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Deus Absconditus - Atti del Convegno monastico-eucaristico,
Ronco di Ghiffa, 1980, nn. 5-6, pp. 132-143
Mons. Francesco Franzi
Maria SS. «unica e perpetua
abbadessa»
dell’Istituto
delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua
del SS. Sacramento
Premessa
Non è una ricerca storica; ma sulle basi della storia voglio riflettere anzitutto sul significato che ha questo gesto di consacrare il Monastero a Maria, riconoscendoLa come Abbadessa e Superiora; poi nella sua validità teologica e ascetica e sull’orientamento che offre alla vita religiosa.
I - UN FATTO
È certo interessante la pagina che si legge nel capo 2° delle Costituzioni stese da Madre Mectilde de Bar: «Per mantenere in vigore il nostro Istituto e rendere salda l’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento, abbiamo ritenuto di doverlo affidare alla SS. Vergine Maria, che sola è capace, presso Dio onnipotente, di preservarlo dal rilassamento e da tutto ciò che potrebbe minacciare la santità. E come Ella è stata la prima Adoratrice dell’Augusto Mistero dell’Altare e la vittima più perfetta che ci sia stata sulla terra dopo il Figlio suo, N.S. Gesù Cristo, noi La supplichiamo umilmente, a nome di tutte le Monache dell’Istituto, che si degni di prenderlo sotto la sua singolare protezione, governarlo, farne opera sua e ottenere, a tutte coloro che ne dovranno compiere i doveri, il soccorso del suo Divin Figlio» [1].
Dispone poi che, «per ottenere sempre più la protezione della SS. Vergine Madre di Dio, ogni anno, la domenica dell’ottava dell’Assunzione, dopo la Messa, la Madre Priora rinnovi l’atto di elezione della SS. Vergine a Protettrice e Avvocata dell’Istituto presso il suo Divin Figlio». Dispone inoltre che «la sua statua sia collocata in un posto di onore nel coro e in tutti gli ambienti “comuni”, affinché dappertutto le Suore La onorino con culto particolare e ricorrano a Lei come a loro Madre, nelle pene e nelle necessità» [2].
La lettura attenta di questa pagina lascia intravedere il significato profondo che la Madre riconosceva nella intronizzazione della Madonna ed il suo valore teologico e ascetico.
È commovente leggere nei documenti biografici della venerata Madre quale importanza dava a tale atto.
«Ella mise tutto il suo appoggio nella protezione di questa Regina della grazia per riuscire nel governo del Monastero... e per questo voleva riferire a questa divina Abbadessa tutti gli onori, anche esterni» [3].
Segue una riflessione di particolare interesse per la spiritualità dell’Istituto:
«Diceva, come questa Regina dei Cieli è Madre di questo Verbo di Dio che si è annientato sotto le specie di questo Sacramento e che dal suo sangue verginale fu formata questa Carne divina che noi adoriamo, a Lei solo appartiene il nome e la qualità di capo della casa del SS. Sacramento ed Ella sola dev’essere riconosciuta tale» [4].
I medesimi documenti conservano il ricordo di queste solenni intronizzazioni, dopo la prima, fatta a Parigi nel nuovo Monastero di rue Férou il 22 agosto 1654; si conserva, ad es. la formula usata il 7 dicembre 1677 per l’intronizzazione nel Monastero di Rouen:
«Veniamo a rinnovare oggi l’elezione volontaria e solenne che abbiamo fatto della Vostra Santa Maestà, come generalissima del nostro Istituto e Superiora perpetua di questo Monastero» [5].
In un altro atto, sempre riguardante il monastero di Rouen la Santa Vergine è proclamata «eminentissima abbadessa e superiora di questo nuovo monastero» [6].
