;
Marzo-Aprile n° 2,  pp. 33-35 ; Maggio-Giugno n° 3,  pp. 54-58

 

Sr Marie-Véronique Andral osb ap (Una monaca benedettina dell’adorazione perpetua)
Alle fonti del «nulla» nella spiritualità
di Madre Mectilde de Bar

Quando si cercano le fonti del «nulla», o dell’ «annientamento» che occupa un posto rilevante nella spiritualità di Madre Mectilde de Bar si pensa subito a Jean de Bernières e al gruppo dell’Eremitaggio di Caen. Invero M. Mectilde è un’intima amica di Bernières, non solo perché diretta spiritualmente, come lui, dal Padre Crisostomo, ma anche perché alla morte del loro comune direttore spirituale (1646) ella si sottomette alla guida dello stesso Bernières e vi resterà fino alla morte di quest’ultimo (1659). Tuttavia se si legge attentamente la sua corrispondenza col Bernières o se si paragona il «Chrétien Intérieur» alla spiritualità mectildiana si avverte che queste due anime, pur essendo in così perfetta sintonia di sentire hanno ciascuna la loro propria caratteristica e che il «nulla» di M. Mectilde sembra avvicinarsi di più a quello di San Giovanni della Croce che a quello di Bernières.

E’ certo che lo stesso Bernières fu molto influenzato da S. Giovanni della Croce. Catherine Le Sergent che sembra abbia diretto spiritualmente il Bernières gli scriveva: «Ritengo, dal momento che dite di attingere lumi dal padre Giovanni della Croce, che ben presto sarete introdotto nel segreto sentiero di pene e dubbi, che io preferisco per la vostra anima più ancora dei lumi che possedeva prima». E lo spinge risolutamente nel sentiero del «nulla» di san Giovanni della Croce.

Sarebbe molto interessante rilevare nel «Chrétien Intérieur» le molte e molte pagine direttamente ispirate da San Giovanni della Croce. Bernières ha tuttavia una sua propria fisionomia particolare: tutto il suo «nulla» sembra cristallizzarsi attorno a Gesù «povero, abietto e sofferente», attorno all’amore all’ «abiezione». La meditazione assidua al Vangelo lo spinge alla povertà, alla spogliazione, all’«ultimo posto» in modo tale da farne un autentico antenato del Padre de Foucauld – con la differenza essenziale che egli conduce questa vita «abietta» non nel cuore del Sahara, ma in piena città di Caen –. M. Mectilde condivide con ardore questo amore all’«abiezione» di Bernières e s’impegna nella via del «nulla». per imitare Cristo che si è annientato, in quanto al centro della sua vita e della sua dottrina sta il Mistero Redentore. Essa però non si ferma all’abiezione, ma va fino allo scopo del Mistero pasquale, e siccome ha profondamente assimilato la dottrina di san Giovanni della Croce, ama descriverci questa via (dell’abiezione) come il sentiero che conduce direttamente a Dio in una marcia intrepida (che è quella della «salita al Carmelo»), scartando deliberatamente tutto ciò che non è Dio-solo, guidata dalla luce-oscura della pura fede. «Per lasciarci guidare con sicurezza dalla fede, a questo stato di contemplazione – scrive san Giovanni della Croce – l’anima deve tenersi nell’oscurità non solo in quella parte di se stessa che ha rapporto con le creature ed il temporale, cioè nella parte sensitiva ed inferiore, ma anche in quella che ha rapporto con Dio e le cose spirituali, cioè nella sua parte ragionevole e superiore...». (Salita c. 5). «L’anima deve spogliarsi completamente e volontariamente da ogni minimo affetto alle cose, sia elevate che basse. Chi impedirà a Dio di agire con tutta libertà in un’anima divenuta sottomessa, spoglia, annientata, per essersi impegnata con tutte le sue forze in questa spogliazione?». E si sa come San Giovanni della Croce passi in rivista tutti i beni nei quali l’anima rischia di fermarsi senza eccettuare le più elevate grazie soprannaturali, ripetendo sempre come un ritornello: «a questo non bisogna attaccarsi; questo bisogna fuggirlo; quest’altro bisogna dimenticarlo...». M. Mectilde conosceva la « Salita », alla quale richiama le sue figlie che si lamentano nelle loro tenebre: «Dio è, e noi siamo nulla. Mio Dio, quale grazia e forza trovo nella pratica di questo nulla nella fede! Esso conduce l’anima ad un così prezioso abbandono che la fa dimorare in una pace divina. Ricordatevi di ciò che dice la «Salita al Carmelo» (figura della perfezione a cui deve tendere l’anima spirituale). L’inizio del sentiero dice: «Nulla»; più avanti: Nulla; dopo aver fatto qualche progresso in questa salita, trovate ancora questo stesso insegnamento: Nulla; un po’ più avanti trovate questo motto: «Sarete tanto più quanto meno vorrete essere»; continuando il cammino l’anima esclama, in seguito ad una stupenda esperienza: «Dal momento che mi sono stabilita nel nulla, ho trovato che nulla mi manca!». Ed ecco il commentario delle sentenze del grafico in una lettera alla contessa di Châteauvieux, il cui spirito «vivo e curioso» da molto filo da torcere alla Madre. E’ a lei che un giorno M. Mectilde disse: «Avete proprio ragione a dire che il vostro spirito corre in modo troppo veloce, perché in verità previene persino quello di Dio».

