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Deus absconditus, anno 98, n. 4, Ottobre-Dicembre 2007, pp. 64-98
Lorenzo
Emilio Mancini
Maria Abbadessa e garante dell'osservanza monastica
Nell’agosto del 1654 Madre Mectilde comunicava al Priore di Saint Germain des Près con un solenne atto di cui si chiedeva la convalida, la scelta operata da lei e dalla comunità di nominare e riconoscere quale “Mère Abbesse et Supérieure en chef”, nonché “Souveraine Dame, Mère et supérieure” del monastero, la Vergine Maria; tale atto avrebbe dovuto essere rinnovato ogni anno nel corso della solennità dell’Assunzione[1].
Ciò che è significativo rilevare in questo scritto, è il contrasto netto tra i toni e il registro linguistici tipici dell’eloquio e della spiritualità mectildiani (e più in generale del Grand Siècle)[2] e la scarna sobrietà della risposta di Frère Ludovic Belot segretario del Priore di Saint Germain des Près Dom Bernard Audebert: la concisione e la sintesi non sono gli unici tratti caratteristici del testo di Frère Belot che doveva costituire semplicemente una autorizzazione a ciò che veniva richiesto dalla Madre. Nelle poche righe di risposta per ben due volte il redattore sottolinea e ricorda che tale atto nei confronti della Vergine Maria dovrà avere solo ed esclusivamente carattere devozionale e che la sua omissione non costituirà peccato.
È evidente un certo timore a trattare una materia ritenuta delicatissima se non addirittura rischiosa in alcuni suoi punti: vi è probabilmente la paura di una sorta di colpo di mano nei confronti dell’autorità ecclesiastica e un certo imbarazzo di natura politica e protocollare nei confronti della Corona di Francia (negli anni in cui la monarchia riconsolidava il suo potere dopo le Fronde) ad utilizzare espressioni come “Souveraine Dame”, seppure già precedentemente utilizzate, come vedremo in seguito, ma in un contesto politico diverso.
Si permette infatti che l’elezione abbaziale della Vergine Maria sia inserita nei libri degli atti capitolari, ma ben specificando e ribadendo il carattere meramente devozionale e non giuridico, né tanto meno politico, affinché alle successive generazioni monastiche sia chiara l’interpretazione da dare a quel gesto.
L’imbarazzo e la prudenza sono probabilmente dettate, come si diceva, dalla particolare situazione politica e religiosa della Francia di quegli anni. Leggendo attentamente quella pagina, sembra abbastanza evidente la prospettiva marcatamente spirituale; nel testo si può infatti notare un’espressione riferita a Maria come “nous obliger à dépendre à jamais de votre conduite”, da cui è chiaro che la dipendenza di cui parla la De Bar non è di natura giuridica e che l’autorità politica e quella religiosa non sono poste in discussione[3].
Nel maggio del 1654 (dunque pochi mesi prima dell'atto citato) Madre Mectilde in una lettera alla consorella Madre Dorotea[4], accennando ad un suo stato di sofferenza psicologica e spirituale, aveva tuttavia confessato alla destinataria della missiva quale fosse l'unica cosa a procurarle gioia in quel momento:
"Non trovo più in me la capacità di godere di niente. Bisogna però eccettuare una cosa che mi ha dato grande soddisfazione: è che avendo fatto fare una statua della Madonna molto molto più alta di me, che tiene il Bambino sul braccio destro e il pastorale con la sinistra – come la generalissima dell'Ordine di San Benedetto e degnissima Abbadessa, Madre e Superiora di questa piccola casa del Santissimo Sacramento: ce l'hanno portata sabato, vigilia di Pentecoste – vi confesso che l'avvicinarmi a lei mi ha fatto fremere di gioia e di consolazione, vendendo la mia santa Signora prendere possesso del suo dominio. Mi sembra che la mia fiducia passata si sia rinnovata in me più forte che mai"[5].
Il brano, oltre a fornirci alcuni tratti della personalità mectildiana, ci offre alcune chiavi di lettura per riuscire a comprendere a fondo quale fosse l'importanza dell'abbadessato di Maria nell'identità dell'Istituto. La Madonna, in questo caso, non ancora definita come accadrà successivamente quale superiora generale dell'Istituto è tuttavia detta "generalissima dell'Ordine di San Benedetto" oltre che Abbadessa del monastero. Tale accezione, proprio perchè inserita in uno scritto privato (e dunque privo delle dovute prudenze linguistiche, tipiche di altri contesti), è tuttavia utilissimo per comprendere, come si diceva, sia l'aspetto più particolare del governo secondo la De Bar, sia, più in generale, la sua concezione e il suo ruolo di riformatrice dell'Ordine di San Benedetto; non è infatti un caso che in quelle righe il rango di superiora maggiore (come si direbbe con una terminologia canonica moderna) venga esteso a tutto l'ordine, seguendo la frequente e fisiologica ratio universalistica propria di ogni riforma che vuole riportare all'osservanza di un modello originario alteratosi nel tempo e che vede sussistere in se stessa l'autenticità di quel modello.