Un altro documento riporta il testo personale della venerata Madre, particolarmente solenne e denso, usato nel monastero di Parigi:
«Io, Suora del SS. Sacramento [7], indegna religiosa benedettina, che tengo il posto di Superiora in questa casa costituita ad onore e gloria del SS. Sacramento dell’Altare, prostrata umilmente davanti al trono adorabile della Maestà divina, in questo augustissimo Sacramento, al cospetto del Cielo e della terra, professo e dichiaro a nome di tutta la Comunità presente e futura che la SS. Madre di Dio è per sempre scelta, nominata e riconosciuta come degnissima ed eminentissima Madre Abbadessa e Superiora, a capo di questa piccola casa del SS. Sacramento e supplico umilmente la Sua bontà a volerla prendere in singolare e speciale protezione e a volerne rendere tutte le Religiose vittime pure di Gesù nel S. Tabernacolo... Riceveteci, dunque, santissima e amabilissima Madre di Gesù, come Vostre schiave, figlie e serve. Fate uso dei vostri diritti e poteri su di noi e sul temporale e lo spirituale di questa casa. Noi vi accogliamo e salutiamo per nostra Sovrana Signora, Madre e Superiora, e vogliamo con questo atto, che oggi compiamo davanti a tutta la Comunità celeste, obbligarci per sempre a dipendere dalla vostra santa guida. E per questo rinnoviamo gli impegni del Battesimo ed i nostri voti religiosi nelle vostre mani, in qualità di vittime del SS. Sacramento.
O SS. Madre di Dio, degnatevi di prendere tutta l’autorità che noi possiamo darvi su di noi e su questa casa che vi apparterrà per sempre».
E l’atto si chiude, sempre nel suo tono solenne, con la firma della Madre e la data, 22 agosto 1654 [8].
Per la Madre tale intronizzazione non è solo un gesto di devozione, si direbbe che lo carica persino di un contenuto giuridico. Infatti la Superiora del Monastero sarà soltanto «Priora», e governerà a nome di Nostro Signore e della sua divina Madre: così afferma nelle Costituzioni [9].
Lo richiama con frequenza e lo tiene presente nel suo spirito di fede e di pietà e nel suo impegno religioso, come appare dai frequenti accenni che incontriamo nella sua corrispondenza e nei suoi discorsi. Scriveva, ad esempio, ad una religiosa di Toul nel 1678:
«...supplico la SS. Madre di Dio di esserLe guida. È a questa santa Madre che vi lascio tutte, dandovela come vostra degnissima Superiora, che si prenderà cura di condurvi nella perfezione della santità e vi otterrà dal Figlio suo la santificazione che desidero per voi» [10].
Su questa realtà, che la Madonna è Abbadessa e Superiora, edifica il programma di spiritualità per le sue Religiose.
II - IL CONTESTO STORICO
La pratica di intronizzare Maria Santissima come Abbadessa, se trova in Madre Metilde ampiezza di attuazione e profondità di convinzione singolari, non è però nuova nella tradizione monastica e nella pratica della spiritualità.
La storia ci ricorda che una prassi simile era in uso nei monasteri cluniacensi e viene fatta risalire al secolo XI, a S. Ugo, da cui nel 1056, viene fondato il monastero di Marcigny, presso Paray-le-Monial, nel quale tale pratica aveva particolare risalto.
Lo storico inglese monaco Guglielmo di Malmesbury (+ 1143) parla di un abate che «affidava tutto alle mani della Vergine Maria e pose il suo monastero sotto il suo nome. Ella restava alla testa del Monastero» [11].
Inoltre proprio il secolo in cui visse Madre Mectilde era animato da un singolare fervore di dottrina e di pietà mariana. Ne era profondamente pervasa la teologia del Card. di Bérulle, del ven. Olier, di P. De Condren, di cui anche la Madre si nutrì. Fervidi di devozione alla Madonna, che esprimevano tale pietà come in una formula privilegiata nella consacrazione della santa schiavitù, erano gli «spirituali», alla cui scuola visse la Madre, come Giovanni de Bernières, il barone Gastone de Renty, il bollente e pittoresco arcidiacono di Evreux, Enrico Maria Boudon, dei cui scritti si alimentò anche S. Luigi Grignon de Montfort, che doveva diventare l’espressione più completa e l’apostolo santo e ardente di questa «vera devozione a Maria Santissima». La vita del Santo de Montfort anzi si inserisce, nei suoi inizi, con l’opera di Madre Mectilde. Egli nasce nel 1673: la Madre morì nel 1698. Nella sua dimora a Parigi fu a contatto con il Monastero di rue Cassette, dove le buone Suore gli davano in elemosina il pane quotidiano durante la sua travagliata vita al servizio dei più abbandonati, alla Salpetrière. Quando Madre Mectilde morì, il santo de Montfort aveva 25 anni: la sua spiritualità era ormai formata: nei 18 anni di vita e di straordinario lavoro missionario che gli restavano – morì nel 1716 – non fece altro che accrescere in sé la fiamma di questa devozione a Maria SS.
