Deus absconditus, anno 100, n. 1, Gennaio-Marzo 2009, pp. 48-58
Sr. Marie-Cécile Minin osb ap
L’incorporazione a Gesù Cristo,
base della dottrina eucaristica
di
Madre Mectilde de Bar
Qualunque sia il genere letterario utilizzato da madre Mectilde de Bar, il ricorso alla dottrina paolina dell'incorporazione a Cristo è in lei un fatto reale, identificato grazie ad alcuni lavori di ricerca sugli scritti mectildiani.
Come testimonia la raccolta di scritti pubblicata verso il 1690 sotto il titolo Il Vero Spirito delle Religiose Adoratrici del SS. Sacramento dell’Altare, madre Mectilde utilizza le espressioni «corpo mistico», «corpo», «membra» sia per significare l’unione di Cristo con i cristiani (cap. 4 e 16) sia dei cristiani tra di loro sotto l’influsso capitale di Cristo (cap. 2, 8 e 16).
La partecipazione cristiana al sacerdozio regale di Cristo e l'unità del Corpo mistico come grazia specifica del sacramento dell'Eucaristia: sono queste le due conseguenze dell'incorporazione a Cristo che si riscontrano negli scritti di madre Mectilde de Bar.
I – La dottrina dell'incorporazione a Cristo negli scritti di madre Mectilde
Nel 1986, nella tesi di licenza su madre Mectilde de Bar e la Bibbia, suor Genovefa Guerville ha identificato 354 citazioni o allusioni all’apostolo Paolo e all'autore della lettera agli Ebrei, tra cui 18 sulla dottrina paolina del Corpo mistico [1].
Fin dal 1965, il Rettore dell'Institut Catholique di Parigi, Louis Cognet, nell'introduzione agli Ecrits spirituels aveva costatato come madre Mectilde :
fondi la sua dottrina sul tema paolino dell'incorporazione a Cristo e del Corpo mistico[2].
Dodici anni più tardi, nel maggio 1977, durante una conferenza sulla dottrina spirituale di madre Mectilde, tenuta nei pressi di Rouen, suor Marie-Véronique Andral mette in luce l'importanza del battesimo che rende membra di Cristo:
Il Battesimo e l’Eucaristia – dice – sono intimamente legati. II Battesimo ci rende figli di Dio, membri di Gesù Cristo che ci consacra a Dio Padre e ci fa entrare nel Suo mistero pasquale di morte e di risurrezione.[3]
Successivemante, nel giugno dello stesso anno, in un articolo pubblicato ne L’Osservatore romano, Divo Barsotti fa dell'incorporazione a Cristo l'idea centrale della dottrina mectildiana:
L’incorporazione a Cristo – scrive Barsotti – è l’idea centrale della dottrina [di Madre Mectilde] e impone l’ascesi più rigorosa e severa. Non siamo liberi moralmente di poterci donare perché siamo già suoi, e dobbiamo esser suoi totalmente. Tuttavia, nella nostra incorporazione, il Cristo ci ha lasciato la libertà affinché diventiamo realmente proprietà sua per un nostro atto di amore [4].
Nel 1979, dom Jean Leclercq fonda più specificamente la dottrina spirituale di Madre Mectilde de Bar sulla partecipazione del cristiano alla qualità di sacerdote e di vittima di Gesù, conseguenza dell'incorporazione a Cristo:
In effetti – scrive – il battesimo, incorporandoci a Cristo, ci rende capaci di partecipare al suo sacerdozio, alla sua ‘qualità di sacerdote e di vittima’. Ecco, ci sembra, il fondo della sua dottrina : ed è quella stessa della Chiesa, espressa alla maniera del suo tempo[5].
Nel 1989, presentando Lettere di un’amicizia spirituale (1651-1662). Madre Mectilde de Bar a Maria di Châteauvieux, Paul Milcent, eudista, sintetizza l'insegnamento spirituale dato da madre Mectilde alla contessa di Châteauvieux con queste parole:
Tutto l’edificio poggia su di una solida dottrina del battesimo, sacramento dell’ingresso nel Corpo di Cristo e nella santità di Cristo[6].