La Madre, dunque, proclamava la Beata Vergine Maria, unica abbadessa e superiora perpetua del monastero. Come ancora oggi è visibile nei monasteri della Benedettine dell’Adorazione Perpetua, più che la celebrazione di un sacramentale, sembra trattarsi di una vera e propria cerimonia a metà tra l’elezione di una nuova abbadessa e l’intronizzazione di una regina: tale infatti è Maria nella prospettiva mectildiana. Maria tiene sul braccio sinistro Gesù bambino e nel destro il pastorale abbaziale, è posta al centro del coro, così come del refettorio nel quale, durante i pasti di mezzogiorno e della sera, viene ‘servita’ per prima (il cibo era poi destinato ai poveri)[6].
I documenti stessi attestano il carattere particolarmente solenne del rito e le sue motivazioni:
“Car elle mit tout son appui en la protection de cette Reine des grâces pour réussir en la condite de son monastère, tant elle avait un bas sentiment d’elle-même, qu’elle croyait qu’il fallait des miracles pour lui acquérir ce don, et pour cela elle voulait référer tous les honneurs, même les extérieurs, a cette divine Abbesse”;
E ancora:
“comme cette Reine des cieux est Mère de ce Verbe Dieu anéanti sous les espèces de ce Sacrement, et que nous y adorons, il appartient à elle seule de porter le nome et la qualité de chef de la maison du Saint Sacrement, et d’y être seule reconnue”[7]
Madre Mectilde, poi, il 7 dicembre 1677 a Rouen così si esprimeva solennemente, estendendo la qualifica mariana di Superiora a tutte le case dell’Istituto, accentuando, a differenza dell’atto del 1654, la connotazione giuridica e politica, sia probabilmente per le mutate condizioni politiche sia guardando alla nuova realtà della congregazione monastica:
Acte dressé et prononcé par Notre Très Révérende Mère Prieure en l'année 1677 le jour de la Conception Immaculée de la très sainte Vierge dans notre Monastère de Rouen ”[8].
Souveraine Princesse du ciel et de la terre, auguste Mère de Dieu, moi, Sœur Mectilde du Saint Sacrement, humblement prosternée au pied du trône de vos grandeurs, je viens, au nom de toute la communauté présente et à venir, offrir à votre majesté ce nouvel établissement comme une production d'un Institut qui vous appartient et que j'ose dire l'ouvrage de votre maternelle bonté, et, en cette qualité, nous vous supplions, très précieuse Vierge, de le vouloir agréer et recevoir sous votre singuliere protection, acceptant et confirmant la déclaration que nous faisons par cet acte par lequel nous vous choisissons et reconnaissons pour la très éminente Abbesse et Supérieure perpétuelle de ce nouveau monastère, que nous vous consacrons aujourd'hui et dédions à l'honneur de votre très pure et Immaculée Conception. Recevez-le donc, précieuse Mère de grâces, et en faites l'objet de la complaisance de mon adorable Sauveur, puisque vous l'avez établi pour réparer sa gloire si souvent outragée en son divin sacrement. Prenez, s'il vous plaît, très auguste princesse, un pouvoir absolu sur ce monastère et sur tout ce qui lui appartient comme sur votre ouvrage, pouvant dire qu'il est entièrement à vous, et que si la Providence l'a mis entre mes mains, cela n'a été que pour le remettre entre les vôtres très pures et très saintes. C'est ce que je prétends faire par cet acte,en la manière la plus parfaite qui se puisse jamais imaginer, et, j'ose dire, avec toute la sainteté que la grâce peut esperer. Je vous supplie très humblement Que, sans avoir égard à la main très impure Qui vous le présente, il vous plaise le recevoir agréablement, vous le remettant entre les vôtres virginales pour le resserrer dans votre très saint Cœur, où Notre Seigneur Jésus Christ le regardera favorablement et, par vos saintes intercessions, le comblera des grâces qu'il a besoin pour le conserver en sa vigueur. Préservez-le de toutes les oppressions et attaques malignes des hommes et des démons. C'est ce que nous vous demandons toutes humblement, divine Mère de mon Sauveur. et que vous ne permettiez jamais qu'il soit reçu dans cette Maison aucun sujet qui ne soit attiré par une vocation purement divine, et qui ne puisse remplir les desseins de Dieu, en portant dignement et efficacement les Qualités de victime de votre Fils. Accordez-nous, auguste Mère de Dieu, la grâce que l'intérêt humain ne souille point cet ouvrage; soutenez-le par votre secours et par votre actuelle protection; ne l'abandonnez jamais; faites qu'il relève toujours de vos bontés et qu'il vous plaise le conserver dans la pureté et le dégagement qu'il a été établi. Prenez-en, s'il vous plaît, l'entière possession pour en être la maîtresse absolue. Pour cet effet, étant toutes prosternées à vos pieds, du plus profond de nos cœurs, nous vous faisons toutes de nouveau vœu solennel d'obéissance, et vous choisissons et déclarons pour le temps et l'éternité notre très glorieuse Mère Abbesse et Supérieure perpétuelle, sans que jamais cette élection se puisse révoquer, sous peine d'encourir votre indignation; et, comme c'est par vous Que notre Institut a pris naissance dans le sein de l'Eglise, c'est de vous qu'il doit dépendre et qu'il doit être régi, gouverné et conduit. Usez donc, très digne Mère de Dieu, du pouvoir absolu que vous avez sur nos personnes, sur nos vies et sur tout ce que nous sommes. Dirigez, commandez à celles qui osent prendre la liberté de se dire vos enfants, puisque par une bonté toute spéciale vous voulez bien être notre Mère. Animez.nous de l'esprit de Jésus, dont vous avez la plénitude, et nous rendez dignes de porter saintement la qualité d'hostie et d'être faites, avec lui, une même victime à la gloire de son divin Père. Agréez, très précieuse Vierge, nos humbles soumissions, acceptez nos sacrifices, régnez sur nous comme sur ce qui est entièrement à vous. Ne souffrez jamais de relâche aux hommages et adorations perpétuelles Que nous devons au très Saint Sacrement, ni dans les observances régul ières.