Ci si può domandare quanto il Santo de Montfort è debitore a Madre Mectilde e ai suoi monasteri della sua dottrina circa «la santa schiavitù di Gesù per mezzo di Maria». Leggendo gli scritti della Madre si trovano tratti che hanno intima consonanza di pensiero, di struttura logica e anche di dizionario con il «Trattato della vera devozione a Maria SS.». Ritengo, però, che un attento confronto porterebbe a riscontrare la comune dipendenza, – del Montfort e di M. Mectilde –, dalle scuole di spiritualità allora fiorenti e dai Maestri che le animavano. Non si avrà però difficoltà a riconoscere come quell’intenso lavoro di teologia, di ascetica e di pietà si convoglia nella esperienza del Montfort, si organizza nei suoi scritti, si arricchisce nella sua opera di personale santificazione e di guida delle anime, trova la sua espressione completa nel «Trattato detta vera devozione a Maria SS.» e viene vissuta nella eroica vita del Santo.
La teologia oggi riconosce la validità e la profondità della dottrina che sta alla base di questa spiritualità mariana; anzi, con gli arricchimenti maturati nel progresso teologico, è in grado di vederne più chiaramente la ricchezza e la solidità, anche se una nuova sensibilità può rendere perplessi nell’uso di una certa terminologia.
Il termine «schiavo», ad es., può fare arricciare il naso, anche se con tanta semplicità e vigoria lo usa, per sé e per gli altri, il Santo Padre Giovanni Paolo II [12]. Nulla ci proibisce di cambiare i termini usati anche dai Santi, purché conserviamo tutta la ricchezza della loro dottrina e della spiritualità.
III - IL CONTENUTO
a) Aspetto personale e comunitario
L’intronizzazione di Maria SS. come Abbadessa e Superiora non è un fatto che riguarda solo la vita esterna, sociale del Monastero. Il Monastero è una «comunità di persone»: è la vita e la storia di queste persone, impegnate nella responsabilità che ognuna ha di realizzarsi secondo la volontà di Dio; è la propria personale santificazione; ma responsabilità che è anche di realizzarsi «in comunità»: non solo vivendo in comunità, ma anche inglobando nella propria vita i rapporti della comunità, le virtù della vita comunitaria, il compito che la comunità ha nella Chiesa ed il servizio che presta nella storia. Si tratta della dimensione comunitaria sociale che ognuno deve sentire nella propria vita come un elemento costitutivo che va sempre tenuto presente.
Per questo, in quella comunità liberamente scelta che è il Monastero, ogni Religiosa fa sua, – personalizza, per così dire, – l’intronizzazione di Maria: si sente coinvolta da questo fatto, si sente impegnata a riconoscerlo con lealtà e a viverlo con fedeltà.
Negli scritti della Madre abbiamo già incontrato chiare espressioni di questo «personalizzare» l’intronizzazione della Madonna. Non è di una comunità astratta che Maria è proclamata Abbadessa e Superiora, ma di questa «comunità viva», cioè di queste «religiose viventi in comunità», recanti ognuna, la «dimensione comunitaria» nella propria vita, nella propria spiritualità. Ciò è detto espressamente nell’atto d’intronizzazione del 22 agosto 1654, riportato sopra.
Riferisco un testo che mi sembra singolarmente ricco a questo riguardo: interessante anche per la consonanza con la dottrina di San Luigi de Montfort nella interpretazione battesimale della «consacrazione». È tolto da una conferenza spirituale della Madre nella festa della Presentazione della SS. Vergine:
«È la festa della consacrazione della SS. Vergine a Dio – afferma – e dev’essere per tutte le persone che a Lui sono consacrate una occasione per rinnovarsi nello spirito della propria consacrazione e nella fedeltà ai doveri che ne derivano.