Infine, nel 1994, padre Irénée Noye, oratoriano, durante una conferenza tenuta a Tegelen (Paesi Bassi), giunge alla stessa conclusione:
Se è vero – dice – che, tutta preoccupata della vita interiore delle sue religiose, la Madre richiama raramente questo obiettivo, la sua opera tuttavia testimonia il suo orientamento apostolico. La sua teologia del Corpo Mistico, altra riscoperta berulliana, fa sì che essa inserisca perfettamente nel divenire della Chiesa gli sforzi personali di unione al Cristo Gesù [7].
La lettura degli scritti di madre Mectilde, in effetti, consente di scoprire quanto l'incorporazione a Cristo attraverso il battesimo sia un elemento importante della sua dottrina eucaristica.
Così, nel corso di un capitolo nel dicembre 1671:
I misteri – dice la Madre – ci vengono ripresentati dalla nostra santa madre Chiesa solo perché noi ci conformiamo ad essi, secondo quanto ci è possibile, stabilmente. Meditate ed esaminate seriamente le circostanze che in essi si riscontrano, per entrare, come cristiane e membra di Gesù Cristo, nostro Capo, in comunicazione [con lui] nelle occasioni pratiche ; poiché non saremo mai unite a lui se non facciamo le stesse cose che lui ha fatto[8].
E nel capitolo 16 de Il Vero spirito:
E' sorprendente il fatto di sapere, per fede, – dice Madre Mectilde – che formiamo un solo corpo con Gesù Cristo, nostro Signore e che, nonostante tale verità così preziosa, non siamo quasi mai unite a questo adorabile Capo con l'intenzione e l'applicazione attuale. Nella nostra qualità di membri del Corpo mistico di Cristo godiamo di una specie di unione ineffabile con Lui, e come conseguenza, possediamo una felicità, una grazia e un dono di valore infinito. E, tuttavia, sorelle mie, trascorriamo ore, giorni, settimane, e forse mesi interi, senza pensarvi in modo serio, senza riflettervi e senza appoggiarvi la nostra fede.[9]
E in questa lettera a Madame de Châteauvieux, madre Mectilde descrive la connessione che esiste tra il capo e le membra:
Nel battesimo voi non considerate Gesù Cristo soltanto come vostro maestro, ma come vostro capo che dovete seguire e imitare. Ora se Gesù Cristo è il vostro capo, bisogna necessariamente che voi siate un suo membro e che egli faccia in voi ciò che la testa compie nel corpo umano. Il capo immette vita nel corpo (…) Se togliete il capo, togliete la vita. Allo stesso modo, se Gesù si ritira dalla vostra anima, questa perde la sua vita di grazia, perché Gesù Cristo come suo capo infonde in essa vita e virtù, e senza di lui l’anima non ha alcuna capacità. Essa dipende della sua potenza come le membra del vostro corpo dal vostro capo[10].
E' interessante mettere questo scritto mectildiano in relazione con il commento sulla Lettera di san Paolo ai Colossesi fatto da papa Benedetto XVI nel corso dell'udienza generale del 14 gennaio 2009 dove a proposito del titolo di “capo”, kefalé, dato a Gesù Cristo, dice :
Questo titolo viene impiegato a un doppio livello. In un primo senso, Cristo è inteso come capo della Chiesa (cfr. Col 2, 18-19 e Ef 4, 15-16). Ciò significa due cose: innanzitutto, che egli è il governante, il dirigente, il responsabile che guida la comunità cristiana come suo leader e suo Signore (cfr Col 1, 18: “Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa”; e poi l’altro significato è che lui è come la testa che innerva e vivifica tutte le membra del corpo a cui è preposta (infatti, secondo Col 2, 19 bisogna “tenersi fermi al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione”): cioè non è solo uno che comanda, ma uno che organicamente è connesso con noi, dal quale viene anche la forza di agire in modo retto[11].