«Da quando mi sono stabilita nel nulla ho trovato che nulla mi manca».

 «Sono le parole di un gran santo che le aveva ben esperimentate. Vi ingannate, figlia mia! La vita interiore non consiste nei lumi, ma nel puro abbandono alla. guida di Gesù e del suo Spirito. L’unico mezzo per fare un gran progresso nella vita spirituale è di conoscere davanti a Dio il nostro nulla, la nostra indigenza ed incapacità. In questo stato e convinzione dobbiamo abbandonarci a Dio, confidando nella sua misericordia, per essere guidate secondo il suo beneplacito sia nella luce come nelle tenebre; e poi semplificare il nostro spirito senza permettergli di troppo vedere e ragionare.

Bisogna accontentarsi di ciò che Dio ci dà senza cercare di possederlo in altro modo. La grazia e l’amore di Dio non si acquisiscono con la forza delle nostre braccia, ma a forza di umiliarci davanti a Lui, di confessare la propria indegnità e di accontentarsi di ogni povertà e bassezza. Bisogna accontentarsi di essere nulla e :

«Voi sarete tanto più quanto meno vorrete essere».

«La via della grazia non è come la via del mondo. Nel mondo occorre farsi avanti per apparire ed essere qualcosa secondo la vanità, ma nella vita interiore, si procede retrocedendo, cioè: progredirete nel volere essere nulla, e sarete tanto più agli occhi di Dio, quanto meno apparirete ai vostri e a quelli delle creature».

«Per essere qualcosa in tutto bisogna essere nulla del tutto».

«La ricchezza della vita della grazia è la suprema povertà. Mi sono ridotto come un giumento...» dice Davide e «sono rimasto con te». Restate di fronte a Dio come un giumento incapace di qualsiasi cosa che non sia conforme al suo beneplacito, ignorando tutto e non volendo sapere altro, se non la sua santissima volontà. Rimanetevi abbandonata e sottomessa anche senza conoscerla e vedrete che la Sua grazia, il Suo amore ed il Suo Spirito regneranno in voi ». Più tardi la contessa comincerà a fare l’esperienza del suo «nulla» e M. Mectilde riprenderà il motto:

«Sarete tanto più, quanto meno vorrete essere. Siate assolutamente nulla in tutto e sarete tutto in pienezza».

«Ricordatevi volentieri di questo insegnamento, conciso nelle parole, ma denso di significato e, per giungerne alla pratica, amate di essere nulla in tutto ciò che fate; siate contenta che Nostro Signore vi faccia la grazia di trarvi dalle tenebre della vostra ignoranza e vi faccia vedere e sentire l’attuale stato di dipendenza dalla sua bontà in cui vi trovate e come senza il suo soccorso particolare non potete fare nulla. Questa verità è importante e fondamentale per il vostro edificio spirituale».

 

E aggiunge con finezza:

«Noi siamo abbastanza convinte che non facciamo nulla che valga, tuttavia accettiamo con segreta compiacenza le approvazioni del nostro operare. Ci sentiamo abominevoli davanti a Dio e spesso ci riteniamo tali anche verso noi stesse, ma nelle occasioni in cui si è un po’ disprezzate ... questa (verità) ci fa morire. L’anima che non è stabilita nella conoscenza di se stessa, non è nella verità. Per vivere nella verità bisogna vivere nell’umiltà o per meglio dire nel nulla. Un’anima che vive nella verità è solo nulla e dimora nel suo nulla: le creature non la trovano. Felice perdita, perdita salutare! Perdiamoci in tal modo, per poterci ritrovare in null’altro che in Dio-solo!». «Figlia mia, se voi cercate Dio in spirito e verità, la fede non ve lo fa possedere? Non avete imparato che esiste un Dio degno del vostro amore? No. No. Non occorrono molte cose per la vita interiore, bisogna solo credere e abbandonarsi nell’amore, cioè, crescere in Dio e abbandonarsi al suo amore. Voi cercate troppo e troverete meno. La fede non consiste nel conoscere molto ma nel sottomettersi. Restate fisse, cioè ferme nel vostro caro abbandono, semplificatevi e dimorate nella pace!».

Madre Mectilde sa assumere un altro tono quando parla con una sua figlia ancora immatura, e il suo insegnamento non è meno energico:

«Mia cara figlia, voi credete di trovare in me qualche appoggio, ma vi assicuro che io mi metterò dalla parte di Nostro Signore. Se Egli vi toglie il velo, io vi toglierò l’abito. Voglio la vostra santità. Siete come una piccola contadina che viene condotta alla Corte per farne una dama, sennonché essa non sopporta che la si spogli dei suoi abiti poveri e cenciosi, per rivestirla di quelli più ricchi e più belli, e rifiutando questi ultimi, dice, tutta imbarazzata: "Toglietemi tutto ciò e datemi i miei cenci. Preferisco la mia libertà a tutte queste cose". Ecco il vostro ritratto fedele. Quando Dio vi avrà spogliata, che perdita avrete fatto? Egli vuole togliervi i vostri cenci per rivestirvi di Se stesso e voi non solo non volete, ma glielo impedite. La natura (che è rappresentata da questa contadina) dice: "Cosa?! Io non dovrò più provare alcun gusto di Dio, che mi sostenga? Non un buon pensiero che mi nutra? Non una dolcezza, una consolazione? Ciò è rude". – Toglietemi tutto questo: sono solo degli stracci! – Dio sarà la vostra forza ed il vostro sostegno. "Sì – mi direte – ma io non Lo vedo e non sento nulla, perché credere ciò?". Noi ci affidiamo ben volentieri ad una persona che sappiamo che ci ama (e che spesso ci inganna), e per il semplice fatto che i nostri occhi non vedono Dio, facciamo fatica a credere in Lui e nella sua Parola: un po’ di fede e confidenza nella Sua parola opereranno meraviglie! Se vi trovaste tra le braccia di vostro padre terreno, direste: "Mio padre mi ama e non permetterà che mi si faccia del male". Dio ci ama molto di più, senza limite di paragone. Felice perdita se perdete voi stessa! Gesù Cristo vi riceverà. Datevi in preda allo Spirito Santo e troverete uno sterminatore che nulla risparmia e mette fuoco dappertutto. Avete troppa compassione per voi stessa. Dimenticatevi una buona volta e lasciate alla porta tutti i vostri pensieri e ragionamenti, senza divertirvi a contestare con tale meraviglia che vi nocerà se non ve ne guardate. Il demonio è tutto contento quando vede un’anima scherzare e riflettere su se stessa; egli si serve dell’occasione per farla cadere.

Quando si presentano allo spirito queste cose, bisogna dire loro: "Tacete, perché mi siete importune!" e se ricominciano, non divertitevi a contestarle. Ogni riflessione e tenerezza per la natura e compassione dei vostri interessi sono solo dei giochi da bambini che gridano davanti alle porte. Lasciateli gridare finché vorranno.

«Ma con che cosa devo vivere? grida l’amor proprio. Preferirei perdere tutte le creature piuttosto che il gusto di Dio". Non è forse sufficiente l’onore e la grazia che Dio vi fa associandovi a suo Figlio? So che desiderate questo con tutto il cuore. Abbandonatevi dunque completamente a Lui, dimenticate voi stessa e vedrete ch’egli compirà la sua opera. Io stessa farò con Lui un così buon contratto per voi, dal quale non potrete più ritrarvi ».

Ecco infine una bellissima lettera alla Contessa di Châteauvieux sulle «disposizioni che deve avere per la nascita di nostro Signore». E’ inerente al tema che trattiamo perché dimostra il movimento profondo dell’anima di M. Mectilde davanti a Dio, ispirato dall’insegnamento della «Salita».

«Non potendo dormire a causa della tosse insistente, penso desideriate che trascorra un quarto d’ora con voi in spirito per dirvi alcuni piccoli pensieri sulle disposizioni che la vostra anima deve avere per ricevere in sé la nascita di Gesù. Se riflettessi, conserverei un profondo silenzio su tale mistero così profondo e adorabile che comprende gli annientamenti di un Dio nel rivestire la nostra carne e l’eccesso d’amore del Padre verso di noi nel donarci suo Figlio. "Dio ha tanto amato il mondo da dargli il suo proprio Figlio". Diciamo solamente con semplicità le disposizioni che dovete avere per non impedire in voi gli effetti della nascita divina.

«La prima è il vuoto in voi stesse delle creature. Nell’albergo non c’era posto per ospitare Gesù. Le creature hanno occupato tutti i posti e gli interessi del nostro amor proprio sono stati anteposti all’accoglienza di Gesù e della sua santissima Madre. Se desiderate che Gesù venga a nascere in voi, fategli posto nel vostro cuore, svuotatelo di tutte le creature e dei vostri interessi. La stalla di Betlemme si trova vuota, Dio vi alloggia come nel suo palazzo e vi fa la sua entrata nel mondo.

«La seconda disposizione è la fede. Gesù nasce nel mezzo della notte, nelle tenebre, senza altra luce di quella della divinità. Distaccatevi dai vostri sensi e dimorate nella fede, se volete ricevere la grazia di questo mistero. Bisogna essere nelle tenebre riguardo ai vostri sensi e al vostro spirito proprio, se volete ricevere la luce divina, e Gesù nascerà spiritualmente in voi.

«La terza è il silenzio. Gesù è entrato nel mondo in un tempo di pace, in un’ora in cui tutte le creature erano immerse nel silenzio per indicarci che Lui è il Re della Pace, che ama il silenzio e che solo nella calma delle nostre passioni e potenze egli si comunica all’anima raccolta nella solitudine interiore, dove egli fa sentire la sua voce divina.

Quanto è felice l’anima che ordina così bene tutte le cose in se stessa, da far sì che il suo adorabile Signore la renda il luogo della sua nascita!