Il Battesimo è chiamato dai Santi Padri una consacrazione, ed è, in realtà, la più religiosa, la più indispensabile, la più divina di tutte le consacrazioni, dopo quella dell’Uomo-Dio. Il cristiano, infatti, è un religioso della religione di Gesù Cristo, il solo Maestro e fondatore del Cristianesimo. La Chiesa è il suo chiostro, il Vangelo la sua Regola, Gesù Cristo il suo Modello, il Battesimo la sua Professione. I voti che egli fa sono di aderire a Gesù Cristo e alla sua dottrina, di imitare tutta la sua vita e di consacrare a Lui tutto il proprio cuore, senza riserve. E il Tempio in cui compie questa consacrazione è Gesù. Cristo, il vero Tempio della Divinità, dove noi siamo accolti, incorporati e santificati per mezzo del Battesimo.
Rinnoviamoci quindi tutti nello spirito della nostra Professione solenne, per mezzo della quale noi siamo votati e consacrati a Dio nel Battesimo, come insegna il catechismo del Concilio di Trento, e lavoriamo a renderci più fedeli nel compiere questo “voto” che è il primo, essenziale, capitale ed il più grande di tutti, secondo l’espressione di S. Agostino» [13].
b) I fondamenti
Se ora ricerchiamo i fondamenti su cui si basa questa consacrazione fatta a Maria, – se ricerchiamo, cioè, perché proprio a Lei ci rivolgiamo con una consacrazione, dal momento che nel Battesimo siamo già consacrati a Cristo –, troviamo negli insegnamenti della Madre la medesima risposta, che in forma più ampia e più ragionata espone S. Luigi de Montfort nel suo «Trattato». Tale fondamento è la missione che Iddio assegnò a Maria nella Redenzione, – la missione, cioè di essere Madre del redentore, a Lui associata prima nell’opera della umana Redenzione e poi nella vita della Chiesa lungo i secoli –. È l’insegnamento che ora trova la sua autentica espressione nel Magistero della Chiesa: si legga il cap. VIII della «Lumen Gentium».
Dagli scritti della Madre riferisco un solo tratto che ha valore di sintesi:
«La SS. Vergine ha le medesime inclinazioni del suo caro Figlio. Egli non è venuto sulla terra che per i peccatori; non ha cercato che la gloria del Padre e non è vissuto che per farLo conoscere e onorare e per compiere la nostra salvezza. Così anche la SS. Vergine, che ha partecipato più di chiunque alle disposizioni di Gesù Cristo. Essendo entrata nei disegni di Dio dal momento della sua Immacolata Concezione, per tutto il tempo della sua santissima vita non ha cercato che la gloria di Dio e la salvezza degli uomini. Ella ha avuto sempre un perfetto rapporto con il suo Figlio. Ha condiviso le sue sofferenze sulla Croce... fu il sostegno della Chiesa nascente... istruiva in particolare gli Apostoli sui misteri del suo Figlio» – non predicando, ma pregando e onorando la vita nascosta di Gesù –. «Attualmente, in Cielo, Ella non ha diminuito il suo zelo per la salvezza dei peccatori. Ha sempre il medesimo desiderio di salvarli, e ancora, maggior potere per aiutarli. Per capirlo, basta dire che è “madre di Dio”... Per mezzo di Lei tutte le grazie che Dio ci fa vengono distribuite: Ella ne è il canale... conosce tutti i nostri bisogni... vede tutto in Dio. Il suo potere, il suo prestigio, la sua bontà, come la sua compassione per i peccatori, vanno al di là di ciò che possiamo pensare» [14].
Sul tema della intercessione di Maria, e quindi sulla confidenza che dobbiamo riporre in Lei e sulla fiducia che ne ricaviamo, la Madre ritorna con frequenza e con insistenza. Non è possibile riportare qui tutti questi testi. Si legga, ad es., la sua conferenza sull’Immacolata Concezione del 15 dicembre 1694 [15] e parecchi altri testi [16].
Si direbbero ancora più insistenti e caldi di intimo fervore i testi in cui parla della cura di Maria per la conversione dei peccatori. Vi si sente il suo carisma della «riparazione», che Ella affida con singolare vigore, al suo Istituto. La validità di questa singolare attenzione alla «riparazione» è evidente, se richiamiamo la teologia di S. Paolo sulla Redenzione. Oggi la teologia ama contemplare questo mistero ed il correlativo impegno del nostro «partecipare alla Passione di Cristo per il suo mistico Corpo», da un diverso punto di vista e con una terminologia diversa da quella usata dalla Madre e dai teologi di altri tempi; il risultato, però, è che si giunge a cogliere in maggiore profondità la verità a cui la Madre alimenta la spiritualità propria e dell’Istituto: si comprende, quindi, quanto sia saggia ed efficace l’ascetica in cui si incarna questa condivisione della Passione di Cristo per la salvezza degli uomini, in esplicito intimo contatto con il mistero dell’Eucaristia [17].
