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Spiritualità mectildiana e
Scuola francese
Madre Mectilde del Santissimo Sacramento, Catherine de Bar, «annoverata tra i più autorevoli autori spirituali, se non i più celebri del Grande Secolo delle anime, non cessò, attraverso conferenze, incontri familiari e le sue circa 3.000 lettere, d’insegnare la dottrina della Chiesa riguardo al Sacramento dell’altare, promuovendone con tutte le sue forze la devozione» [1].
Strettamente legata alla Scuola Francese, la dottrina spirituale di madre Mectilde del SS. Sacramento (1614 - 1698), raggiunge quelle di Pierre de Bérulle (1575 - 1629) e di Charles de Condren (1588 - 1641). Vi si scoprono però anche legami con Jean-Jacques Olier (1608 - 1657) e Giovanni Eudes (1601 - 1680).
Anche se madre Mectilde non ha conosciuto personalmente Condren, secondo Superiore dell’Oratorio, non solo ha letto la sua vita, ma ne consiglia la lettura:
«Abbiamo qui - scrive a Madame de Rochefort - la vita di de Condren. La prestai a un ecclesiastico ma gliela farò chiedere per darla a voi. Questo gran santo fu una vera vittima, in vita e in morte» [2].
Madre Mectilde ha una buona conoscenza delle opere di Condren. Se ne scorge una traccia in una lettera di madre Mectilde alla Contessa di Châteauvieux, lettera ispirata a un testo di Condren che verrà anche riportato nel capitolo 6 de Il Vero spirito: «Le disposizioni per la santa Comunione» [3]. Fa riferimento a lui anche in una conferenza del 1694 che lascia intravedere quanto la lettura di Condren abbia alimentato la vita spirituale di madre Mectilde:
«De Condren, notando che nelle più belle feste e i grandi misteri ci si trova spesso nelle tenebre e nell’aridità interiore, se ne chiede la ragione. Risponde quindi alla sua stessa domanda osservando che la nostra ragione umana vuol penetrare nel mistero per comprenderlo, ma poiché esso supera le sue capacità non riesce ad entrarvi. Ecco ciò che produce le nostre tenebre. Non entriamo dunque mai nei misteri se non con la pura fede» [4].
Quando la contessa di Châteauvieux, nell’ agosto del 1641, fa visita alle benedettine lorenesi rifugiate a Parigi, le accompagna la signora Charlotte de Ligny, parente de Olier.
Madre Mectilde ha incontrato parecchie volte Jean-Jacques Olier.
Nel 1646, Olier desidera che madre Mectilde si assuma la direzione delle religiose di Liesse che vuole introdurre nella parrocchia di Saint-Sulpice di cui è parroco. E’ pure sul territorio di questa parrocchia che si situa dapprima il monastero di rue Férou, poi quello di rue Cassette.
Nel 1657, madre Mectilde raduna in parlatorio un gruppo di “servi di Dio”, fra cui Olier [5]. Consiglia anche la lettura delle sue opere alla contessa di Châteauvieux:
«Leggete Monsieur Olier - le scrive - e servitevene come potrete, in attesa che Nostro Signore agisca diversamente» [6].
La meditazione dell’opera di madre Mectilde Il Vero spirito delle Religiose adoratrici perpetue del SS. Sacramento dell’Altare [7] può essere intrapresa sotto angolature diverse. Ne abbiamo scelte tre, ossia: l’unione del cristiano a Gesù ostia e vittima; l’appartenenza al Corpo mistico di Cristo; l’unione a Gesù Cristo, vita dell’anima.
Gesù Ostia e Vittima
Nelle sue meditazioni, Pierre de Bérulle considera Gesù Cristo come sacerdote che si offre eternamente davanti a Dio in stato di ostia:
«Egli - scrive - qui è sacerdote per l’eternità: Sacerdos in aeternum ed ostia eterna, poiché anche se in cielo è nello stato di gloria, vi è come agnello e agnello di Dio; ( ... ) E questo stesso sacerdote che si offre eternamente a Dio in stato di ostia in cielo, ha voluto rimanere in terra e sui nostri altari, ed offrirsi attraverso le nostre mani alla maestà di Dio Padre in questo stato di ostia» [8].