Comblez l'Institut de vos miséricordes, protégez-le, s'il vous plaît, et bénissez celles qui le professent, recevez-les en mourant et les présentez à votre Fils comme des holocaustes consommés à sa gloire. C'est la grâce singulière que nous espérons de votre maternelle bonté, à laquelle nous promettons fidélité inviolable.
En foi, de quoi, nous avons toutes humblement signé la présente pour servir de mémoire à l'avenir et d'obligation à toutes les religieuses de l'Institut.
Fait à notre monastère de Rouen le huitième décembre de l'année mil six cent soixante et dix sep"t[9]
Catherine Mectilde de Bar, rinunciando ad inserire al vertice della gerarchia monastica delle proprie comunità e dell’intera Congregazione, prima, e dell'Istituto poi una abbadessa, si inserisce sulla scia di una antica tradizione, come già aveva fatto dom Grégoire Tarrisse fondatore della Congregazione Benedettina di St. Maur[10]: tale titolo aggiungeva dunque alla connotazione eucaristica dell'Istituto, anche quella mariana[11], tentando di immunizzarlo dal fenomeno della commenda e, almeno in parte, dal controllo di qualche gruppo di potere esterno[12].
La tradizione di origine cistercense (ordine in cui il fenomeno della commenda era vistosamente all’ordine del giorno) si era largamente diffusa in molte comunità benedettine francesi maschili e femminili fra cui ricordiamo, in tempi più vicini a M. Mectilde, Reims, Chasaut, Verneuil e Chelles[13].
Ma la realtà monastica più vicina a Madre Mectilde in cui si adottava l’uso dell’abbadessato della Vergine fu sicuramente quella parigina di Montmartre di Maria de Beauvillier[14]. Véronique Andral, nel suo articolo Mère Mectilde, bénédictine de son temps, nel paragrafo a ciò dedicato, riporta i due testi che mettono in continuità Catherine Mectilde De Bar con Marie de Beauvilliers e con Anne de Béthune: il parallelo è interessante soprattutto paragonando i testi, per ciò che concerne lo stile e gli usi, con l’Atto di Rouen precedentemente visto. Le due badesse infatti introdussero nei loro monasteri (cioè rispettivamente Montmartre e Beaumont-lès-Tours) l’uso di attribuire alla Madonna onori abbaziali e regali.
“Elle avait aussi une veneration très particulière pour la très Sainte Vierge qu’elle avait choisie pour protectrice de sa maison; c’est ce qui l’obligea de metre son image en bosse au milieu du choeur, dans le siege abbatial, afin qu’elle reçû l’honneur que l’on rend à la Supérieure, et qu’elle fût regardée comme la Souveraine de toutes les religieuses […]Elle nourrissait tous les jours un pauvre en son honneur, auquel elle faisait donner la portion comme à une des Soeurs”[15].
Anche per Anne de Béthune abbiamo notizie a riguardo; si dice infatti:
“Elle avait une devotion toute particulière à la Mère de Dieu […] elle crut ne pouvoir mieux réussir à la conservation de cette maison (l’abbaye de Beaumont) qu’en la mettant sous la protection de cette grande Reine du ciel, imitant en cela la piété de nos rois qui mirent leur sceptre et leur couronne entre les mains de cette souveraine. Cette sainte abbesse, renvoya toujours tous les honneurs et avantages que sa qualité de supérieure lui pouvait attirer et fit une démission solennelle de sa crosse et de sa place abbatiale au pieds de cette protectrice des épouses du Seigneur et ne négligea rien pour lui faire rendre tout l’honneur et le respect qui lui est dû”[16].