IV - RIFLESSI NELLA VITA SPIRITUALE
a) La presenza di Maria
Mi sembra utile, ora, cogliere alcuni riflessi che vengono per la nostra vita spirituale dalla dottrina di Madre Mectilde. La statua della Madonna che troneggia in Coro, con le insegne abbaziali, e si ritrova negli ambienti di vita comune, richiama quella «presenza di Maria» che il Santo Padre, Giovanni Paolo II chiama «la dimensione stupenda e penetrante della vicinanza della Madre di Cristo» [18]. Infatti «Maria deve trovarsi in tutte le vie della vita quotidiana della Chiesa» [19].
Occorre intuire il significato particolare che acquista l’immagine della Madonna, a motivo di quella misteriosa presenza attuale che Ella può avere con noi, per i rapporti soprannaturali che collegano Lei a Cristo, come a Cristo collegano noi, e per quella «presenza operante» nella sua funzione materna verso di noi, che Ella compie nella singolare condizione di trovarsi in anima e corpo in Paradiso, nella Vita Eterna, fuori dello spazio e del tempo; capace di una vicinanza con noi e di una attività su di noi che crediamo, ma non siamo affatto in grado di rappresentarci per quanto ci sembri di intuirla.
In forza di questi rapporti soprannaturali, l’immagine di Maria non è solo il ricordo di una persona assente, – com’è, ad esempio, il ritratto di una persona cara, lontana –, ma è segno e simbolo di una persona presente, anche se per noi non visibile nella maniera naturale.
Percepita questa «presenza misteriosa» di Maria che viene richiamata dalle immagini di Lei sparse nel Monastero, la vita religiosa viene sentita come un «camminare con Maria alla sequela di Cristo», o, come scriveva la Madre nel documento già citato del 22 agosto 1654, «dipendere in tutto dalla sua guida». E non sono parole vane. L’attività materna di Maria verso di noi è una consolantissima realtà: «e voi tutte, – diceva la Madre alle sue Suore – ne avete fatto l’esperienza» [20].
b) Il modello perfetto
La fede in questa presenza di Maria ed il ricordo di essa inducono ad ispirarci al suo esempio e a guardare a Lei come esemplare perfetto della virtù che risplende davanti a tutta la comunità degli eletti [21].
Con frequenza la Madre richiama ed esorta ad imitare Maria. «Onoriamo il trionfo della Madre di Dio, – diceva alla vigilia di una festa dell’Assunzione –, praticando qualcuna delle sue virtù. Noi le diamo più gloria praticando il suo esempio, che recitando molte preghiere» [22], e delinea alcuni tratti morali della Madonna, soprattutto la sua umiltà, la sua fedeltà, la sua sottomissione a Dio.
In questo tema dell’imitazione delle virtù della Madonna il richiamo è continuo; ma trova una pagina particolarmente ricca.
«Maria è per noi un modello perfetto nel quale dobbiamo formarci per rendere i nostri sacrifici graditi a Dio. A suo esempio dobbiamo lasciare tutto, mediante una totale separazione da tutte le creature... e seguire Nostro Signore, nei suoi stati di pena, di sofferenza e di umiliazioni, come ha fatto la SS. Vergine».
Propone poi quattro disposizioni della SS. Vergine da imitare:
«una profonda umiltà, un gran rispetto della Maestà di Dio, ma un rispetto che ci inabissa e ci annienta;
l’adorazione perpetua di questa grandezza infinita, che risiede in noi;
un amore ardente e perfetto ma perseverante, per la sua bontà;
e una sottomissione totale a tutte le sue divine volontà e condotta verso di noi, nelle pene, nelle tenebre, nell’impotenza...».