Grazie a una coscienza viva del valore incomparabile del sacramento del battesimo (basta leggere la corrispondenza con Madame de Châteauvieux), madre Mectilde aiuta ogni cristiano a entrare nella realtà di ciò che Albert Vanhoye ha definito comme l’ «offerta sacrificale del sacerdozio battesimale»[12] che, in virtù del sacerdozio regale di Gesù Cristo, rende il cristiano “vittima” con Lui, per Lui e in Lui.
II – Il sacerdozio regale di Gesù Cristo rende il cristiano “vittima” con Lui, per Lui e in Lui.
Si deve a suor Marie-Véronique Andral l'aver saputo associare «stato vittimale» e «sacerdozio regale dei fedeli », grazie alla sua rilettura della corrispondenza tra madre Mectilde e la contessa di Châteauvieux, nella quale emerge un insegnamento pratico sul modo di rimanere intimamente uniti a Cristo e rivifere il suo mistero di morte e di risurrezione.
Appartenendo a Dio – scrive Madre Mectilde alla contessa – siamo date e sacrificate a Lui mediante Gesù Cristo come membra del Suo Corpo mistico e questo perché tutte le cose appartengono a Dio. Noi siamo quindi necessariamente sue, ma in maniera ineffabile, mediante il sacrificio di Gesù Cristo, sia sulla croce che sull’altare, perché sulla croce voi siete stata crocifissa misticamente – guardate ciò che ne dice san Paolo – e siete morta con Lui. Per questo siete obbligata a vivere una vita di morte (…), poiché ‘la vostra vita è nascosta in Gesù Cristo’, come dice l’Apostolo. Dunque se la vostra vita è nascosta in Gesù Cristo, nulla deve apparire in voi se non Gesù Cristo[13].
Queste poche parole «Appartenendo a Dio siamo date e sacrificate a Lui mediante Gesù Cristo come membra del Suo Corpo mistico» mettono in evidenza uno dei valori permanenti della spiritualità di madre Mectilde cioè la qualità di vittima di tutti i cristiani in virtù del Battesimo e mediante l’Eucaristia, in quanto esercizio del regale sacerdozio dei fedeli, rimesso in luce dal Concilio Vaticano II.
Come sottolinea suor Marie-Véronique Andral :
Il Battesimo (…) ci “ordina all’Eucaristia”, ci rende capaci di parteciparvi per il sacerdozio regale di Gesù Cristo che ci dà la possibilità di offrirci con Lui al Padre; insomma di essere “vittima” con Lui, per Lui e in Lui. Tutto ciò è stato ricordato dal Vaticano II[14].
Nel capitolo 4 de Il Vero Spirito, che riproduce una delle sue conferenze, madre Mectilde parla dell' «applicazione formale» che il cristiano deve avere partecipando alla messa, per entrare nel mistero di «Gesù Cristo che ci sacrifica con lui».