Ci sono tre tipi di silenzio che dobbiamo imparare e praticare secondo le nostre capacità:

primo: il silenzio delle nostre passioni che è una fedeltà attuale al rinnegamento di se stessi, in modo che le passioni mortificate non facciano più rumore;

secondo: il silenzio dei nostri sensi, che vorrebbero sempre vedere e sentire ciò che avviene. Questi fanno rumore e turbano il riposo di un’anima che deve consistere in una profonda attenzione a Dio. E’ per questo che bisogna farli tacere senza ascoltarli, ne metterci dalla loro parte;

terzo: il silenzio delle potenze della nostra anima, che devono essere annientate: – l’intelligenza deve essere in silenzio, senza ragionamenti superflui e produzioni inutili che procedono solo da una ricerca di se stessi. Deve restare in silenzio, contemplando Dio con rispetto; – la memoria deve essere in silenzio, non ricevendo volontariamente alcuna immagine o ricordo di creatura, restando semplificata alla presenza di Dio;  – la volontà deve essere in silenzio, senza desideri, inclinazioni, senza ardore, costrizioni, priva di affetto e attacco a qualsivoglia cosa che non sia Dio solo. In una parola la più santa e migliore disposizione verso la quale la mia anima si sente più portata è la profonda morte in noi stesse, che chiamo il "vero annientamento".

E’ questa santa disposizione che ha tratto il Verbo dal seno del suo divin Padre per farlo incarnare nel cuore verginale di Maria. Dio si è compiaciuto dell’umiltà della sua serva, della bassezza e del nulla nel quale la SS. Vergine era annientata al di sotto di tutte le cose. Un’anima immersa nel suo nulla rapisce lo sguardo di Dio e si può dire che egli ne resta talmente invaghito che dimentica la sua grandezza e coll’abbassarsi in lei l’innalza fino a sé. Siate in una disposizione di vuoto, di silenzio, di fede e di annientamento perché solo Dio sia. O adorabile Gesù, nascete, vivete e regnate perfettamente in noi, e tutto quello che in noi vi è contrario sia perfettamente consumato dalla potenza del vostro amore divino.

***

Si può notare come Madre Mectilde insista sulla fede. E’ per la fede che si conosce Dio e che ci si unisce a Lui.

«L’anima vede se è nella fede. E’ la luce della fede che la fa vedere. E’ per la fede che la vostra anima si eleva a Dio; è per essa che lo conosce; è per essa che si sottomette ai disegni adorabili e segreti che Dio ha su di lei. E’ per la fede che voi siete in un’attuale fruizione di Dio presente; è per la fede che uscite dalle creature per entrare in Gesù; insomma: è per la fede che siete unite e trasformate in Gesù».

«Elevatevi con semplicità in Dio che è attualmente e realmente presente in voi. Spogliatevi di tutti i vostri lumi, di tutti i vostri gusti, di tutte le forme, immagini. Dio è puro Spirito e vuole essere adorato in spirito. La fede c’insegna che tutto ciò che cade sotto i nostri sensi e sotto la comprensione umana non è Dio. No, no, figlia mia, tutto ciò che provate, che gustate, che vedete non è Dio; può essere senz’altro un effetto delle sue grazie, ma non è affatto Dio, Sorgente di grazia. E per trovarLo nella sua purezza divina bisogna che vi eleviate al di sopra di tutto ciò che sentite e per mezzo di una semplice ignoranza di tutte le cose dimoriate nella fede in Dio».

Si riconosce in questo brano la dottrina del «Cantico Spirituale»:

O fonte cristallino

se tra queste immagini d’argento

formassi repentino

i cari occhi bramati

 che stammi in cor, ma sol confusi e ombrati!

«Poiché con tanto impeto l’anima desidera l’unione dello Sposo e vede che non trova mezzo o rimedio alcuno in tutte le creature, si volge a parlare con la fede, come quella che più al vivo deve darle lume circa il suo Diletto e la prende come mezzo a tal fine. Perché in verità non ve n’è un altro con cui si possa giungere alla vera unione e allo sposalizio spirituale con Dio, come dice il Signore stesso per Osea: «Io ti sposerò a me nella fede». (Os. 2,20). (Cantico Spirituale - Strofa 2-1,2).

Nella lunga relazione del ritiro dove M. Mectilde parla dello stato di annientamento giunto alla sua consumazione, rileviamo alcuni passaggi sulla fede. Si tratta in questi testi di una fede «non comune» e più esattamente di una grazia di unione dovuta ad una fede molto elevata e che raggiunge a puntino quanto dice san Giovanni della Croce.

«Dio che è essenzialmente luce e amore non si comunica all’anima che per la luce amorosa della fede. E’ vero che Dio si comunica tramite la creazione, ma in piccolissima misura al confronto. Mentre per la fede la sua comunicazione è abbondante. Si tratta di un raggio divino oscuro e tuttavia di uno splendore ammirevole che mette l’anima in possesso di una conoscenza divina di tutte le cose ed il suo flusso è la sorgente della più pura orazione. La sostanza dell’unione reale è nel fondo dell’anima dove si opera nella pura fede e amore.

«La vera orazione consiste nel mettere il proprio giudizio nella luce divina della fede E’ la presenza di questa stessa fede nell’anima che l’eleva, l’illumina e l’unisce. Quando la grazia conduce l’anima all’uso più puro di questa luce divina, essa è ben presto felice, perché esce da se stessa ed entra in Dio che la possiede e opera in lei la sua santa volontà. E’ disposta all’unione divina e perciò a essere trasformata e retta da Dio tanto per l’interiore che per 1’esteriore. Ma perché ciò si compia perfettamente è necessario che l’anima non solo sia unita, ma unita per eccellenza e quindi completamente annientata. La fede ha questo vantaggio: non solo dona la conoscenza di Dio, ma lo fa possedere per una nuda contemplazione e un’unione essenziale; il che è ben diverso dai lumi ordinari che dà su Dio, benché eccellenti: c’è la stessa differenza che esiste tra la semplice conoscenza di una cosa ed il suo vero possesso.