Frutto di questa imitazione sarà che «se voi lavorate a seguire il suo esempio, parteciperete alla grazia infinita della maternità divina». È un’affermazione che sconcerta; ma la Madre non è sorpresa e ricorda la parola di Gesù: «Chi fa la volontà del Padre mio è mio fratello, mia sorella, mio padre, mia madre» [23].
Anche i grandi maestri della vita cristiana, S. Agostino ad es., parlano così.
In conformità del suo particolare carisma della riparazione Ella ama contemplare in Maria anche il modello della vittima che partecipa della Passione di Cristo:
«Dio solo ha regnato nel suo cuore; Ella è sempre stata la vittima del suo beneplacito; e quando il Figlio è morto sulla Croce, Ella non solo ha sofferto come Madre, ma, assai più, ha provato in sé tutti i dolori che il divin Padre avrebbe sofferto, se fosse stato possibile» [24].
Il pensiero è singolare e ardito, ma conforme all’intima associazione di Maria al Mistero della Redenzione operata da Cristo.
Sempre nello spirito della riparazione, la Madre insiste nel presentare l’esempio della cura materna che Maria si prende dei peccatori per esortare le Suore ad imitarla nella loro vocazione riparatrice [25].
«Maria – afferma – è la causa di salvezza per un’infinità di peccatori che non l’avrebbero mai trovata senza di Lei» [26].
c) Il Suo intervento
«Ma la presenza di Maria come modello non sarebbe compresa in tutta la sua efficacia se non si ricordasse anche il suo reale, continuo e potente intervento con cui, – come insegna il Conc. Vat. II –, continua ad ottenerci le grazie della salvezza eterna» [27].
Torna, con insistenza, negli scritti della Madre, l’affermazione della missione mediatrice di Maria, della sua intercessione in ordine alla Grazia, con dichiarazioni così categoriche che non si comprendono se non richiamando la potenza di Dio che opera in quel piano di salvezza dove Egli stesso ha posto Maria come «madre per noi nell’ordine della grazia» [28].
«Ella – afferma nella conferenza già citata sull’Immacolata Concezione – ha potere assoluto sulle anime; per mezzo di lei tutte le grazie che Dio fa agli uomini vengono distribuite: Ella è il canale da cui vengono a noi... tanto che se ogni uomo La amasse, – sì, lo ripeto, – ogni uomo sarebbe salvo» [29].
Da questa profonda fede, che diventa vivida consapevolezza della «presenza operante» [30] di Maria e attenzione ad essa, nasce per noi tanta pace e profonda gioia.
«Mi pare che tutte le persone che amano la SS. Vergine... dovrebbero avere sempre il cuore contento ed essere liete. Ecché! Io amo la SS. Vergine e so che Ella mi ama, e non sarò ripieno di gioia?» [31]. «In realtà di che inquietarmi? Dio mi è Padre e mi ama infinitamente: è di fede. La SS. Vergine è mia madre e mi usa tenerezza assai più di quanto posso capire: oh, sorelle, abbandoniamoci e dormiamo in pace sotto la loro protezione» [32].
La vigoria con cui attesta questa sua fiducia in Maria nasce anche da una consolante certezza che ha la Madre: Maria ama l’Istituto.
«Voi sapete, – diceva alla consacrazione del monastero di Rouen – che l’Istituto Le appartiene in maniera singolare, poiché è Lei che lo ha fatto» [33]. «Io vi posso assicurare – diceva altra volta – che questa divina Madre ama l’Istituto e lo ha preso sotto la sua protezione» [34]. «L’Istituto è nato dal suo cuore»,
afferma più vigorosamente ancora, parlando proprio del Sacratissimo Cuore di Maria.
Innegabilmente, attorno a questa Celeste Abbadessa la famiglia religiosa prega, lavora, vive la sua vita monastica in una grande luce di fede e in profonda pace.
Ma, prima di conchiudere, viene spontaneo domandarci: tutto ciò resta valido nell’attuale duro e rigido clima in cui vive la Chiesa?
V - NEL CLIMA ATTUALE DELLA CHIESA
Non si può negare che il clima religioso della Chiesa in questo secolo che chiude il secondo millennio del Cristianesimo, è fortemente segnato dalla presenza di Maria.