Dice la Madre :
Poiché Gesù, come Capo dei cristiani, vi si trova immolato per noi, sono persuasa che siamo tenute ad assistervi come membra unite al loro Capo. Di conseguenza non solo dobbiamo avere l’intenzione di ascoltare la santa Messa, ma dobbiamo partecipare formalmente a ciò che fa Gesù, il quale ci immola con Lui [15]-
Si scopre così in lei un'anticipazione di quello che sarà rivalutato grazie a liturgisti come dom Cipriano Vagaggini :
Tra i temi di notevole valore spirituale – afferma il Vagaggini – che sono stati messi in rilievo (…) noto i seguenti : al primo piano sta quello della messa come sacrificio non solo di Cristo, né solo del sacerdote suo ministro, ma di tutta la Chiesa, integro corpo mistico, capo e membra. Dunque sacrificio che ogni fedele può e deve fare anche personalmente suo, offrendo Cristo assieme al sacerdote, anzi assieme al Sommo Sacerdote, e offrendo se stesso assieme a Cristo. [16]
Ascoltiamo ancora madre Mectilde, sempre al capitolo 4, a proposito delle disposizioni necessarie per partecipare alla messa:
Dobbiamo quindi presentarci all’Altare con Gesù e per mezzo Suo fare nostre le sue disposizioni. Voglio dire che dobbiamo introdurci docilmente e semplicemente nelle sue intenzioni, nei suoi progetti e negli effetti che questo sacrificio deve produrre. Non partecipiamo alla santa messa come dovremmo, quando non facciamo le cose sopraddette. Infatti, al sacrificio, perché abbia la sua pienezza, occorre la nostra parte, costituita dalle disposizioni e dall’unione a cui abbiamo appena accennato. La motivazione di ciò sta nel fatto che quando un membro è separato dal capo, il corpo non è completo. Certamente Gesù è perfetto nel suo corpo umano e personale, ma nel suo corpo mistico ci sono di frequente delle membra separate e questa separazione comporta per Gesù un dolore infinito [17].
Questa «applicazione attuale» proposta da madre Mectilde è già, nel secolo XVII, la partecipazione attiva dei fedeli al mistero eucaristico che sarà raccomandata al n° 48 della Sacrosanctum Concilium :
Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli cristiani non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, con una comprensione piena dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente, siano istruiti nella parola di Dio, si nutrono alla mensa del corpo del Signore, rendano grazie a Dio offrendo la vittima immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma, insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo mediatore, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti[18].
Non solo nell'insegnamento orale, ma anche nella corrispondenza, madre Mectilde non esita nell'incoraggiare a entrare in maniera attiva nella via vittimale. Così nella già citata lettera alla contessa di Châteauvieux :
Quanto al sacrificio dell’altare voi sapete che è un memoriale di quello della croce e una continuazione di quell’adorabilissimo sacrificio. La differenza è che esso non è più cruento, ma è efficace e opera effetti potenti sulle anime che vi si applicano e che rimangono nella grazia che esso ci comunica. (…). e poiché voi non eravate sul Calvario per acconsentire alla vostra crocifissione, nostro Signore vuole che acconsentiate a quella dell’altare, per completare ciò che mancava alla sua Passione, così che, come suo membro, voi siete offerta al Padre con Gesù Cristo e per Gesù Cristo, e il sacerdote vi tiene misticamente fra le mani, ed è così che voi siete nell’ostia. O dignità dello stato cristiano: essere resa una stessa cosa con Gesù Cristo, essere crocifissa con Lui ed essere immolata tutti i giorni sull’altare con Lui![19].
Espresso in altri termini, si tratta sempre della partecipazione attiva dei fedeli al mistero eucaristico.
Il n° 2 del Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis fa eco a madre Mectilde :
Il Signore Gesù, ‘che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo’, rende partecipe tutto il suo corpo mistico dell’unzione con la quale egli stesso è stato consacrato. In esso infatti tutti i fedeli divengono un sacerdozio santo e regale, offrono a Dio vittime spirituali per mezzo di Gesù Cristo, e annunziano le grandezze di colui che li ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce (…) . È infatti proprio per mezzo dell’annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato, in modo che tutti coloro che appartengono a questo popolo, santificati nello Spirito Santo, offrono se stessi come ‘sacrificio vivente, santo e gradito a Dio’. Inoltre, è attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto perché unito al sacrificio di Cristo, unico mediatore; questo sacrificio infatti per le mani dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell’Eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino alla venuta del Signore. [20]
Se i testi conciliari apportano nuova luce al pensiero di madre Mectilde, anche quelli del magistero consentono di attualizzare il messaggio mectildiano.
Sempre nel IV capitolo de Il Vero spirito il legame tra incorporazione a Cristo e sacrificio della messa è messo in luce da madre Mectilde :
Comprendete, se non è vero, che facendo parte del suo corpo, dobbiamo essere immolate con Lui, e che coloro che non sono uniti a Lui, sono membra separate e quindi morte, non essendo vivificate dalla linfa vitale che proviene dal Capo [21].