Nel capitolo 18 de Il Vero spirito anche madre Mectilde considera gli stati di Gesù nel SS. Sacramento [9]. E’ stata afferrata da Cristo annientato nell’ostia, cosa che sarà l’inizio di una serie di considerazioni sullo «stato di ostia». Ad ogni stato preso in considerazione, viene associata una disposizione interiore in vista della riparazione.
«Ogni anima è, quanto al suo stato - scrive - in rapporto a Gesù nell’Ostia. Dobbiamo pertanto pregare Gesù, perché ci aiuti a conoscere il nostro stato e ad aderirvi con amore e perseveranza, anche se fosse uno dei più difficili e crocifiggenti per la natura. Per avere il coraggio di vivere tale stato, basta tenere presente che è Gesù stesso, annientato in questo divin Sacramento, che ce lo prepara, ce lo dona e ce ne merita la grazia di viverlo. Per ben comprendere tutto ciò bisogna conoscere in certo modo, gli stati di Gesù nell’Ostia, e come l’anima può parteciparvi» [10].
Così, l’anima chiamata a rendere omaggio a Gesù Ostia deve anch’essa farsi Ostia. Rileggiamo tutto il passaggio:
«L’anima che onora Gesù in questo stato, deve diventare un’ostia, mediante i due modi di essere dell’Ostia stessa: il candore e la rotondità. Il primo modo è segno di purezza e di innocenza, il secondo costituisce un circolo, di cui Gesù è il centro, a cui si riferisce l’intera circonferenza. Come l’Ostia non può essere divisa (essa è per Dio solo), così l’anima non può dividersi ma deve essere unicamente e totalmente data a Gesù» [11].
Nelle conferenze, madre Mectilde ha un linguaggio che può apparire estremo. Rileva:
«La vittima è sacrificata e sgozzata per confessare, con la morte, l’essere infinito di Dio, riconoscendo che lui solo è: e l’olocausto, con la consumazione, rende omaggio a tutte le perfezioni di Dio» [12].
In questo madre Mectilde è quindi vicina al modo di esprimersi di Jean-Jacques Olier:
«Nostro Signore - scrive l’Olier - non si accontenta di immolarsi sulla croce per amore al Padre; non è sufficiente al suo amore consumare la sua vita, poiché resta ancora in lui qualcosa dell’essere della sua prima generazione, avendo ancora il corpo intero che ha ricevuto da sua madre. Bisogna che si consumi interamente a gloria del Padre suo. Occorre che tutto ciò che ha della sua prima generazione sia consumato per Dio. Per questo il sacrificio della croce, che completa il prezzo della nostra redenzione, non è il termine della religione di nostro Signore, che non è soddisfatto finché non abbia sacrificato, annientato e consumato interamente tutto ciò che è suo e del proprio stato primitivo a gloria del Padre, esattamente come avveniva un tempo per il sacrificio completo dell’olocausto, in cui tutta la vittima era consumata dal fuoco. Non era sufficiente che tale vittima fosse stata sgozzata e avesse versato tutto il sangue: bisognava che passasse tutta intera nella natura del fuoco» [13].
Durante il ritiro del 1661/1662, madre Mectilde mette per iscritto le sue considerazioni sul nulla della creatura, che verranno incorporate in seguito al capitolo l de Il Vero spirito:
«Tutti gli esseri creati si corrompono e si distruggono con il succedersi dei secoli, confessando con la loro distruzione che Dio solo esiste da sé» [14].
Nell’opera L’idea del sacerdozio e del sacrificio di Gesù Cristo, Charles de Condren utilizza la stessa densità espressiva:
«Il sacrificio - scrive - risponde ( ... ) a tutto ciò che Dio è. È un dovere essenziale della religione, come la religione verso Dio è un obbligo che la creatura ragionevole porta inciso nel profondo del suo essere. ( ... ) Il sacrificio è anzitutto istituito per adorare Dio, riconoscere la sua grandezza e rendere onore alle sue perfezioni divine, ma in particolare a tre. In primo luogo per onorare la santità di Dio ... È per dichiarare che la creatura non é degna che Dio la guardi, tanto egli è santo, che è distrutta e consumata alla sua presenza ... In secondo luogo il sacrificio è per riconoscere e onorare la pienezza di Dio, cioè che Dio basta a se stesso e nessuna creatura gli è necessaria [15.