I due testi ora visti, tuttavia, ci fanno capire come l’uso dell’abbadessato di Maria adottato dalle due badesse parigine sia paragonabile a quello mectildiano solo su un piano formale, ma non su quello sostanziale. Se infatti nel primo caso siamo di fronte ad un uso dal carattere marcatamente devozionale con chiari riferimenti alla simbologia e alla liturgia della monarchia francese, nel caso della De Bar è possibile parlare di un vero e proprio istituto giuridico, con preoccupazioni diverse rispetto a quelle di Maria de Beauvilliers e di Anne de Béthune.
Madre Mectilde innanzitutto procede ad una formale elezione canonica (seppure anomala) di Maria alla carica abbaziale e non già ad una simbolica cessione di un titolo posseduto e comunque mantenuto anche successivamente al rito da una monaca: parliamo infatti di Maria de Beauvilliers e di Anne de Béthune come di Badesse e di Catherine Mectilde De Bar come di Priora.
Tuttavia, facendo un ulteriore passo indietro nella vicenda mectildiana, non è possibile tralasciare l'esperienza presso le Annunciate analizzata, che qui ritorna utile per considerare un altro aspetto; in diversi punti della regola di quell'ordine ritorna spesso l'espressione "religion de la vierge Marie" quasi a significare una diretta appartenenza, non solo spirituale, dell’ordine alla Madonna. Tuttavia questo elemento nel contesto spirituale delle Annunciate, realtà spiccatamente mariana, non desta l’attenzione come lo fa in una realtà benedettina, dove la questione del governo e dell’autonomia hanno un ruolo assai differente rispetto agli ordini mendicanti e alle realtà ad essi connesse. Si legge infatti a tal proposito nel manoscritto N 248:
"Nous remarquerons seulement une autre espèce d'alliance ou de liaison que Notre Mère a su faire encore, se son premier Ordre à celui de St. Benoit. C'est le respect tout particulier qu'elle fait rendre dans sa maison à la Très Sainte Vierge, Mère de Dieu, de la faire reconnaître pour abbesse; parce que l'on en fait de même dans cet Ordre des dix vertus, et cela ne se fait pas dans les maisons de St. Benoit" [17].
Rimane tuttavia il problema del perché Madre Mectilde giunga alla decisione di porre la Madonna al vertice dell'Istituto. Ferma restando la riflessione teologico-spirituale di Annamaria Valli in merito alla visione mectildiana della Madonna Abbadessa, si tratta di individuare le dinamiche che portarono la Madre alla decisione di adottare l’istituto giuridico-canonico in questione anche nella realtà benedettina da lei fondata, analizzare gli aspetti storico-istituzionali con cui quell'autocoscienza prese forma e diventò norma all’interno del monastero mectildiano e soprattutto cogliere il modificarsi della prospettiva tra il 1654 e il 1677, da una posizione meramente spirituale dell’atto di Rue Cassette, ad una decisamente più accorta ed attenta alla realtà politica ed ecclesiale dell’atto di Rouen.
Il testo sicuramente più utile in questa prospettiva è la Costituzione sul capitolo secondo della Regola di Benedetto sulle qualità e il ruolo dell’abate: Catherine Mectilde De Bar in queste righe affronta la questione dell’abbadessato della Vergine Maria miscelando sapientemente lo ‘spirituale’ al ‘temporale’, lasciando intuire le motivazioni contigenti che avrebbero potuto far maturare in lei tale decisione, là dove si dice che Maria è l’unica superiora, fatta eccezione per Dio stesso, in grado di preservare l’Istituto dalle occasioni di decadenza spirituale e quindi anche funzionale.