Siamo al cuore del mistero pasquale di morte e risurrezione in Cristo. Se l’Incarnazione è il fondamento prossimo della unità della Chiesa, la Passione ne è l’esplicitazione e la realizzazione completa. Alla Passione, in Cristo soffriva la Chiesa quando Egli soffriva per la Chiesa[22]. Solo la Passione di Cristo rende possibile l’adesione personale di tutte le membra al loro capo.
L’idea sarà espressa da papa Pio XII nel 1947, nella Mediator Dei:
Poiché poi l’oblazione, con la quale in questo sacrificio i fedeli offrono la vittima divina al Padre celeste, abbia il suo pieno effetto, ci vuole ancora un’altra cosa: è necessario cioè, che essi immolino se stessi come vittima [23].
Papa Paolo VI nel 1965, nella Mysterium fidei ridirà la stessa cosa:
C’è un’altra cosa che, essendo assai utile ad illustrare il mistero della Chiesa, ci piace di aggiungere, cioè la Chiesa fungendo in unione con Cristo da sacerdote e da vittima, offre tutta intera il sacrificio della Messa e tutta intera vi è offerta. (…) Tale dottrina infatti è quanto mai adatta ad alimentare la pietà eucaristica, ad esaltare la dignità di tutti i fedeli, nonchè a stimolare l’animo a toccare il vertice della santità, che altro non è che mettersi tutto a servizio della divina Maestà con una generosa oblazione di sé [24].
In virtù dell’incorporazione à Gesù Cristo, è stata stabilita un’unione tutta particolare nella grazia della filiazione che dà la possibilità di offrire a Dio Padre nel Figlio una lode degna di Lui, una lode infinita. E la santa Messa rende continuamente attuale questa meraviglia. Se Gesù Cristo ha redento l’uomo, è stato proprio per incorporarlo come suo membro, affinché anche dall’uomo, diventato figlio nel Figlio, salisse al Padre una gloria infinita degna di Lui.
La partecipazione attiva alla messa in virtù del sacerdozio regale di Cristo è la via proposta da madre Mectilde nel XVII secolo per entrare nel mistero eucaristico. E’ anche, per lei, il vero centro specifico della spiritualità liturgica, perché uno degli effetti della redenzione è stato quello di porre fra Dio e l’uomo questo rapporto soprannaturale.
III – L’unità del Corpo Mistico, grazia specifica del Sacramento dell’Eucaristia
La Chiesa nella sua costituzione intima, vitale, santificante è formata da Cristo redentore che dà la vita e dai redenti che la ricevono. In quanto teologo dell’unità della Chiesa, san Paolo si serve dell’immagine del «corpo» per esprimere tale unità.
Madre Mectilde aspirava alla comunione sacramentale quotidiana, come rivela al capitolo XVI de Il Vero Spirito:
Credo proprio – dice – che non adempiamo i nostri doveri verso Gesù fatto sacramento, se non Lo riceviamo nella santa Comunione. E siccome sovente ci manca il permesso, o le disposizioni per possedere questo dono infinito, mediante la Comunione sacramentale, dobbiamo supplire, comunicandoci spiritualmente, cioè col desiderio, con l'amore, con l'unione e la partecipazione al Sacrificio, insieme al sacerdote. Ma dico di più: insieme a Gesù, poiché noi siamo parte del suo corpo, che Egli sacrifica nella santa Messa[25].
Madre Mectilde sapeva che senza la comunione non vi è vita o unione con Cristo. Infatti, come ha ricordato Giovanni Paolo II nella Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia:
L’incorporazione a Cristo, realizzata attraverso il Battesimo, si rinnova e si consolida continuamente con la partecipazione al Sacrificio eucaristico, soprattutto con la piena partecipazione a esso che si ha nella comunione sacramentale[26].