In Charles de Condren, l’adorazione si esprime con il sacrificio, l’immolazione, lo stato di ostia. L’annientamento, tema importante della spiritualità mectildiana, appartiene al vocabolario di Condren che propone una dottrina di sacrificio totale di adorazione. Come discepolo di Bérulle, entra nella spiritualità dell’Incarnazione e medita su Gesù nella sua qualità di vittima che, con l’immolazione, risponde al disegno di amore del Padre [16].
Madre Mectilde attribuisce grande importanza allo stato di vittima e non esita a ricordare:
«Gesù, la perfetta ed unica vittima dell’amore divino, ha vissuto trentatre anni in questa vita di morte, morendo in ogni istante della sua vita. (. .. ) seguitelo nella corsa. Chi lo ha destinato a questo prezioso stato di vittima? L’eterno Padre. Chi vi destina ad esso? Gesù» [17].
La Madre fa anche intravedere alle sue uditrici la certezza data dalla fedeltà alla vocazione vittimale:
«Se vivete nel vero spirito di vittima, sempre immolate, sempre sacrificate per la gloria e l’amore di Gesù nel Santissimo Sacramento, sarete ricolmate di gioie morendo, perché avrete realizzato la grazia della vostra vocazione. Sarete state in relazione ed unione con Gesù Cristo, sacrificato e immolato sull’altare. Non avrete altri che il suo spirito, la sua grazia, il suo amore; insomma, sarete infinitamente felici di aver onorato, con la vostra fedeltà, gli stati e le virtù che egli pratica nel suo adorabile Sacramento» [18].
Nella corrispondenza con la contessa di Châteauvieux, madre Mectilde cita ampiamente La Vie et le Royaume de Jésus dans les âmes chrétiennes di Giovanni Eudes. Questi fa la stessa costatazione di madre Mectilde in termini pressoché identici:
«Facciamo professione di essere ostie e vittime sacrificate continuamente a gloria di Dio. ( ... ) A motivo di ciò, noi siamo obbligati a glorificare e amare Dio con tutte le potenze del nostro corpo e della nostra anima, a farlo glorificare e amare per quanto ci è possibile, a non cercare in tutte le nostre azioni e in tutte le cose se non la sua pura gloria e il suo puro amore, vivendo in modo che tutta la nostra vita sia un continuo sacrificio di lode e di amore verso di lui, e tenendoci pronti a essere immolati, consumati e annientati per la sua gloria» [19].
Pierre de Bérulle ha introdotto nell’Oratorio un voto di servitù a Maria e Gesù. Giovanni Eudes ha pronunciato il voto di martirio, madre Mectilde propone quello di vittima:
«Eccovi dunque tutte impegnate ad essere rese vittime di Gesù per riparare in unione alla santità di Dio gli oltraggi che egli riceve dal peccato, consegnandovi alla sua divina giustizia per soddisfare per i peccatori e profanatori del Santissimo Sacramento» [20].
Si vede anche come madre Mectilde raggiunga sia padre de Condren che Giovanni Eudes o Bérulle. Come loro, centra la propria dottrina eucaristica sul sacrificio del cristiano unito a quello di Cristo. Ogni anima è in relazione a Gesù nell’ostia secondo uno di questi stati. Tutta questa dinamica spirituale avviene nella Chiesa e come Chiesa.
Il Corpo mistico di Cristo
L’atteggiamento di offerta cristiana non è quindi un atto isolato, ma si inscrive nella dimensione ecclesiale del Corpo mistico di Cristo, come rileva madre Mectilde a proposito della partecipazione alla messa, proponendo in un certo modo una partecipazione attiva come membra unite al capo.
«Poiché Gesù come Capo dei cristiani vi si trova immolato per noi, sono persuasa che siamo tenute ad assistervi come membra unite al loro Capo. Di conseguenza non solo dobbiamo avere l’intenzione di ascoltare la Santa Messa, ma dobbiamo partecipare formalmente a ciò che fa Gesù, il Quale ci immola con Lui. ( ... )» [21].