"Nous avons crü que pour mantenir en vigueur nostre Institut, rendre stable et permanante l'adoration perpétuelle que nous avons vouées au très saint Sacrement de l’autel, il n’y pouvoit avoir de moyen plus esficace que de le Confier entre les mains de La tres saincte vierge qui seule apres Dieu est Capable de le préserver des occasions de Relachement et dautres accidants qui pourroiênt alterer La sainteté quil doit avoir, la suppliant humblement au nom de toutes les ames qui y seront engagée de L'honorer de sa singulière protection, et que comme Elle a esté La premiere Adoratrice de nostre Auguste Mystere, et La plus parfaitte victime qui ait iamais esté sur La terre apres Iesus C son fils il luy plaise gratifier cette Institut de sa Conduitte en faire son ouvrage et retenir pô tousiours La qualité d'unique superieure perpetuelle de tout L'Institut en generalle, et de chasq. Monastères en particulier, à L'exclusion de qui que ce soit qui voudroit en usurper le Tiltre et en occuper la place ce qui ne se pouroit Faire sens encourir La Malédiction de Dieu et La disgrace de Cette Souveraine Princesse"
Fatta questa premessa, importante sia per giustificare l'esistenza dell'Istituto da un punto di vista carismatico, sia per allertare le monache in caso di eventuali 'attacchi' da parte del potere politico, la Madre indica le modalità dell'elezione e delle celebrazioni in onore della insolita Badessa:
"C'est pourquoy nous Establissons et statüons pour un point fondamentable et essentiel, qui ne pourra iamais avoir dans aucun de nos Monasteres de Superieure perpetuelle cette qualité appartient uniquement à La tres auguste Mère de Dieu, Comme il à esté desclarez par un acte authentique approuvée et Confirmé par les superieurs des Lorigine de nostre Institut lequel ne peut subsister que sous La direction de celle qui peut seurement choisir et Elever des victimes agreables à son Divin Fils Immolé sur L’autel et pour rendre cette statuë / ce statut Irrevocable, et en concerver la mémoir dans chacun de nos Monastères, tous les ans La M. P. en Renouvellera Lacte Publiquement au choeur en presence de toute la communauté selon Lordre porté au Ceremonial le Dimanche dans l'Octave de L’assomption de cette glorieuse Rayne des Anges et des hommes à l’issu de la grand'Messe chantée Solemnellement à son honeur[18].
Di fronte a questo brano l'indagine storica e quella teologica prendono vie diverse che ci fanno vedere la medesima realtà da due punti di vista diversi: se per la teologia spirituale è interessante rilevare che questa pagina è il frutto di una meditazione di anni e probabilmente anche di una grazia speciale, allo storico non può non sfuggire il tono che la madre utilizza nel redigere il testo in questione: è evidente lo stato di necessità di dover procedere all'elezione di Maria quale unica Abbadessa indicato dalla Madre stessa ("Pour mantenir en vigueur Notre Institut, et stabiliser l'Adoration perpétuelle du Très-Saint-Sacrement de l'Autel") e una motivazione della scelta della Vergine ("la très-sacrée et très auguste Mère de Dieu, qui est seule capable de le préserver des occasions de relâche et des autres accidents qui pourraient en tenir le lustre et altérer la sainteté qu'il contient"); a ciò si aggiunga anche una ironica polemica contro chi volesse sostituirsi ad una tale Superiora Generale ("à l'exclusion de qui que ce soit au monde qui voudrait en usurper le titre et occuper la place") incorrendo nelle relative 'sanzioni' ("ce qui ne se peut faire sans encourir la malédiction de Dieu et la disgrâce de cette souveraine Princesse").
I messaggi che la Madre manda attraverso il testo non sono poi troppo criptati, ma al limite dell'esplicito: vi è il fondato timore che qualcuno possa arrivare a controllare l’Istituto e governarlo. La breve esperienza della Congregazione, aveva comportato una graduale conquista del vertice da parte di quegli ambienti ecclesiali e nobiliari decisamente ostili alla ‘romanità’ della De Bar, più vicini alla corona e dunque orientati in senso gallicano. Non a caso il capitolo delle Costituzioni relativo all'abbadessato di Maria, si conclude con una dichiarazione molto importante da un punto di vista storico e giuridico; in esso, infatti si prevede che nessun monastero nato nell'Istituto possa essere innalzato al titolo abbaziale. Qualora un'abbazia venisse successivamente accorpata all'Istituto, si indirizzerà alla comunità una dichiarazione che dovrà essere controfirmata dalla Priora e dalla comunità in cui si stabilisca che da quel momento in quel monastero non potrà esserci altro superiore perpetuo al di fuori della "tres immaculé mere de Dieu"[19].
Vi è un duplice ordine di timori che conduce Madre Mectilde a questa conclusione: la prima è il timore che il diffuso istituto della commenda possa intaccare anche le ‘sue’ Benedettine; il secondo (conseguenza del primo) è il timore che dallo snaturamento giuridico ne consegua uno spirituale.
Come si è avuto modo di vedere già più volte nel corso della trattazione, è evidente la matrice tridentina dell'intera riforma mectildiana in ogni suo aspetto. Per ciò che concerne il governo in generale (e l'abbadessato di Maria in particolare) è interessante leggere in parallelo le costituzioni mectildiane e le Regole del Borromeo sulle claustrali che furono il punto di riferimento in materia per tutta la Chiesa e per molto tempo. Nel capitolo intitolato Delle Superiori, et altre Officiali de' monasteri colpisce il passo in cui si dice:
"Nissuna Monacha ambisca, overo in modo alcuno direttamente o indirettamente, per se, overo col mezzo d'altre, cerchi honori, overo uffici di qualonche sorte del suo Monastero, sotto pena di dire, et essa, e le sue fautrici in Capitolo sua colpa della loro ambitione, baciando per tre Venerdì la terra dinanzi piedi di ciascuna Monaca"[20].