I lumi, le immagini, i sentimenti non sono dono di Dio, ma conducono a Dio e istruiscono l’anima nella conoscenza di Lui. Ma la fede perfetta conduce l’anima fino al gusto e all’abbraccio di Dio stesso, alla verità nascosta e velata sotto le ombre della stessa fede, e tuttavia veramente posseduta. Nella gloria si abbraccia Dio svelatamente, ma qui velatamente, nelle tenebre, benché illuminate da questa luce divina.

L’anima che si trova in questo stato rifugge dai lumi e dalle conoscenze; vive nella fede completamente spoglia per trovare Dio in un momento e possedere in seguito una fruizione che è Dio in Dio. Riconosce che fino a questo punto non ha fatto altro che ricercare il Diletto, che le creature sono solo degli specchi nei quali ha visto la Sua immagine e che la sola fede gli ha dato il Diletto nella reale presenza e nella vera esperienza e che in Lui vede ogni cosa, possiede ogni cosa e gusta ogni cosa. Egli dà all’anima le virtù, le disposizioni che le sono necessarie, la conoscenza dei Misteri, del suo nulla e di tutte le verità divine; la sua unica preoccupazione è di essere unita a Lui realmente e veramente». «Il tutto dell’anima è di essere unita in Dio per unione di fede e tutti i doni, le grazie, le comunicazioni che da Dio scendono in lei vengono appena considerati perché la sua unica attrattiva è Dio solo e non vuole possedere che Lui al di sopra di tutte le cose. Da ciò deriva che se Dio la mette nelle privazioni, nelle pene ulteriori, nelle tenebre, non si ritiene per questo abbandonata o provata, giacché Dio e m lei e lei in Dio. Se riceve comunicazioni affettuose e parecchi grandi effetti della grazia non si ritiene per questo favorita perché non stima che Dio solo, il quale non è nulla di tutto ciò e può essere posseduto anche senza di ciò.

L’anima quindi è contenta di essere unita a Lui e di fruire di Lui per una unione completamente pura. E mentre questa benedetta fede la tiene cosi unita, quanto le capita (se non si trova distratta o nell’imperfezione volontaria) non le fa temere né di perdere, né di guadagnare: ella resta sempre uguale a se stessa in ogni sorta di disposizioni».

Respiriamo in questo brano l’aria delle vette, ma questa grazia così elevata non è che lo sbocciare di quanto riceviamo nel Battesimo.

Occorrerebbe un volume per studiare a fondo la parentela di queste due anime e l’influenza dell’opera di San Giovanni della Croce su quella di Madre Mectilde. I testi citati sono stati scelti tra una quantità di simili. Tra le lettere di Madre Mectilde si trovano pure interi passaggi che ella copia molto semplicemente, senza avvertire, secondo l’uso del tempo. Eccone un piccolo esempio: la lettera 6a di San Giovanni della Croce. L’ordine dei paragrafi è scambiato, e la fine è riassunta, ma per il resto è copiata parola per parola:

«Per accrescere la santità dello spirito non c’è miglior mezzo che patire, operare e tacere; chiudere i sensi mediante la pratica e l’amore alla solitudine e all’oblio di ogni creatura e di tutti gli avvenimenti, anche se andasse in rovina tutto il mondo, perché chi si diletta in ciò è molto poco raccolto in Dio.

L’anima quindi si sente attratta da una forza interiore a tacere, a fuggire da ogni conversazione, perché Dio desidera che l’anima goda più in Lui che in qualsiasi creatura per quanto eccellente sia.

«Quando un’anima sa quello che le giova per il suo profitto, non c’è più bisogno che oda o parli di più, ma che lo metta in pratica davvero nel silenzio, nella carità, pace e tranquillità e nel disprezzo di se stessa perché il volere sempre conoscere cose nuove non serve che a soddisfare l’appetito nelle cose esteriori più che ad aumentare nella virtù interiore. Avviene come a chi continua a ingerire cibi sopra cibi non ancora digeriti, che non si convertono in sostanza, ma che producono solo infermità».

Rileviamo ancora una spiegazione di Madre Mectilde sul « lasciare ritornare a Dio ciò che viene da Dio», così cara a san Giovanni della Croce:

«Quando vi dico: lasciate scorrere (tutte le cose) in Dio, intendo dire di lasciare i vostri lumi, i vostri sentimenti e desideri in Dio, senza appropriarvene in nulla affinché Dio si glorifichi Lui stesso in voi come più Gli aggrada. Esempio: provo un sentimento d’amore verso Nostro Signore, che cosa devo fare? Ora, secondo la scienza di parecchi vi si dirà di fare atti, proteste, ecc. Io, invece, credo che Dio voglia che conservi il mio silenzio interiore e che lasci ritornare in Dio ciò che ne è uscito, lasciandoLo operare in me ciò che Dio vorrà, ma senza attacco. Vi si dà questo consiglio perché la maggior parte delle anime abbandonano l’applicazione a Dio per occuparsi delle sue grazie e dei suoi lumi. Non è nei lumi di Dio che bisogna riposare, ma in Dio stesso. Quasi tutte le persone spirituali commettono questo sbaglio che è grandissimo nella vita interiore, quello cioè di attaccarsi più ai lumi, ecc., che a Colui che è la Sorgente dei lumi. E con questa parola «lasciar scorrere tutte le cose in Dio» intendo dire di non fermarvisi ad esse.