Questa dimensione ecclesiale è presente in Condren:
«Ricordatevi che il sacrificio che offrite non è solitariamente il sacrificio del Figlio di Dio, ma è il sacrificio del capo e delle membra» [22].
Madre Mectilde sviluppa il suo pensiero sul Corpo mistico di Cristo in una conferenza la vigilia di Natale del 1693 :
«Gesù Cristo è il Capo della Chiesa, essa ne è il corpo e tutti i fedeli le membra; ora, come sapete, le membra devono essere unite al loro capo; devono essere amati, ispirati e mossi. Al punto, sorelle mie, che essendo Gesù Cristo il nostro Capo adorabile, noi dobbiamo essere animate da lui, agire ed operare soltanto con la sua grazia e la sua luce, e soprattutto essere unite a lui. Come avviene questo? Portando i suoi stati con la pratica e la conformità di vita. Ogni anima ne onora qualcuno: alcune i suoi abbandoni, altre altri suoi stati, e così via» [23].
La Madre raggiunge, in questo, Condren:
«Gesù Cristo - scrive - si offre e offre con se stesso tutti i santi, come sue membra, alla santissima Trinità, e i santi si offrono anch’essi e con se stessi offrono Gesù Cristo loro capo, per mezzo di Gesù Cristo, con Gesù Cristo e in Gesù Cristo stesso» [24].
Madre Mectilde medita nuovamente sul Corpo mistico di Cristo nel capitolo VIII de Il Vero spirito:
«Gesù Cristo nel santissimo Sacramento mantiene questo desiderio, non ancora appagato; per cui fino alla consumazione dei secoli dirà: desiderio desideravi. E finché ci sarà sulla terra un’anima capace di ricevere la sua grazia, Egli nutrirà un infinito desiderio di attrarla al suo amore, mangiando con essa la pasqua eucaristica (...) Gesù (…) ci ama veramente, Egli non si ritiene felice, se anche noi siamo partecipi della sua felicità. E è proprio perché ci ritiene membra del suo Corpo mistico, che non può essere soddisfatto, senza che siamo unite e trasformate in Lui e mentre ci guarda dal suo trono eucaristico esclama: desiderio desideravi» [25].
Nel solco di queste grandi figure spirituali del XVII secolo, madre Mectilde appare come forgiata da un’esperienza radicale - di rara profondità - della grandezza di Dio e della coscienza della propria piccolezza, offerta però al Padre in Gesù Cristo.
Gesù, vita della nostra anima
Se madre Mectilde considera a lungo gli stati di Gesù nel Santissimo Sacramento, se invita le sue sorelle ad «essere animate da lui, agire ed operare soltanto con la sua grazia e la sua luce e soprattutto essere unite a lui», cerca anche di far scoprire quanto Gesù Cristo sia l’unica vita dell’anima.
«Sorelle mie, è vero e voi non l’ignorate: la vostra professione vi obbliga ormai a vivere in un continuo stato di morte. Avete fatto al riguardo un giuramento solenne e irrevocabile. Si tratta di un obbligo che non può essere rimesso in causa, né dispensato. Dovete assoggettarvi a quanto san Paolo annunzia da parte di Dio: voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Se la vostra vita è sepolta in Gesù, nessun movimento di vita deve ormai scorgersi in voi: solo Gesù deve apparirvi vivente, poiché Egli è veramente l’unica vita, l’unica sorgente di vita» [26].
Questo continuo stato di morte a se stessi affinché viva Gesù Cristo è una caratteristica del messaggio cristiano, come sottolinea Pierre de Bérulle:
«Dobbiamo domandare a Dio questo stato e questo spirito di morte, poiché esso è necessario per dare spazio alla vita di Gesù che non si stabilirà in noi se non a quanto saremo morti a noi stessi. La devozione alla morte di Gesù è il più grande mezzo per ottenere questa grazia, poiché la sua morte è sorgente di questo spirito di morte, e ci merita e opera in noi tale grazia» [27].
E precisa:
«Dopo la rinunzia a noi stessi come al più grande impedimento che la vita di Gesù possa avere in noi, ci è necessario applicarci alle sorgenti della vita di Gesù stesso, perché è da esse che dobbiamo attendere questo effetto di vita» [28].