Contrariamente a una pietà eucaristica di carattere individualista, madre Mectilde mantiene il legame vitale tra altare e tabernacolo, sacrificio e presenza reale, tra Chiesa ed Eucaristia.
Così, in una lettera a una religiosa, si vede nettamente l’accostamento fatto tra Chiesa, Eucaristia e Incarnazione:
Gesù – scrive – è uscito dal seno della sua gloriosa Madre per essere, da sé, seminato nel campo della Chiesa, e la Chiesa riceve la potenza di seminarlo nella divina Eucaristia e attraverso l’adorabile Eucaristia si semina lui stesso nei nostri cuori. Il santo Vangelo dice che il seme è la Parola di Dio e la Parola di Dio è il suo Verbo. E il verbo si è fatto carne per venire a dimorare con noi. Per mezzo della sua Incarnazione egli viene a noi e con la sacra Eucaristia è seminato nelle nostre anime. Quidi, Gesù Cristo stesso è questo misterioso seme che dovete cercare di ricevere bene nel campo del vostro cuore [27].
La fedeltà alla prospettiva biblica da un lato, e l’esperienza dei Padri della Chiesa dall’altro, hanno portato madre Mectilde a maturare un «sensus ecclesiae» intimamente legato al mistero dell’Eucaristia. Madre Mectilde potrebbe quindi entrare nella dinamica della riflessione sulla Chiesa e sull’Eucaristia [28].
Sulle orme di san Paolo, madre Mectilde è stata colpita dall’amore di Cristo, di questo amore che sconvolge fin nell’intimo e trasforma [29]. Da questa fede, che è amore, scaturisce il suo pensiero sul Corpo di Cristo che è la Chiesa. Da questa fede scaturisce anche il suo insegnamento sulla carità che deve riunire i membri in questo corpo perché la carità è il valore assoluto del cristiano, del consacrato. Ecco perché al capitolo II de Il Vero Spirito, madre Mectilde chiede:
di amare il prossimo con tenerezza e in modo speciale le Sorelle, tenendo presente il comandamento di Gesù, che vi ordina di amarvi vicendevolmente con lo stesso amore con cui Egli vi ama e col quale dovete amarLo, affinché si realizzi in voi la sua preghiera : « Siano con noi una cosa sola. Io in loro e Tu in me, perché siano perfetti nell’unità »[30].
Madre Mectilde percepisce anche come in un modo tutto speciale Cristo attua, nella sua Passione, la comunione dei santi, perché con la sua morte merita e compie l’abbondante effusione dello Spirito Santo, anima e cuore della Chiesa[31].
[Gesù] – si può leggere nel cap. VIII de Il vero Spirito. 8– vuole essere da noi mangiato, per potere stabilire in noi la sua vita divina. Infatti, entrando noi in Lui e Lui in noi, mediante la manducazione della sua carne adorabile, diventiamo un solo corpo con Lui e con questo mezzo ci viene comunicato tutto ciò che egli è come Dio, fino a farci partecipi della sua natura divina. Divinae consortes naturae. 2. Petr. 1,4[32].
Formando con il Salvatore una sola persona mistica, ciò che è suo diventa in un certo modo nostro e ciò che è nostro diviene, sotto certi aspetti suo. É quanto madre Mectilde espone alla contessa di Châteauvieux:
Come potete soddisfare agli obblighi che avete di pregare per la Chiesa, per i defunti, per i peccatori, in breve per molte cose che vi vengono attualmente raccomandate? Vi ho detto una volte che come cristiana siete membro di Gesù Cristo e che fate parte del Suo Corpo Mistico che è la Chiesa. Non potete separarvene senza rinunciare a Gesù Cristo e al vostro battesimo. Eccovi perciò eternamente legata alla Chiesa. E grazie a questa unione voi entrate necessariamente in tutte le sue intenzioni, anche senza un’attuale attenzione, e non potrebbe essere altrimenti. Dunque, figlia mia, voi pregate con la Chiesa, per la Chiesa e per le sue intenzioni … ”[33].
