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Deus absconditus, anno 92, n. 1, Gennaio-Marzo 2001, pp. 38-39
Sr. M. Cecilia La Mela Professa temporanea del Monastero di Catania.
Attualità del carisma mectildiano
L’istituto delle Benedettine del SS. Sacramento occupa un ruolo significativo all’interno della Chiesa oggi più che mai.
Anche se certi termini, soprattutto quello di vittima, appaiono ormai superati, il messaggio di questo carisma è tutt’altro che tramontato, anzi diversi eventi e movimenti all’interno del tessuto sociale ed ecclesiastico, ne confermano sempre più l’attualità.
Un distintivo caratteristico e particolare dell’Istituto è la fedeltà allo spirito, al carisma che la Madre Fondatrice ha voluto imprimere alla sua opera.
In una conferenza tenuta a Parigi nell’agosto 1951, Jules Fohl, rivolgendosi alle priore riunite in assemblea, si esprimeva in questi termini:
«Voi avete una caratteristica particolare. Credo sia l’idea dell’Adorazione, tale e quale è stata posta come base del vostro Istituto, che dia la spiegazione.
Questa idea di adorazione si esprime con le forme esteriori e con un linguaggio propri dei tempi nei quali si è rivelata. Ma ciò che è fondamentale è che questa idea è stata capace di attraversare i secoli senza alterarsi. Questa idea è una caratteristica che vi aiuta a mantenervi ottime benedettine. Mentre alcuni si chiedono se questa adorazione perpetua sia compatibile con la vita benedettina, io direi che proprio nella scelta di questa idea dominante, centrale, che si ripercuote come un’eco attraverso tutta la vostra giornata, la vostra Fondatrice ha avuto come un’intuizione particolarmente acuta dell’autentico spirito di San Benedetto».
In ordine di tempo, l’Istituto benedettino dell’Adorazione perpetua è stato il primo a sussistere, con questo peculiare carisma, nella storia della Chiesa. Successivamente sono sorti altri istituti che hanno incentrato la loro spiritualità in una dimensione eucaristica. Questa vitalità dello Spirito Santo è significativa anche in tempi di crisi come quella della nostra società attuale.
Numerosi sono i gruppi ecclesiali, anche laicali, che ricercano sempre più l’intima unione col Signore, organizzando veglie e dando vita a vere e proprie catene di preghiera anche notturna. Molte parrocchie stanno riscoprendo l’ora di adorazione eucaristica coltivata dai fedeli sia in modo comunitario che personale. Varie congregazioni hanno associato, come già aveva fatto Mectilde de Bar, l’adorazione alla riparazione.
Questo risveglio eucaristico è senza dubbio una indicazione forte del rinnovamento della Chiesa dopo l’ondata di freschezza del Concilio Vaticano II e che, inserita in un contesto storico particolarmente difficile, in un momento di grave perdita di valori etici, ci sollecita a non perdere la speranza e a credere che l’uomo, oggi più che mai, ha bisogno di punti di riferimento validi e duraturi.
Già l’originaria tradizione monastica orientale aveva conosciuto esperienze di ricerca di una preghiera costante. A Bisanzio, capitale dell’impero d’Oriente, una grande comunità di origine siriana si organizzò in modo tale che la lode divina non si interrompesse mai nella chiesa del monastero. A gruppi, i monaci si davano il cambio al coro giorno e notte, e ogni gruppo assicurava la preghiera per tre ore. Erano chiamati «amaceti», cioè quelli che non si coricano mai.
È all’inizio del V secolo che gli amaceti cominciarono la loro lode perenne, prima nella stessa Costantinopoli, poi nelle immediate vicinanze della città.
Un secolo dopo il loro esempio fu seguito in Occidente dai monaci di Agaune (Svizzera) che ebbero a loro volta imitatori, uomini e donne, della Francia del nord-est. Ma i monaci della Gallia non avevano avuto bisogno di questa influenza per praticare la preghiera continua.
Intorno al 380, il monaco Martino, vescovo di Tours, viveva con ottanta compagni in un luogo solitario vicino alla città. Ognuno, nella sua cella, disponeva di tutto il tempo della preghiera. Solo i giovani ne occupavano una parte nel lavoro di amanuensi.
Ci chiediamo se la Madre fosse a conoscenza di queste antiche tradizioni; certo è che ne è degna erede e, in un certo senso, colei che ha saputo ben definire ed organizzare questa esigenza di perpetuità dell’orazione lasciandoci un istituto che, da trecento anni, garantisce l’adorazione continua e che nel tempo è stato ispiratore di numerose altre congregazioni.
Quest’idea non è nata tutta in una volta nella mente di Mectilde, ma è stata suggerita da diversi motivi, due soprattutto, oltre quello centrale di un amore appassionato all’Eucaristia.
Ci viene tramandato, anche sulla scia di testimonianze scritte da parte della stessa Fondatrice che, alla vista di un quadro che ritraeva delle sacerdotesse, forse Vestali, che legate da un voto e da obblighi ben precisi, si alternavano giorno e notte per non lasciar spegnere il fuoco nel tempio dedicato ai loro dei, la Madre abbia sentito questo vivo desiderio dell’adorazione perpetua, tanto più che si trattava del Dio vero, presente realmente nel Sacramento dell’altare.
La spinta più forte, tuttavia, fu quella suggerita dalle gravi profanazioni che il SS. Sacramento subiva, in quegli anni di dure lotte, da parte di soldati spietati e senza scrupoli.
L’acuto dolore per i numerosi sacrilegi, ha spinto la Madre a votare la sua esistenza alla riparazione, facendo ammenda onorevole per tutti gli oltraggi che Gesù riceve nell’ostia, anche a causa di quei peccati che, pur senza operare una profanazione esteriore, lo umiliano e lo offendono.
La storia, purtroppo, è costellata da numerosi attentati all’Eucaristia e molti miracoli eucaristici sono avvenuti in relazione ad episodi di furti, abusi e altro contro le particole consacrate.
Il carisma della riparazione è quanto mai attuale nel nostro tempo dove messe nere, riti orgiastici, intrighi di magia, non risparmiano le offese contro questo Sacramento.
Essere coscienti di questo grande impegno che la Madre ha consegnato a tutte noi, deve spronarci a vivere intensamente la nostra oblazione per essere fiamme luminose che si consumano davanti al tabernacolo unicamente per la gloria di Dio e per portare a Lui i nostri fratelli in tutti i modi.