Basta richiamare il posto che occupa Maria Santissima nel Vaticano II. Non solo si parla della Madonna in quasi tutti i documenti, ma si consideri, soprattutto, il valore che presenta il capo VIII della «Lumen Gentium». I Padri del Concilio asseriscono che non si poteva delineare il mistero della Chiesa senza parlare di Maria; ma, per esprimere il suo posto in tale mistero non bastava un discorso devozionale; occorreva scrutare la presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa. Ed è la presenza della Madre di Cristo, da Lui associata in tutta l’opera con cui compì la nostra Redenzione e in tutta l’opera con cui, mediante la Chiesa, porta la Redenzione agli uomini, lungo tutti i secoli.
«Madre di Cristo e Madre della Chiesa». La meditazione della Chiesa, in questi anni, che seguono il Concilio, sembra scrutare più a fondo ancora questa misteriosa presenza di Maria. Basta ricordare, nel ricchissimo magistero mariano di Paolo VI, l’esortazione apostolica «Marialis cultus» e nel magistero di Giovanni Paolo II gli innumerevoli e fervidi richiami alla Madonna nei suoi discorsi, nella sua prima Enciclica «Redemptor hominis». L’amore materno di Maria, scrive «trova la sua espressione nella sua singolare vicinanza all’uomo e a tutte le sue vicende», tanto che «Maria deve trovarsi in tutte le vie della vita quotidiana della Chiesa» [35].
È dunque giusto che, nel Monastero, l’immagine della Madonna richiami la sua presenza in coro e in tutti gli ambienti della vita comune!
Anche la teologia va prestando sempre maggiore attenzione alla missione di Maria e, come già ho ricordato sopra, si ferma, con intuizioni nuove e profonde, a meditare la sua presenza, richiamandosi al mistero della «incorporazione a Cristo di tutti i credenti» e della «comunione dei Santi» e alla singolare condizione in cui, nella comunione dei Santi è presente e opera Maria, sia a motivo della sua missione materna, sia in ragione della sua glorificazione in corpo e anima con Cristo. Tale glorificazione la rende capace di avere, con noi, una presenza e di svolgere su di noi un’attività che appena ci sembra di intuire nel grande mistero della condizione soprannaturale a cui siamo elevati, e in cui siamo inseriti, viviamo e operiamo.
Del pari un nuovo fervore mariano sta fermentando nella Vita Religiosa, – si consideri, ad es., l’attenzione che viene prestata a Maria nella revisione delle regole delle famiglie religiose ed in tante pubblicazioni ascetiche destinate alla Vita Religiosa, – e nella pratica particolare delle nostre Comunità, – nelle quali le celebrazioni mariane si fanno più frequenti, più fervide e destano sempre più vasto interessamento. Si ricordi ad es., che i Vescovi italiani, in pubblici documenti, hanno additato, come un singolare «segno di speranza» la ripresa della devozione mariana. È interessante, però, notare che se si confrontano queste espressioni mariane con quelle che, prima del Concilio, ci facevano parlare dei nostri tempi come di «età mariana», appaiono molto più profonde e ricche di fede.
È evidente quanto si radicano nel mistero di Cristo e della Chiesa e quanto s’innestano in tutta la vita cristiana, nel suo compito di fedeltà al Vangelo, di testimonianza a Cristo, di lievito cristiano nel mondo. Il Concilio non è passato invano; ha scavato in profondità ed ha arricchito di più abbondante linfa evangelica tutta la vita cristiana e, in essa, la dimensione mariana.
In questo clima profondamente teologico, in questa impostazione cristologica ed ecclesiologica, Madre Mectilde si troverebbe a suo agio; anzi, con quanta gioia contemplerebbe la luminosità e la profondità di quei principi teologici e ascetici, sui quali Ella fondava la devozione alla Madonna, che inculcava al suo Istituto.
Scoprirebbe anche – come già si è detto – che l’intronizzazione della Madonna a «Madre Abbadessa» del Monastero non è solo un gesto di devozione, un’espressione di fiducia, la ricerca della protezione, ma è un segno che richiama la presenza di Maria: un segno il cui valore va compreso confrontandolo con i «segni sacramentali», che nella complessità della loro struttura teologica svolgono anche la funzione di essere «segni visibili di una invisibile, ma reale, presenza operante di Cristo».