***

Abbandono e confidenza

Questa via del nulla, austera e spoglia, ha portato alcuni lettori superficiali di M. Mectilde a rappresentarsela severa, rigida, senza pietà nei riguardi della «natura». Quando si parla un pò troppo del  «nulla della creatura», ci si attira subito il rimprovero di «pessimismo»; sembra si parli di una spiritualità «tesa» «deprimente». Ora è abbastanza stimolante constatare che noi, così preoccupati come siamo di affermare il valore dell’umano, da sembrar aver dimenticato il mistero del peccato, a vantaggio di una visione «ottimistica» delle cose, siamo sempre alle prese con l’angoscia, con la cronica tentazione di disperazione; mentre i santi che hanno visto, con una acutezza che non svia, il «nulla» di tutte le cose e di loro-stessi, hanno fatto, per il loro salto in Dio, la riscoperta di una pace, una gioia, una stabilità, una «audace confidenza» e un «temerario abbandono» che ci confondono e ce li fanno invidiare sinceramente. Questa è la conseguenza della loro prima esperienza, che noi giustamente facciamo tanto fatica ad ammettere. Madre Mectilde lo constata: «Non si può comprendere il nulla e tuttavia è la condizione della nostra felicità». E’ l’esperienza fondamentale che «noi non siamo Dio» e che «noi siamo fatti per Dio».

E’ la scoperta dell’Amore eterno e del dono totale di se stessi a questo Amore. Chi ha maggiormente celebrato e cantato l’Amore eterno di San Giovanni della Croce? E che cosa c’è di più notevole nelle opere di Madre Mectilde, che cosa le strappa le pagine più belle, se non l’amore infinito di Dio che ci ha dato il suo unico Figlio? Se non l’amore di Cristo che si è dato per noi, e che in lei è sorgente di una confidenza, di un dono, di un abbandono senza limiti? Senza dubbio è per richiamarci tutto questo che Dio ha dato al nostro tempo una S.ta Teresa di Gesù Bambino che ha saputo condurci sulla via del «Nulla» del suo padre Giovanni della Croce con un sorriso così affascinante da cui ci siamo lasciati dolcemente trascinare. Essa non è meno chiaroveggente di San Giovanni della Croce e di Madre Mectilde. Il padre Victor de la Vierge lo dimostra eccellentemente nel suo libro: «Dans le Coeur de l’Église»:

«Teresa mette incessantemente le sue giovani suore davanti alla realtà di Dio e alla realtà del nulla delle creature e chiede loro di non fermarsi nel cammino, ma di scegliere risolutamente tra il tutto e il nulla. "Solo Gesù è – ripete – tutto il resto è nulla". Tutto ciò che non è Gesù è nulla, bisogna disfarsene per far spazio a Gesù». Santa Teresa del Bambin Gesù chiede una rinuncia assoluta in tutti i campi – così ci piace concludere questo paragone tra San Giovanni della Croce e Madre Mectilde presentando alcuni passi molto simili e suggestivi tra gli scritti di questi due discepoli del dottore mistico: la fondatrice del XVII secolo e la giovane religiosa che fu data come modello alla nostra epoca.

Quando sentiamo S. Teresa rispondere ad una sua novizia: «Lei, dunque, vuole possedere delle ricchezze? Appoggiarsi su queste cose è appoggiarsi su un ferro arrugginito: vi rimane un piccolo segno. Bisogna appoggiarsi a nulla, neppure a ciò che può aiutare la pietà. Il nulla è la verità ed essa consiste nel non avere nè desideri, nè speranza di gioia sensibile: quanto si è felici allora !».

Come non pensare al paragone della piccola contadina fatto da Madre Mectilde «Cosa? Toglietemi tutto questo: sono solo stracci ». «Dio che è ospite delle nostre anime – dice S. Teresa – sa bene che non possiamo nulla da noi stesse e quindi viene in noi con l’intenzione di trovarvi una tenda vuota in mezzo al campo di battaglia del mondo. Egli chiede solo questo e Lui stesso si incarica del resto. E’ ben nota la risposta che dà a Celina che le dice: "Quando penso a tutto quello che devo acquistare!". «Dite piuttosto "perdere"! ribatte Teresa».

