Deus absconditus, anno 98, n. 4, Ottobre-Dicembre 2007, pp. 138-142
Madre M. GeltrudeARIOLI
DALLA RICERCA DI DIO LA MATURITA' E L' EQUILIBRIO DELLA PERSONA: RISPOSTE DELLA RB ALLE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO.
Non ci proponiamo in questa semplice conversazione un'analisi culturale della mentalità del nostro tempo, né un'esposizione organica e completa dei contenuti della RB; intendiamo solamente offrire qualche suggestione che segnali linee di confronto tra l'orizzonte spirituale della vita benedettina e alcune domande, disagi e situazioni esistenziali del mondo postmoderno.
Accenniamo alla MATURITA' della persona e non possiamo non pensare alla citazione del salmo 33 contenuta nel Prologo della RB (v.15) "c'é qualcuno che desidera la vita e brama vedere giorni felici?": è una citazione efficace a concretizzare il senso di una pienezza di vita che si espande nella totalità, si estende nella durata, sfocia nella felicità della realizzazione autentica della persona. E' già questa una risposta positiva a tante attuali esperienze esistenziali di vuoto, di insignificanza, di disprezzo della vita, che spaziano dalla disperazione al suicidio, dalla soppressione dei più deboli alle più folli teorizzazioni nihiliste.
Ma soprattutto il senso della maturità della persona si esprime nella fecondità di vita, nella capacità di generare, di vivere relazioni creative, autentiche nel dono di sé e nel servizio al bene oggettivo dell'altro. E qui vediamo, da un lato, nel costume contemporaneo, la tendenza allo sterile ripiegamento su di sé, alla chiusura egoistica dell'idolatria dell'io che soffoca ogni possibilità di rapportarsi all'altro omologandolo a sé e negando il valore della vita come espressione dell'amore; dall'altro lato, nella RB, il valore della paternità spirituale come cifra dell'Amore creatore, redentore, santificante della Trinità, come servizio che fa spazio umilmente, nella gratuità dell'amore, alla persona nella sua irrepetibile unicità, accogliendola, facendola crescere, favorendo l'emergere del disegno di Dio nella sua verità autentica. Servizio eucaristico di adorazione del Padre e di dono della vita ai fratelli sul modello di Cristo che " avendo amato i suoi, li amò fino alla fine" (Gv 13, 1), la paternità dell'abate nella Rb é veramente il cardine della famiglia monastica e della sua vita. Se non ci fosse questo sacramento trinitario della divina generazione del Verbo, le relazioni comunitarie si ridurrebbero a interazione di compiti, a superficiale ordine
disciplinare senza vita. Forse proprio in virtù di questo valore ci sono oggi giovani attirati alla vita monastica più che ad altre forme di consacrazione religiosa. In una cultura, in un costume, che, dopo aver decretato la "morte di Dio", ha individuato la liberazione dell'uomo nel rinnegamento, nella "morte" del padre, si esprime forse la più tragica lacuna della spiritualità del nostro tempo. C'é quasi una misteriosa convergenza di filosofie per certi versi in opposizione: marxismo, esistenzialismo, nihilismo, che, in consonanza con le teorie psicanalitiche e con certe tendenze di spontaneismo naturalistico nell'educazione si riconoscono in una falsa promozione della libertà umana come rifiuto della paternità, della propria origine. Ma chi non ha un'origine, non ha un'identità, nè una chiara autocoscienza.
Se abbiamo assistito a movimenti di contestazione di ogni forma di paternità e di autorità, oggi si avverte, nello smarrimento di chi si sente orfano, la nostalgia di una sicurezza, che deve però renderci particolarmente oculate nel discernimento vocazionale: ove prevalesse la pura ricerca di appoggio affettivo, non sorretta da una libera scelta di docile figliolanza, per ricevere un magistero spirituale che riporti al Padre dei cieli, ci troveremmo di fronte a pseudo vocazioni che sarebbe pericoloso incoraggiare. La premessa necessaria da costruire é la conformazione all'atteggiamento filiale di Cristo verso il Padre. In questa trama di rapporti educativi disinteressati e imperniati sulla trascendenza, si individua una linea di forza atta a contrastare l'idolatria odierna del potere, del dominio possessivo sulle persone.
Un lato che sembrerebbe marginale di questo esercizio della paternità attento alle esigenze del singolo é espresso in quel "nessuno si turbi o si rattristi nella casa di Dio" (RB 31, 19) che dice i caratteri di una paternità d'amore delicato, personale, generatore di pace e di gioia nei singoli e nelle relazioni fraterne. Non occorre sottolineare quanto questo atteggiamento possa essere costruttivo in antitesi alle spinte di un egoismo brutale che sopprime l'altro per affermare sé.