Nell’approfondimento teologico di questi secoli, la pietà mariana di Madre Mectilde non ha perso nulla; si è anzi arricchita, come una pianta sana e ferace, che, con gli anni, matura frutti sempre buoni e abbondanti.
Con quanta gioia Ella oggi ripeterebbe alle sue Suore l’affermazione che rivolgeva loro nella festa dell’Immacolata del 1694:
«Maria accoglie tutti i peccatori e i giusti, ma soprattutto le Figlie del SS. Sacramento. Ella le ama con tenerezza grandissima, le vuole colmare di beni, e io vi posso assicurare che questa divina Madre ama l’Istituto e lo ha preso sotto la sua protezione».
E con quanto fervore ripeterebbe l’esortazione:
«Onorate questa Santissima Madre con tutte le forze, amatela come vostra buona Madre, imitate le sue virtù, fate ogni giorno qualche cosa in suo onore, pensate sovente a Lei... Bisogna di tanto in tanto offrirle qualche piccolo dono, come segno della vostra dipendenza, considerandola come vostra Sovrana... O Divina Maria, fatemi la grazia di amarvi perfettamente».
La sua preghiera è stata esaudita e ora Madre Mectilde gode in Paradiso questo perfetto amore; e se ne faccia interceditrice a vantaggio delle sue Figlie che continuano, nel mondo d’oggi, la sua missione di testimoniare che si serve perfettamente a Cristo se si vive con Maria.
NOTA
Le citazioni riferite sono tolte dai seguenti testi:
1. «Constitutions sur la Règle du bienheureux Père Saint Benoît pour les Moniales bénédictines de l’Adoration perpétuelle du Saint Sacrement».
2. «Priez sans cesse», Desclée de Brower, Paris, 1953 .
3. Catherine de Bar – Documents biographiques – Ecrits spirituels- Rouen, 1973.
4. Catherine de Bar – Fondation de Rouen, Rouen, 1977.
5. Catherine de Bar – «Il sapore di Dio» – Jaca Book – Milano, 1977.
6. Catherine Mectilde de Bar – «Non date tregua a Dio» – Jaca Book, 1979.
7. Negli «scritti» il numero segnato si richiama al catalogo centrale del Monastero di Rouen.
[1] «Constitutions …», pp. 24-25.
[2] Ib., p. 25.
[3] «Documents biographiques», p. 99.
[4] Ib.
[5] «Priez sans cesse», p. 175.
[6] «Fondation de Rouen», p. 71.
[7] Con questo nome usava chiamarsi Madre Mectilde.
[8] Documents biographiques, p. 298.
[9] Constitutions, p. 25.
[10] «Non date tregua a Dio»…, p. 16.
[11] Cf. Dom Leclercq, in «Priez sans cesse», p. 176.
[12] Si veda, ad es.«Discorso che il S. Padre tenne a Jasna-Gora», il 4 giugno 1979 e l’atto di consacrazione alla Madonna con cui lo conchiuse.
[13] Scritti, n. 1851.
[14] Scritti, n. 175: il lettore avrà colto sorprendenti echi della dottrina del Vaticano II.
[15] Scritti, n. 175.
[16] Scritti, n. 1200-945-2586.
[17] Si legga ad es. la conferenza sul Sacratissimo Cuore di Maria del 7 febbraio 1965. Scritti n. 1200 e nn. 1933, 1200, 175.
[18] Cf. Lettere a tutti i Sacerdoti, in occasione del Giovedì Santo 1979, n. 11.
[19] Enc. «Redemptor hominis», n. 22.
[20] Scritti, n. 175.
[21] Cf. «Lumen Gentium», n. 65.
[22] Scritti, n. 268.
[23] Scritti, n. 1050.
[24] Scritti, n. 1200.
[25] Si legga la conferenza già citata sul Sacratissimo Cuore di Maria del 7 febbraio 1695: scritti, n. 1200.
[26] Ib.
[27] LG, n. 62.
[28] LG, n. 61.
[29] Scritti, n. 75.
[30] Cf. Paolo VI: «Marialis cultus», n. 11, 18, 56.
[31] Scritti, n. 175.
[32] Scritti, n. 175.
[33] Fondation de Rouen, p. 69.
[34] Scritti, n. 175.
[35] Enc. «Redemptor hominis», n. 22.