Nelle lettere di direzione spirituale di Madre Mectilde si ascolta lo stesso linguaggio: parecchi passi richiamano irresistibilmente S. Teresina del Bambino Gesù:

«Potete ben dire che secondo il vostro lume dovete "fare" ancora molte cose ed io, cara figlia, vi dico che avete ancora molto da "morire". Coraggio! Dio non vi chiede di acquistare tutte le virtù in una sola volta ma vuole che sperimentiate la vostra indigenza, debolezza e indegnità; e che diffidando di voi stessa esperimentiate tutto dalla Sua bontà. Diventate piccola sempre più sottomessa e semplice nei vostri pensieri, camminate con confidenza. Perché sorprenderci delle nostre cadute, giacché è l’unica cosa che possiamo fare? Quando Dio vuole comunicarsi e vivere in un’anima, operarvi e compiere la Sua opera, bisogna che la lasci spesso nella sua miseria, per farle toccare con mano la sua impotenza, stabilirla nella conoscenza del suo nulla e della sua incapacità a compiere ogni bene. La vostra lettera di oggi mi dà grande motivo di benedire Dio per la conoscenza che vi dà del vostro nulla. Considerate questa luce come una grande grazia perché vi è molto più utile che se compiste miracoli e foste rapita in estasi e aveste rivelazioni!!».

 Come non ricordarsi di Teresa che diceva di preferire la conoscenza del suo nulla ai lumi della fede? e della sua solenne dichiarazione: «La più grande cosa – scrive – che l’Onnipotente ha fatto in me è di avermi dimostrato la mia impotenza e la mia incapacità ad operare sia pure il più piccolo bene». Il segreto di Teresa, la sua piccola via non è forse: «Chi è piccolo venga a me...»? Dopo aver constatato che non può fare un passo per salire la rude scala della perfezione comprende che Gesù la prenderà nelle sue braccia affinché resti sempre piccola, e lo diventi sempre di più.

La via dell’annientamento e la piccola via sono stranamente simili. E’ per questo che sotto la penna della Monaca del grande secolo si trovano già le stesse immagini del bambino, del balocco, dell’uccellino, che userà Teresa. «Credetemi – scrive M. Mectilde – andate molto semplicemente a Dio, come i bambini vanno al loro padre, senza scrupoli. Non siate timorose... Sì, è una verità dire che Dio è nostro Padre. Io non vedo nulla di più consolante e dì più incantevole per un’anima che dire: "Dio è mio Padre..."! Gustate la dolcezza di Dio, nutritevi a vostro piacere di questo amore infinito: se egli è Dio, egli ha pure un cuore di Padre! E’ una cosa ammirevole, Colui che è il Principio della SS. Trinità, è mio Padre ! Noi siamo di origine divina: affidiamoci dunque a Lui, sorelle, egli non ci abbandonerà; è un Dio giusto, è vero, ma è anche infinitamente buono! Credetemi, tendete piuttosto verso la Sua bontà che verso la Sua giustizia. No, Egli non vuole che le anime si perdano, Egli le ama e le porta tutte nel suo Cuore adorabile. «Ascoltate come buone pecore la voce del nostro divin Pastore che dice di conoscere le sue pecorelle e che esse Lo conoscono. Sorelle mie, quale felicità conoscere Gesù Cristo! Questa conoscenza non si acquista con l'elevazione dei nostri pensieri, che alcune anime credono siano ali per volare a Dio, per raggiungerlo a forza li sforzi. No, no, bisogna fare come i teneri e deboli uccellini, tenersi nel nido del nostro nulla e qui fortificarsi e crescere sotto l’Astro divino che riscalderà il nostro cuore e fortificherà le sue ali per prendere il volo verso Dio. « Sì, è vero che sono diventata molto sapiente a riguardo dell’abbandono. Trovo che l’abbandono è il cammino più breve e più svelto... per andare a Dio, per possederlo e per gioire di Lui. Sì, Figlie mie, nell’abbandono c’è una grazia ineffabile che conduce l’anima fino al seno di Dio. Un’anima abbandonata diventa il balocco di Dio, con cui Egli gioca come vuole. Il balocco si lascia aggomitolare, girare, cambiare e condurre come Dio lo conduce: non vi oppone nessuna resistenza». Presso M. Mectilde si ritrova la fiducia di andare in Cielo, dritta dritta senza passare dal Purgatorio. In un secolo dove il timore dei giudizi di Dio è così grande, dove la prova più frequente delle anime non è quella di «perdere la fede» ma di credersi «dannate» questi testi sono ragguardevoli;

 

Una giovane religiosa le diceva un giorno che aveva molto timore (del giudizio), ed ella le rispose: «Voi che siete giovane non dovete tanto occuparvi di ciò che vi procura timore, quanto di ciò che vi può eccitare all’amore per Nostro Signore. Bisogna che le giovani siano animate da motivi che le portano a fare tutto per amore e per il solo desiderio di far contento Dio e piacerGli. Ricordatevi che l’amore fa fare più grandi cose per Dio che non il timore».

«Madre mia – riprese la religiosa – se si avesse l’esperienza e la conoscenza che avete voi, si farebbero parecchie cose». Ella rispose: «Che cosa volete sapere? Non è necessario sapere molto, basta una sola cosa: Credere Dio. Credendolo lo conoscerete; conoscendolo, lo amerete. Ecco tutto quello che dovete fare e ciò che io desidero per me stessa. Dunque credere Dio e amarlo e quindi agire. Fate tutto con pura intenzione, per suo amore, lasciate tutto l’umano, non desiderate affatto la creatura, affidatevi a Dio e abbandonatevi in Lui, perdetevi in Lui e restate in Lui».