La particolare situazione francese sembra aver indotto la Madre ad una interpretazione estrema e restrittiva del dettato conciliare: nel frangente mectildiano anche la carica abbaziale (non certamente in quanto tale, ma per la sua alterazione storica) come vedremo, sembra essere considerata una pericolosa occasione di ambizione, di vanagloria e quindi di rovina per l'Istituto.
Particolarmente ricorrente nella sensibilità mectildiana circa l'Istituto è, infatti, il tema del relachement (o relâche), ovvero la paura del rilassamento dell'osservanza della Regola e delle Costituzioni e, più in generale, della 'mondanizzazione' della spiritualità monastica: nelle Costituzioni nel capitolo intitolato De la reverance deuë à Loraison a proposito dell'adorazione perpetua così ammonisce la Madre, circa il tema in questione, arrivando addirittura a prevedere sanzioni discilplinari:
"[…] qu'aucune n'ait la temerité d'en rien relâcher ou diminuer n'estant permis à personne en nul façon, ny sous quelque pretexte que ce puisse estre, directement ou indirectement par soy mesme ou par autruy, en tout ou en partie, de demander, proposer, procurer La rechâche, ou diminution de ces […] points, Si quelqu'une Fait au Contraire, Elle se rendra Coupable d'une tres Rigoureuse Faute et dez Lors quelle en sera Coinvancuë, Elle sera declarée Incapable de touttes charges et offices du Monastere; privée pour tousiours de voix active et passive et punie dautres peines au Iugement des superieurs"[21]
In un testo datato 30 aprile 1695 tratto dagli Entretiens familiers, la Madre, in un’esortazione fatta nell’ambito del capitolo delle colpe, fornisce una chiave di lettura a quanto si legge in merito nelle Costituzioni. Di seguito alcuni stralci tratti dal brano citato:
“Mes Soeurs, l’Institut est fait pour nous. Prenez bien garde de le laisser tomber, soyez sur vos gardes, ne vous relâchez pas dans toutes les saintes pratiques qu’il contient, mais surtout prenez garde que le zèle que vous devez avoir pour l’adoration ne se ralentisse pas en vous. Demandez à la très sainte Mère de Dieu la grâce de bien remplir vos obligations et qu’elle vous obtienne l’esprit de nostre Institut, car c’est elle qui l’a inventé, qui l’a présenté à son divin Fils.
La Madre, poi, comincia a lasciare intendere, utilizzando un tono profetico, quali siano i pericoli in agguato per una fondazione religiosa, non frutto di un'idea umana, ma scaturita direttamente dalla volontà di Dio:
Oui, mes Soeurs, l'Institut est une invention de cette Mère de bonté. Je sais comme cela s'est passé, j'en vois l'heure, le moment, et l'action qu'elle a fait pour cela. Ce sont des secrets qui ne me sont pas permis de dire. Encore une fois mes soeurs, soutenez avec rigueur un si saint Institut que Notre Seigneur a fait pour vous, ne le laissez pas tomber. Je sais qu'il sera combattu et persecuté, même par des bonnes gens qui le feront passer pour une chose imaginée, etc… Mais il triomphera n'étant pas l'ovrage de l'esprit humain mais de celui de Dieu. C'est son doigt divin qui l'a fait, c'est lui qui l'a produit dans l'Eglise. Nous sommes présentement dans l'humiliation, comme vous savez, mais courage, mes Soeurs, regardons-nous comme le grain de froment qui pourrit, ainsi que notre Seigneur le dit dans l'Evangile, demeurons cachées et anéanties autant qu'il plaira à Dieu. L'Institut éclatera un jour et persévérera jusqu'à la fin des siècles, c'est ce qu'un serviteur de Dieu m'a assuré […].
Il discorso, poi, sembra calarsi sempre di più in una situazione particolare non esplicitata grazie alla domanda, non certamente casuale, posta da una monaca alla Madre:
"Une religieuse lui dit: «Mais ma Mère, si nous avions une supérieure qui voulût mettre le relâche que ferions-nous?» Elle lui répondit: «La très sainte Mère de Dieu ne permettra pas que vous ayez des supériures autres que comme il faut. Mais il y aura toujours des suppôts du démon qui travailleront à détruire l'oeuvre du Seigneur, ou à diminuer sa sainteté. C'est une de mes peines, et que j'ai eue dès les commencements. J'ai tant demandé cette grâce qu'il ne se trouve point de ces sortes de gens dans le troupeau des victimes, mais dans les plus saintes compagnies il s'en trouve toujours quelqu'une. Voyez dans les histoires des saints, une sainte Fare n'a-t-elle pas eu la douleur de voir deux misérables réprouvées parmi ses saintes filles? Et tant d'autres! Et dans le collège de Jésus, n'y a-t-il pas eu un Judas?»"