Come questa paternità é riflesso della paternità di Dio, così per costruire relazioni umane autentiche e sane non bastano i puri valori umani. Fuori dell'orizzonte della trascendenza la dignità umana si degrada e si annulla. Il "si revera Deum quaerit" di Benedetto non é solo il punto di riferimento per discernere la vocazione monastica; é la bussola della persona.
La RICERCA DI DIO autenticata dallo spirito di lode, di obbedienza, di umiltà sincera, libera e matura la persona. Coltivare oggi lo spirito di lode, la preghiera contemplativa, gratuita e disinteressata, la preghiera che fiorisce dall'oggettività della Parola e immerge nella corrente viva e trasformante dei Misteri di Cristo in comunione con la Chiesa, é via di liberazione potentemente efficace da tanti mali del nostro tempo: dalla superficialità e dall'insensibilità, dall'autoreferenzialità e dal soggettivismo, dall'incapacità di stupore, di gratuità e di gratitudine, di apertura all'orizzonte totale del bene, del vero e del bello, che é la " via analogiae" orientante dal finito all'Infinito. La lode che decentra da sé converge davvero con l'obbedienza e con l'umiltà, valori che risultano oggi del tutto estranei non solo ai comportamenti di fatto, ma anche alla teoria dei valori.
L'esaltazione della propria individualità crea gli idoli dell'istintività pura, del capriccio eretto a legge. Non é solo la "voluntas propria" ad essere idolatrata, ma la "voluptas" effimera che si dissolve nell'attimo, si autodistrugge e distrugge la soggettività sana, frammentando la totalità della persona e rendendo l'io vulnerabile e volubile, instabile e inquieto, suscettibile, violento, indifferente agli altri.
Quando Benedetto descrive i sarabaiti che chiamano santo ciò che loro piace e male quello che non gradiscono (RB 1, 9) sembra profetizzare certe false teorie del nostro tempo che, partendo dall'idolatria del piacere fine a se stesso, non solo lo sganciano dalle sue finalità e dai valori oggettivi, ma giungono alla negazione dell'ordine intrinseco alla natura della persona e delle cose.
L'unico rimedio a queste patologie spirituali é quel senso profondo della verità di sé che nasce dal vedersi davanti a Dio: é il primo gradino dell'UMILTA'. Saper aderire alla terra della nostra creaturalità, della nostra povertà radicale, spogliarci della passione della nostra volontà e lasciarci liberare dall'OBBEDIENZA. Saper fare silenzio, aprirsi all'ASCOLTO, aderire alla realtà oggettiva: non sono solo vie di ascesi monastica, ma percorsi di libertà e di maturazione umana di cui oggi c'é speciale urgenza.
Altrettanto grave é oggi l'assenza del silenzio quanto l'incapacità di aprirsi all'altro in un ascolto rispettoso, attento alla sua verità e al suo valore. Il disgusto della parola insignificante, inflazionata, che non comunica nulla, ma diviene solo una forma di prepotenza o di volgarità, genera – é vero – l'esigenza del silenzio, ma spesso viene cercato il silenzio amorfo, vuoto, l'annientamento della persona che si immedesima nella natura inferiore.
Il SILENZIO vero, che nasce dall'umiltà di chi ascolta la Parola di Dio e la ritrova incarnata nei fratelli e nella loro storia é la risposta preziosa della RB a questa dolorosa esigenza del nostro tempo.
Altrettanto costruttiva oggi é un'altra dimensione della RB: l'AUTENTICITA' e il REALISMO. Si tratta della ricerca di Dio?: si deve verificare se é autentica (RB 58, 7). Si parla della preghiera di lode?: "il cuore concordi con la voce" (RB 19, 7): la verità "si deve proclamare con il cuore e con le labbra" (RB4, 28); nelle relazioni fraterne bisogna essere attenti a "non dare la pace falsa"(RB 4, 25); le cose, i luoghi devono essere rispettati per quello che sono: "l'oratorio sia quale viene chiamato" (RB 52, 1).