Accanto ad una modalità espressiva di morte, l’utilizzo sovrabbondante del termine «vita» negli scritti di madre Mectilde mette in luce l’orientamento positivo della sua spiritualità. Nella scia di san Paolo, il binomio morte/vita riveste grande importanza in madre Mectilde. Una conferenza già menzionata fornisce la chiave di comprensione del termine «vita» in madre Mectilde. Nel capitolo 11 de Il Vero spirito conclude:
«( ... ) Dunque, siete morte, perché Gesù solo è vivente in voi. La continua considerazione del vostro nulla vi mantiene molto facilmente nello stato di morte, se però siete fedeli a seguire l’attrattiva che si fa sentire nel fondo dell’anima. Se vivete in questo modo allora si può dire che non vivete più. O beata morte, perché dà la possibilità a Gesù di vivere in noi!» [29].
Anche qui si riconosce il pensiero bérulliano:
«Ecco dunque - scrive Bérulle - gli effetti ai quali dobbiamo tendere con tutte le nostre forze: anzitutto la morte di noi stessi in noi stessi; in secondo luogo, la vita di Gesù in noi, poiché questa morte non tende che a questa vita, ed essa non può essere operata e consolidata perfettamente che attraverso questa stessa vita; in terzo luogo, Gesù Cristo nostro Signore, vivente così in noi, vuole appropriarsi di tutto ciò che è nostro, corpo e anima, e appropriandoseli, non sopporta che qualche cosa di noi abbia vita se non nel suo spirito, tranne ciò che dobbiamo tollerare, per pazienza e senza adesione volontaria, della vita miserabile di Adamo e di noi che Dio vuole distruggere con lui» [30].
E madre Mectilde prosegue nel capitolo 12 de Il Vero spirito:
«L’anima deve dunque rimanere sempre in stato di morte, fino al suo passaggio totale in Gesù Cristo, sorgente di vita: lì deve attendere che egli stesso rinasca in lei. come vita» [31].
Il messaggio di madre Mectilde del SS. Sacramento può riassumersi così. In Gesù l’umanità è al contempo riconciliata e ricreata, lo scopo perseguito è la comunione totale con il Padre in Gesù e la strada da imboccare è quella dell’annientamento totale di sé alla sequela di Cristo, sotto l’impulso dello Spirito Santo. Ecco perché madre Mectilde può dire: «Solo Gesù deve apparirvi, poiché Egli è veramente l’unica vita, l’unica sorgente di vita».
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La spiritualità di madre Mectilde del Santissimo Sacramento trova quindi un solido fondamento nella Scuola francese e non si può comprendere la dottrina spirituale di madre Mectilde se non in riferimento a tale corrente di spiritualità del XVII secolo. Madre Mectilde appare come un punto di incontro tra Bérulle, Condren, Jean Eudes e Olier. Un punto che, benché rimasto a lungo nascosto, diventa più luminoso in proporzione alla scoperta della straordinaria ricchezza dottrinale della fondatrice di una «Scuola di spiritualità benedettina», per riprendere un’espressione applicata da dom Jean Leclercq al nostro carisma, sempre presente e attivo nel nostro tempo.
* Monaca del Monastero di Rouen (F).
[1] JOSEPH DAOUST, Il Messaggio eucaristico di Madre Mectilde del Santissimo Sacramento. Benedettine dell’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento, Monastero Santissima Trinità, Ronco di Ghiffa (Novara), 1983, p. 19. Per comprendere meglio il clima culturale che non solo ha preceduto madre Mectilde del SS. Sacramento ma anche nel quale ella si è espressa, è opportuno riferirsi all’opera di Joseph DAOUST Il Messaggio eucaristico, o. c. pp. 19 - 33.
[2] CATHERINE MECTILDE DE BAR, Il sapore di Dio, ed. Jaca Book, Milano 1977, p. 226.
[3] CATHERINE MECTILDE DE BAR, Lettere di un’amicizia spirituale, ed. Ancora, Milano 1999, p. 187, nota 200.
[4] N° 503, Per la Vigilia di Natale, in CATHERINE MECTILDE DE BAR, L’anno liturgico, ed. Glossa, Milano 1997, p. 74.