A questo punto, la Madre, ricollegandosi a quanto detto in apertura, confessa di aver ricevuto spesso proposte volte a mitigare l'austerità dello stile di vita delle Benedettine dell'Adorazione Perpetua, in cambio di un grande successo (soprattutto dal punto di vista delle vocazioni) dell'Istituto:
"Je ne vous saurais assez dire, mes Soeurs, de veiller sur vous pour vous garantir du relâche; l'on pourrait peut-être à la suite trover trop d'austérités, que l'abstinence, le jeune, etc…ne sont pas supportables dans ces temps-ci, et que le corps étant mieux sustenté serait plus en état de soutenir l'adoration perpétuelle. C'est la proposition que l'on m'a tant fait de fois en nous établissant, mais donnant des prétextes que si nous n'étions pas si austères et que l'on fit la règle mitigée, que l'on recevrait beaucoup plus de sujets, et qu'ainsi l'Institut s'amplifierait et se multiplierait de beaucoup plus. J'ai toujours répondu à toutes les personnes qui me portaient à la mitigation que je n'y pouvais pas consentir, et qu'il valait mieux nous en tenir et demeurer à ce que nous avions déjà professé, que les sujets qui se présenteraient dans l'Institut, étant bien appelés de Dieu, recevraient grâce pour en soutenir."[22]
Anche dalla pagina appena vista, appare dunque evidente, che l'osservanza monastica è il frutto sia dell'impegno quotidiano delle religiose, sia di una speciale grazia divina che si traduce proprio nel governo di Maria; tale grazia, garanzia contro il relachement, si presenta anche come una ricompensa per quell'impegno e quella dedizione mostrati dalle monache nel rispettare fedelmente la Regola, le Costituzioni e il carisma specifico dell'Istituto come la stessa Madre ricorda nel testo delle Costituzioni, concludendo la parte dedicata all'abbadessato di Maria:
"Elles sestimeront heureuse davoir pô premiere superieure Celle qui porte La precieuse aulité de Fille du Pere Eternel, de mere du Verbe Incarné, et d'espouse du sainct Esprit, et qui par ces Glorieux Tiltres leurs obtiendra aupres de Dieu toutes sortes de graces et de Benediction si Elles sen randent dignes par une Fidelle Cooperation"[23].
Tuttavia il pragmatismo mectildiano non si limitò a risolvere la questione del governo del monastero in un modo così spiritualmente elevato, ma poi complicato nella gestione quotidiana di una comunità. Ecco allora che la Madre attraverso il testo normativo prevede l'esistenza di "une personne qui preside et conduise au nom et en L'Esprit de nostre seigneur et de sa tres saincte Mere"[24]: la Madre Priora.
Essa è eletta ogni tre anni dalla comunità ed è la garante visibile dell'osservanza, colei che tiene il posto di Maria[25], che deve animare, vivificare, ma anche correggere (e all'occorrenza punire) le monache che si rendessero responsabili o complici di relâche.[26] Ben trenta paragrafi del relativo capitolo delle Costituzioni regolano la sua elezione e definiscono il suo profilo giuridico e spirituale, cercando di non lasciare vuoti che possano far scaturire ambiguità nell'interpretazione del testo normativo, come per esempio nel caso della rieleggibilità alla carica o della sua vacanza[27].
Essa, comunque, salvo per non aver ricevuto la benedizione abbaziale e le relative insegne, ha gli stessi poteri di una badessa, è chiamata dalle monache con l'appellativo, tutt'oggi utilizzato, di Notre Mère (anche nella sua discutibile versione italiana di 'Nostra Madre') e nell'attuale ordinamento canonico gode del rango di superiore maggiore.
Nell'organigramma del monastero mectildiano, dopo la Madre Priora, vengono gerarchicamente la Madre Vice Priora e le quattro Discrete che insieme compongono il consiglio della Madre; tutte le cosiddette ufficiali, sono scelte dalla Madre Priora così come i classici incarichi per la quotidiana gestione del monastero[28].
Quanto alla Vice Priora, leggendo i sei paragrafi dedicati al suo profilo nell'ambito della costituzione sul capitolo sessantacinque della Regola, ci si accorge che il suo ruolo è quello normalmente attribuito ad una Priora là dove questa sia sottoposta ad una Badessa. La Vice Priora, che è la prima delle discrete, infatti ha una funzione, oltre che vicaria e ausiliaria rispetto all'ufficio della Priora, essenzialmente disciplinare: essa deve garantire il rispetto nei confronti della Priora, l'osservanza del silenzio, degli orari, della preghiera, e degli appuntamenti comunitari come il capitolo, l'ufficio divino e il refettorio. Ma se questi incarichi sono facilmente riscontrabili nell'esercizio delle funzione di una qualsiasi vicaria monastica, ad essa le Costituzioni delle Benedettine dell'Adorazione Perpetua attribuiscono un incarico tipico dell'Istituto:
"Une des principalle obligation Sera de soigner que les heures d'adoration soient remplies Elle les Fera distribuer tous les mois, Veillant aussi que chacune Fasse la Reparation à son tour autant quil sera possible, et qu'aucune des Soeurs ne Sem dispence qu'avec La permission de La m. Prieure"[29]
Appare dunque chiaro anche da quest'ultima osservazione come l'intero impianto delle Costituzioni sia animato da una triplice dinamica: da un lato è chiaro il tentativo di inserirsi a pieno titolo nell'alveo della tradizione monastica benedettina femminile, dall'altro vi è l'esigenza di conciliare la tradizione con le variabili istituzionali richieste dallo specifico carisma dell'Istituto, dall'altro ancora vi è l'accortezza di muoversi in un contesto politico ed ecclesiale come quello della Francia del XVII secolo, senza alterare i delicatissimi (talvolta precari) equilibri che regolavano i difficili rapporti tra i diversi soggetti gestori di una quota di potere.