Soprattutto nello spirito della Regola é ricorrente il tema del confronto realistico della persona con la realtà così com'é: l'abate "deve adattarsi alla mentalità di molti" (RB 2, 32), il cellerario adattare la distribuzione dei beni ai bisogni di ciascuno (RB 34, 1 e 2), i fratelli portare con pazienza il peso dei difetti altrui (RB 72, 5), ciascuno adattarsi alle tradizioni e usi del monastero e degli anziani (RB 7, 55)...E potremmo continuare le esemplificazioni all'infinito. Ma bastano pochi accenni per intuire che la capacità di vivere in dialogo con la realtà oggettiva, percorso che porta la persona alla maturità é oggi tutt'altro che scontata. Anzi l'egocentrismo trionfa di fatto e viene teorizzato come espressione di libertà e di autorealizzazione; il relativismo soggettivistico é affermato fino a piegare le potenzialità della tecnica alle pretese dell'individuo. E' significativa la tendenza a costruirsi un ambito di relazioni e un mondo virtuale. Ed é più che mai frequente il rifugiarsi in una dimensione illusoria, il coltivare un idealismo amorfo, il cercare vie di evasione dalla realtà fino all'uso esasperato della droga.
E' un'ottima terapia contro la radice di questo male quel cammino di accettazione di sé che passa attraverso il tranquillo riconoscimento dei propri insuccessi e limiti: "si sollicitus est ad obpropria" (RB 58, 7), base anche dell'arte di accettare gli altri, stimando il bene che é in loro e sopportandone i difetti (RB 72, 4 e 5) e di gestire le situazioni del quotidiano con quell'umorismo intelligente e pacificante che sdrammatizza e semplifica la vita.
Certo, tutto ciò richiede di porre in Dio il baricentro di sé e solo allora é possibile vivere relazioni veramente umane. Vivere sotto il suo sguardo matura la nostra autocoscienza, consolida la nostra identità e perciò stesso rende rispettosi del diverso. La nostra Regola ha generato la civiltà europea consentendo l'incontro complementare tra latinità e mondo dei barbari proprio per la sua attitudine ad incarnare storicamente l'ideale evangelico, accogliendo nella famiglia monastica romani e barbari, dotti e analfabeti, vecchi e fanciulli, favorendo anche il dialogo tra monaci e laici, insegnando a vivere relazioni generatrici di vita: lezione questa attualissima oggi, in un clima generalizzato di tendenza alle discriminazioni emarginanti, alle relazioni affettive episodiche e superficiali, possessive e caratterizzate dallo spontaneismo istintivo.
Il valore della STABILITA' é poi uno dei più attuali: la perseveranza nella sequela di Cristo fino alla morte, la fedeltà all'obbedienza, alle tradizioni, il senso dell'appartenenza per sempre alla propria comunità, il dinamismo di CONVERSIONE che la stabilità implica per mettere in dialogo la tradizione con l'oggi, gli anziani con i giovani, plasma personalità serene; può essere un valore particolarmente propositivo per i nuclei familiari di oggi sempre in pericolo di sfaldarsi, può essere una contestazione costruttiva delle relazioni affettive instabili, superficiali, sempre in preda all'inquietudine e all'insoddisfazione e soprattutto può mettere in luce l'assurdità di fondo delle teorizzazioni di una libertà dei sentimenti ridotti a istintività, proponendo invece la LIBERTA' vera che é assunzione cosciente, responsabile e ponderata di opzioni di vita accolte per sempre.
La genialità tipicamente benedettine della "DISCRETIO" ha poi un'infinità di risposte da offrire alle tante forme di squilibrio e di dissidio che caratterizzano i nostri contemporanei. L'attitudine a mediare i contrari nella convergenza delle componenti della persona verso Cristo, cui nulla va anteposto (RB 4, 21) traccia la via per comporre i dissidi tra corpo e spirito, terra e cielo, parola e silenzio, pensiero e azione, ragione e sentimento, studio e lavoro, persona e natura, libertà e legge, singolo e società.....
Non occorre una fenomenologia dettagliata di queste antinomie citate solo a titolo esemplificativo. Basta soffermarci sugli atteggiamenti di disagio di tante persone che si accostano ai nostri monasteri: é evidente talora il coesistere di aspirazioni di spiritualismo astratto e disincarnato e di ricerca esasperata di benessere fisico, quasi di idolatria naturalistica del corpo, di passione sfrenata di singolarità e di formalismi legalistici....
Tutto questo ci invita non a dare una valutazione pessimistica e ingenerosa del nostro tempo, ma a guadagnare un orizzonte di speranza e di responsabilità nella rilettura del cap. 53 della RB.
Davvero dobbiamo "adorare Cristo" (RB 53, 7) nell'ospite che si presenta e offrirgli ogni umano conforto (RB 53, 9) comprendendo le ragioni profonde dei suoi disagi, aprendogli con l'autenticità e la concretezza di una vita di preghiera, di comunione e di pace, una via di ricerca interiore del senso vero della vita e di una vita felice.