[5] Mère MARIE-VÉRONIQUE ANDRAL, Catherine de Bar, Mère Mectilde du Saint-Sacrement, 1614-1698, Itinéraire spirituel, la edizione, Rouen, 1990, p. 93. Si veda anche CATHERINE DE BAR, Mère Mectilde du Saint-Sacrement, Documents historiques, Rouen, 1973, p. 80.
[6] Citato secondo Madre Marie-Véronique ANDRAL, «Mère Mectilde du Saint-Sacrement» in CATHERINE DE BAR, Une âme offerte à Dieu en Saint-Benoît, Miscellanea, Téqui, 1998, p. 138.
[7] Le Véritable esprit des Religieuses adoratrices perpétuelles du Très Saint-Sacrement de l’Autel, Paris, 3a edizione.
[8] Pierre de BÉRULLE Œuvres de Piété, LXXX 1, citato secondo Fernando Guillen PRECKLER, «Etat» chez le Cardinal de Bérulle, théologie et spiritualité des «états» bérulliens, Analecta Gregoriana vol. 197. Facultatis Theologicae : Sectio B, n. 63, Università Gregoriana Editrice, Roma, 1974, p. 211.
[9] CATHERINE DE BAR, Mère Mectilde du Saint-Sacrement, Documents historiques, o. c., pp. 128-143.
[10] CATHERINE MECTILDE DE BAR, Il Vero Spirito delle Religiose Adoratrici del SS. Sacramento dell’Altare, Ronco di Ghiffa, 1980, cap. 18, p. 143.
[11] Il Vero Spirito, o. c., cap. 18, pp. 152 - 153.
[12] N° 3062, Capitolo sulla vittima e l’olocausto, (CC 253/1).
[13] Jean-Jacques OLIER, Divers écrits, II, p. 157-158, citato da Raymond DEVILLE, o. c., p. 68.
[14] Cf. «Il Vero Spirito» ch. 1. È interessante rilevare l’esperienza della grandezza di Dio fatta da Thomas Merton ed espressa con lo stesso concetto: «Le cose del Tempo sono in connivenza con l’eternità. Le ombre Ti servono. Le fiere cantano per Te prima di morire. Le colline ora salde si sfalderanno come un abito logoro. Le cose mutano, muoiono, scompaiono», in THOMAS MERTON Il segno di Giona, Garzanti, Elefanti, Milano 2001, p. 415.
[15] Charles de CONDREN, L’idée du sacerdoce et du sacrifice de Jésus-Christ, citato da Raymond DEVILLE, o. c., pp. 67 - 68.
[16] François MONFORT, Petite Vie de Pierre de Bérulle, Desclée de Brouwer, 1997, p. 96.
[17] N° 1872, Le disposizioni di una vittima, (CC 256/1).
[18] N° 1752, Capitolo sullo stato di vittima, Antivigilia di Ognissanti, 1693, (CC 250/3).
[19] Jean EUDES, La Vie et le Royaume de Jésus dans les âmes chrétiennes, citato da Raymond DEVILLE, o. c., p. 104.
[20] N° 196, Capitolo sull’eccellenza e gli obblighi del nostro santo Istituto, (CC 249/1).
[21] Il Vero Spirito, o. c., cap. 4, p. 39.
[22] Charles de CONDREN, L’idée du sacerdoce et du sacrifice de Jésus-Christ, citato da Raymond DEVILLE, o. c., p. 70.
[23] N° 2484 Conferenza dell’antivigilia di Natale 1693 (CC 18/3).
[24] Charles de CONDREN, citato da Raymond DEVILLE o. c., p. 68.
[25] Il Vero Spirito, o. c., cap. 8, p. 88.
[26] Il Vero Spirito, o. c . cap. 11, p. 108.
[27] Pierre de BÉRULLE Œuvres de Piété, citato da Raymond DEVILLE, o. c. p. 192.
[28] Id., p. 192.
[29] Il Vero Spirito, o. c., cap. 11, pp. 110 - 111.
[30] Pierre de BÉRULLE, Oeuvres de Piété, citato da Raymond Deville, o. c., pp. 192-193.
[31] Il Vero Spirito, o. c., cap. 12, p. 116.