Come Dio è causa ultima della Comunione dei santi, in modo speciale in ragione della Paternità, principio dell’ineffabile comunicazione della vita divina al Figlio e allo Spirito, così Cristo è centro prossimo della Comunione dei santi in quanto Capo di tutta la Chiesa. È il realizzatore della Comunione dei santi.
Nel 1967, in un’omelia per il Corpus Domini Paolo VI faceva notare che:
L’Eucaristia non soltanto è rivolta all’unione d’ogni singolo fedele con Cristo, ma è stata istituita altresì per l’unione di tutti i fedeli cristiani fra loro ; « la grazia specifica di questo Sacramento è precisamente l’unità del Corpo Mistico» (Tommaso d’Aquino, Summa Teologie III, 73, 3), cioè della Chiesa ; cioè nostra. L’Eucaristia è figura e causa di questa. Il Concilio ci lo ha ripetutamente ricordato[34].
Così, fra l’Eucaristia e l’unità del Corpo Mistico vi è un’autentica relazione di causalità e tale unità è effetto del sacramento eucaristico.
In definitiva, leggere gli scritti di madre Mectilde nella prospettiva dell’incorporazione a Cristo, permette di stabilire il fondamento teologico della sua dottrina eucaristica.
Visto da questa angolatura, il messaggio eucaristico di madre Mectilde, trasmesso dai suoi scritti su battesimo, inabitazione di Dio nell’anima, eucaristia, confessione, vita nuova in Cristo, vita cristiana, vita consacrata a Dio, carisma benedettino, carisma speciale di adorazione e riparazione, morte in Cristo, culto mariano, acquisisce una dimensione universale.
E questo messaggio, tutto condensato nel Il Vero Spirito delle Religiose Adoratrici del SS. Sacramento dell’Altare, potrebbe diventare anche una risposta alle attese della Chiesa del nostro tempo e uno strumento di evangelizzazione per chi saprà non solo raccoglierne la manna nascosta, ma distribuirla attorno a sé.
[1] Cf. Genovefa Guerville OSB ap, Catherine Mectilde de Bar. II. Uno stile di «Lectio divina « nel secolo XVII, Roma, Città Nuova 1989, p. 74. Le citazioni bibliche rilevate sono complessivamente 1878. Tra le citazioni di san Paolo vi sono Rm 12,5; 1 Cor 12,27 e Col 1,18. Nella nota 142 suor Genovefa fornisce la lista dei manoscritti nei quali reperire i riferimenti.
[2] Mère Mechtilde du Saint Sacrement, Ecrits spirituels à la Comtesse de Châteauvieux, Introduction de Monsieur l’abbé Louis Cognet, Bénédictines du Saint-sacrement, Paris 1965, p. XXI.
[3] Véronique Andral, OSB ap, Dottrina spirituale di M. Metilde del SS. Sacramento (Catherine de Bar) 1614 – 1698, Convegno delle RR. MM. Presidenti svoltosi a Rouen – 2-7 maggio 1977, p. 13 (versione dal francese a cura delle Benedettine di Ghiffa (pro manoscritto).
[4] Divo Barsotti, “Il Magistero di Metilde de Bar” in Osservatore Romano, 23 giugno 1977, p. 6.
[5] Catherine Mectilde de Bar, Non date tregua a Dio. Lettere alle monache 1641-1697, ed. Jaca Book, Milano 1979, pp. 17-18.
[6] Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale (1651-1662). Madre Mectilde de Bar a Maria di Châteauvieux, ed. Ancora, Milano 1999, p. 67.
[7] Irénée Noye, «Qualche accento nella devozione al SS. Sacramento nel sec. XVII in Francia, specialmente nell’Olier e in M. Mectilde» (= C de Bar) in Ora et Labora, 3, luglio-settembre 1995, 124, (108-125). Si tratta della conferenza tenuta nel corso dell'Assemblea Confederale a Tegelen (Paesi Bassi) nel settembre 1994. Sul Corpo mistico si veda Véronique Andral (a cura di), Catherine Mectilde de Bar. I. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, Roma, Città Nuova, 1988, p. 301; Sr. Marie-Cécile Minin osb ap « Spiritualità mectildiana e Scuola francese » in Deus absconditus anno 98, n. 1, Gennaio-Marzo 2007, pp. 23-31.
