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Deus absconditus, anno 74, n. 2, Aprile-Giugno 1983, pp. 5-7
P. Penning de Vries sj
Originalità della spiritualità delle Monache Benedettine
dell’adorazione
perpetua del SS. Sacramento dell’altare
La spiritualità di fondo della venerata Madre fondatrice Mectilde del SS. Sacramento integra elementi vetero-testamentari ad un livello specificatamente neo-testamentario.
Gli elementi vetero-testamentari sono le «vittime». Non che M. Mectilde abbia inventato l’analogia tra l’immolazione di un animale e il libero dono di sé dell’uomo. Essa è stata preceduta dal quarto carme del Servo di Jahvè:
«Come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, non aprì la sua bocca...Quando offrirà se stesso in espiazione vedrà una discendenza... il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità perciò io gli darò in premio le moltitudini.... Egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori» (Is 53, 7. 10. 11. 12).
Tale linguaggio cultuale di una morte sostitutrice e riparatrice è stato assunto nella parola del Signore Gesù: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti» (Mc 10, 45).
Gli antichi sacrifici non hanno perso il loro significato, ma, al contrario, l’hanno attribuito, per una intelligenza approfondita del Sacrificio eucaristico del Nuovo Testamento: «Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: – ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi –» (Es 24, 8). Queste parole di Mosè illuminano ancora il carattere sacrificale dell’Eucaristia: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti in remissione dei peccati» (Mt 26,28). Così l’antico «olocausto in onore del Signore, un profumo gradito» (Es 29, 18) è ripreso dal «Cristo che vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5, 2), come disse S. Paolo.
È in questo senso che cantiamo l’ammirabile sequenza pasquale Victimae paschali laudes immolent christiani, eco delle parole dell’apostolo «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato» (Cor 5, 7); ed è pure in questo senso che tutti i giorni nell’Eucaristia diciamo: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1, 29).
Ma chiediamoci: quali sono i punti di paragone propri alla spiritualità di Madre Mectilde de Bar? Ne rileviamo quattro:
1. La consumazione totale (v. Costituzioni manoscritte, prefazione).
2. La separazione della clausura, paragonata alla separazione degli animali destinati come vittime ad essere sacrificati a Dio (v. Costituzioni manoscritte, capitolo sulla clausura).
3. Il raggiungimento della qualità di vittima nell’ora della morte (l’infermeria è paragonata all’atrio del Tempio: Costituzioni manoscritte, capitolo 36, 1).
4. L’attitudine del Cristo verso chi soffre, paragonata all’agnello, citato da Isaia (Costituzioni, capitolo 70°, 1).
Ora, secondo le Costituzioni di M. Mectilde, la qualità della vittima dà una motivazione e perfezione profonde e proprie a tutta la vita benedettina: all’obbedienza (Costit. manosc, c. 5, 1; 31, 3 e 32, 19; 68, 1; 71, 1; 72, 1), al silenzio (Costit. manosc, c. 6, 1), all’umiltà (Costit. manosc, c. 7, 2; 31, 3 e 32, 19), all’obbrobrio (Costit. manosc, c. 20, 1), alla carità e amabilità (Costit. manosc, c. 31,3 e 32,19; 18,1), alla povertà (Costit. manosc. c. 33, 1), alla dolcezza, alla pazienza e alla sottomissione (Costit. manosc. c. 36, 15), alla riparazione e penitenza (Costit. manosc, c. 36, 26), all’osservanza delle regole (Costit. manosc, c. 37, 1; 41,8; 73), all’umiliazione e all’annientamento (Costit. manosc, c. 46, 1; 71, 1), alla fedeltà nel lavoro (Costit. manosc, c. 48, 1), al distacco dal mondo (Costit. manosc, c. 53, 1), all’obbligo del sacrifìcio (Costit. manosc, c. 57, 8; 73), al servizio (Costit. manosc, c. 57,9), alla mortificazione (Costit. manosc, c. 57, 19), alla tolleranza (Costit. manosc, c. 70, 1) e, infine, all’abnegazione di sé (Costit. manosc. c. 71,1).
Ma questa impronta vetero-testamentaria è completamente elevata sul piano del Nuovo Testamento. Le vittime neo-testamentarie sono immolate come Gesù (Costit. manosc, e. 2, 1; 49, 1; 70, 1), vittime «a» e «di» Gesù (Costit. manose, e. 2, 1; 5, 1; 19, 1; 20, 1; 22, 1; 23-25, 1. 12; 31, 8; 32, 1; 35, 1; 36, 2. 14; 47, 1; 53, 1; 57, 1. 8; 58, 1. 6; 70, 1; 73). Nell’immolazione delle vittime si compie la stessa trasformazione escatologica, per così dire, che si può segnalare anche nell’atto di adorazione.
Il Nuovo Testamento è nuovo in questo senso: in quanto ciò che era riservato a Dio viene pure attribuito a Gesù. In questo senso gli appartengono, fra gli altri, i titoli della signoria (Signore, re, pastore, Dio), come pure l’adorazione: «Adorerai il Signore tuo Dio e solo a Lui renderai culto» (Mt 4, 10). Così nel Nuovo Testamento si deve adorare solo Dio (Mt 4, 9; 18, 26; Lc 4, 6-8; Gv 4, 20-24; 12, 20; At 7, 43; 8, 27; 10, 26; 2; 24, 11; 1 Co 14, 25; Eb 11,21; Ap 4, 10; 7, 11; 9, 20; 11, 1.16; 13, 4-8.12.15; 14, 7. 9. 11; 16, 2; 19, 4. 10. 20; 22, 8-9). L’adorazione è il culto riservato solo a Dio; in questo senso S. Pietro rifiuta la prostrazione di Cornelio (At 10, 25-26), e anche l’Angelo dell’Apocalisse rifiuta la prostrazione di S. Giovanni (Ap 19, 9-10; 22, 8-9). In una parola: «È Dio che devi adorare!» (Ap 19, 10).
Nel Nuovo Testamento il culto divino dell’adorazione viene trasferito a Gesù. Davanti a Lui si vedono prostrati i Magi venuti dall’Oriente (Mt 2, 2. 8. 11), un lebbroso (Mt 8, 2), un capo (Mt 9, 18), quelli che erano nella barca (Mt 14, 33), l’indemoniato di Gerasa (Mc 5, 6), un cieco guarito (Gv 9, 38), le madri supplichevoli (Mt 15, 22; 20, 20), i soldati che Lo beffeggiavano (Mc 15, 19), e, dopo la risurrezione, le donne (Mt 28, 9), e gli undici discepoli (Mt 28, 17). Ed è chiaro che si tratta di un culto divino: Gesù è in compagnia del Padre e dello Spirito Santo: «Gli undici discepoli... quando lo videro, si prostrarono... e Gesù disse loro: – andate in tutte le nazioni, fate dei discepoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo –» (Mt 28, 16. 17. 18. 19).
Gesù è adorato come Dio: «Lo adorino tutti gli angeli di Dio (Eb 1,6). «Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: – A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli –. E i quattro esseri viventi dicevano: – Amen –. E i vegliardi si prostrarono in adorazione» (Ap 5, 13-14).
È a questa evoluzione dell’adorazione neo-testamentaria, che si unisce M. Mectilde, assegnando l’adorazione a Cristo nel Santissimo Sacramento dell’altare. (Costit. manosc, cc. 20, 1-2; 22, 1; 58, 27; 59, 1; 72, 2; 73).