«Un’altra religiosa le aveva detto che considerava ben felici le anime del Purgatorio, nonostante le loro pene; allora la stessa religiosa che aveva appena espresso la sua paura per l’eternità e il giudizio le disse che temeva molto il Purgatorio e che non avrebbe voluto andarci. Nostra Madre le rispose: «Comportatevi bene come vi ho detto e non vi andrete. Mettete in pratica la lezione che vi ho dato, fate tutte le vostre azioni con purezza d’intenzione, non vedete che Dio in ogni cosa, vivete di puro amore ed eviterete il Purgatorio, perché il puro amore ha il suo purgatorio in questa vita».

«Una religiosa le disse: – Se avessi la felicità di morire tra le vostre braccia, ne sarei così penetrata che morrei con gioia, sperando di andare dritta in Paradiso; ma dopo troverei ben da scontare!». Madre Mectilde le rispose: «No, no. Vi sarà fatto secondo la vostra fede. Non è sui nostri meriti che fondiamo la nostra salvezza. Da parte mia, credo certamente che una persona che morisse con una grande confidenza nella bontà e nei meriti di Nostro Signore, sempre ch’essa non abbia dei peccati volontari, andrebbe dritta in Paradiso. Quale consolazione per un’anima in punto di morte esclamare: «Lascio la terra per andare al Padre mio!, al Padre mio che è nei cieli! Quale felicità per quest’anima ritornare a Dio, da cui è uscita!».

«Ci sono delle anime così timorose che credono sempre che Nostro Signore sia lì per giudicarle rigorosamente e diffidano troppo della sua bontà. Bisogna avere un timore e un amore filiale. Se non potete contare sulle vostre buone opere, bisogna che contiate nella bontà di Nostro Signore, confidando in Lui e nei suoi meriti infiniti. Siccome Egli ha tanto fatto per la nostra salvezza noi dobbiamo tutto sperare. Egli non è venuto per i giusti ma per i peccatori, è questo un motivo per aumentare la nostra confidenza in Lui... Che cosa non farebbe questo divin Salvatore che ha tanto sofferto per riscattarci, che ci ha dato il suo sangue e la sua vita con una morte così dolorosa?... Rifugiamoci nei fori delle Sue piaghe e lì noi saremo sicure».

Raccogliamo ancora alcune briciole;

«Quando cadete in qualche gran peccato o in qualche colpa considerevole, ben lontane dal turbarvi, bisogna che ringraziate Dio della grazia che vi fa di conoscervi. Ci sono delle anime a cui Dio lascia i difetti per umiliarle...

Per quanto cattiva siate, Dio è sempre vostro Padre ed ha più bontà per voi, di quanto voi abbiate di malizia. Per conto mio, ho fatto peggio di tutto quello che possiate aver fatto voi, tuttavia considero sempre Dio mio Padre e con questa fiducia non temo che Egli mi perda; spero nelle sue misericordie». «Il regno di Gesù è nei nostri cuori. E’ qui che vuol regnare. Pregatelo che vi regni giacché Egli non vi viene che per questo. Porgetegli le vostre miserie, le vostre povertà; andate a Lui molto alla buona, non occorrono molti modi con Dio. Voi non immaginate il piacere ch’egli prova nel vedervi ai suoi piedi con semplicità e confidenza».

«Non posso abbastanza ammirare questa divina misericordia da cui mi sento circondata e che sempre mi sostiene. Mi sento tra le mani del mio Dio per essere tutto ciò che gli piacerà, per soffrire tutto ciò che vorrà e restare sempre nella morte E’ ciò che mi ha insegnato la malattia: vivere in questo spirito di morte. Questo spirito di morte consiste nel dimorare in Dio; si, sempre in Dio senza mai separarmene un solo momento. Dio in tutto. Dio ovunque. Dio sempre e sempre Dio.

Leggevo ieri nell’Ufficio delle Tenebre un versetto che mi piace molto In pace in idipsum dormiam et requiescam (io dormirò e mi riposerò). Ecco come desidero essere: dormire e riposarmi in Dio. Che più nessuna cosa della terra mi disturbi: né le creature e neppure me stessa, nulla di tutto questo , nulla di tutto quello, più nulla che Dio. Oh, la felicità di un’anima che riposa in Dio ed è dimentica di se stessa e delle creature! Non siete abbastanza stanche di vivere in voi stesse e nelle creature? Per conto mio lo sono molto. Credetemi: lasciate tutte le creature e voi stessa e dimorate in Dio per dormirvi e riposarvi.

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Non è necessario andare tanto lontano per vivere così: non avete che da rientrare in voi stessa, perché Dio è nell’intimo della vostra anima. Ve lo troverete ad ogni momento. Fate sempre attenzione a Lui, per seguire il suo Spirito, per aderire a Lui, per volere tutto ciò che Lui vuole, per sottomettervi. Pregatelo di attirarvi completamente a Sé.

Trahe me post  te. Non ci sono che due cose da fare nella vita per appartenere a Dio:

ADORARE E ADERIRE SEMPRE. Dunque: adorare e aderire a tutto quello che Egli fa, a tutto ciò che vuole, amandolo, volendolo e accettandolo, con piacere per sottomissione ai suoi ordini. Ecco il mezzo per non turbarci in tutto quello che ci può capitare nella vita. E’ in questo senso che dormirete e riposerete dolcemente in Dio, adorandolo e aderendoci sempre».