[8] N. 2573 Nel giorno dell’attesa del parto della Santissima Vergine, 1671, in Catherine Mectilde de Bar, L’anno liturgico, ed. Glossa, Milano 1997, p. 61.
[9] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito delle Religiose Adoratrici del SS. Sacramento dell’Altare, Ronco di Ghiffa, 1980, cap. 16, p. 136.
[10] Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale, cit., p. 79 (n. 1653).
[11] Benedetto XVI, Udienza del mercoledi 14 gennaio in Osservatore romano del 15 gennaio 2009.
[12] Albert Vanhoye, Il dinamismo dell’Eucaristia, in A. Vanhoye-F. Manzi-U Vanni, Il Sacerdozio della Nuova Alleanza, ed. Ancora, Milano 1999, p. 115.
[13] Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale, cit., p. 315 (n. 307).
[14] Véronique Andral, OSB ap, Dottrina spirituale …, cit., p. 13.
[15] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito, cit., cap. 4. p. 39.
[16] Dom Cipriano Vagaggini «Orientamenti e problemi di spiritualità liturgica nella letteratura degli ultimi quarant’anni» in Problemi e orientamenti di spiritualità monastica, biblica e liturgica, Paoline 1961, pp. 499-584 (551, vedi anche l’ampia bibliorafia alle note 75 e 76).
[17] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito, cit., cap. 4, pp. 39-40.
[18] Sacrosanctum Concilium, n. 48, Enchiridion Vaticanum 1. Documenti del Concilio Vaticano II (1962-1965), EDB 1993, pp. 385-387.
[19] Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale, cit., pp. 315-316 (n. 307).
[20] Presbyterorum Ordinis n. 2, Enchiridion Vaticanum 1. Documenti del concilio Vaticano II (1962-1965), EDB 1993, pp. 1163-1167.
[21] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito cit., cap. 4, p. 41.
[22] Antonio Piolanti, La pienezza di Cristo, Ares, 1958, p. 34.
[23] Pio XII, Mediator Dei, Enchiridion delle Encicliche, 6, EDB 1995, p. 509.
[24] Paolo VI, Mysterium fidei, Enchiridion delle Encicliche, 7, EDB 1994, p. 609.
[25] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito, cit., cap. 16, p. 139.
[26] Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucaristia, n. 22, Enchiridion delle Encicliche, 8, EDB 2003, p. 2035.
[27] N° 86, Lettre à une religieuse sur l’Evangile du dimanche de la sexagésime (CC 64).
[28] Jean Leclercq, La contemplazione di Cristo nel monachesimo medievale, San Paolo, 1993, p. 131ss. Vedi Henri de Lubac, Corpus Mysticum, L’Eucarestia e la Chiesa nel Medioevo, Opera Magna, volume 15, Jaca book, Milano 1982.
[29] Cf. Benedetto XVI, Primi vespri per l’apertura dell’Anno paolino in La Traccia, Tutti i discorsi e i documenti del Pontefice del mese di giugno 2008, anno XXIX, 803 (802-805).
[30] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito, cit., cap. 2, p. 30.
[31] Cf. Pio XII, Mistici Corporis, Enchiridion delle Encicliche, 6, EDB 1995, p. 159ss.
[32] Catherine Mectilde de Bar, Il Vero Spirito, cit., cap. 8, p. 88.
[33] Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale, cit., pp. 175-176 (n. 1324).
[34] Paolo VI, Omelia tenuta il 25 maggio 1967, solennità del Corpus Domini in Encicliche e Discorsi di Paolo VI, vol. 13, Paoline, 1967, p. 132.