A chi – e sono ancora molti anche all'interno del mondo benedettino - vede nella riforma operata da Catherine Mectilde De Bar una indebita aggiunta o un'alterazione della Regula Benidicti, si può rispondere che un'attenta analisi degli scritti, dei fatti e delle circostanze, fuga ogni perplessità in materia, facendo invece emergere una matura espressione di realismo storico da parte della Madre: la De Bar, infatti, sa distinguere all'interno della Regola ciò che è immutabile e pertiene alla spiritualità di quel testo, da ciò che è storico e contingente. Quel testo, redatto più di mille anni prima, è per Madre Mectilde ancora vivo e attuabile anche nella Francia del XVII secolo, valutando tuttavia con attenzione il contesto storico, politico e sociale. Una lettura ottusamente letterale e di corto respiro rischierebbe, per Madre Mectilde, di alterare più di ogni altra cosa, il messaggio della Regula Benedicti e di non farne risaltare lo splendore.
Questo è l'intento principale di Catherine Mectilde De Bar e più di trecentocinquanta anni di storia dell'Istituto (cento dei quali anche qui a Ghiffa), sembrano proprio averle dato ragione.
[1]Copie de l'acte fait par les religieuses Bénédictines du Saint Sacrement, par lequel elles ont dédié leur maison à la très sainte Mère de Dieu pour en être la Supérieure in Catherine Mectilde De Bar, Document Biographique. Écrits spirituels 1640-1670, Rouen, Bénédictines du Saint-Sacrement, 1973 (di seguito DH), p. 297. Il francese utilizzato nei testi riportati in tutta la presente trattazione è spesso quello originale con l'ortografia, la grammatica e la sintassi del tempo in cui fu redatto
[2] Sulla questione del linguaggio varrebbe la pena soffermarsi un istante e riflettere per cercare di eliminare, o quanto meno limitare, gli effetti dannosi di certi superficiali luoghi comuni sullo stile letterario e il registro linguistici del '600 francese in particolare. Spesso si sente dire che è necessario 'sfrondare' quel linguaggio da una presunta ampollosità ed eccessiva ricercatezza per pervenire più speditamente al contenuto, al 'vero' senso delle parole e all'intenzione dell'autore. Una tale operazione oltre che essere dannosissima e rischiosa da un punto di vista puramente estetico e letterario, è manifestamente irrazionale: forma e contenuto in quei testi sono indisgiungibili. Il registro, il tono e lo stile sono parte integrante di quelle parole e in qualche modo ne sono anche l'anima e non già solo il veicolo. Come dimenticare a tal proposito l'attività omiletica di Bossuet (si veda Jacques Bénigne Bossuet, Oeuvres, Paris, Gallimard, 1961) : lunghi sermoni, la cui lettura su un testo cartaceo certamente non rende giustizia; sfugge tutta quella 'teatralità' che era parte integrante dell'opera e che sortiva un efficace effetto comunicativo. Data l'importanza del messaggio che doveva passare, si ricorreva ad una serie di tecniche uniche dal punto di vista della comunicazione: il tono della voce, rivolgersi anche con il corpo verso il crocifisso chiamando Cristo 'Sire', le pause, la gestualità, la personificazione degli elementi (per esempio la terra del Golgota). Tutto ciò, oltre che attrarre l'attenzione dell'uditorio, costituiva anche una implicita ed immediata catechesi sull'esistenza di Dio col quale si parlava a tu per tu, evitando la mediazione filosofica non accessibile ai più. Il sostantivo 'comunicazione' ha assunto per noi una valenza troppo spesso appiattita sull'aspetto informatico e delle telecomunicazioni, che tende ad identificarla con i 'mezzi di comunicazione', non rendendo giustizia a chi secoli addietro ha abbondantemente ed efficacemente comunicato anche senza sofisticate apparecchiature. Quanto alla nostra difficoltà ad affrontare un certo tipo di linguaggio, ritengo che essa sia fisiologica e comprensibile: è cosa risaputa nell'ambiente delle Benedettine dell'Adorazione Perpetua del SS. Sacramento che anche Madre Marie-Véronique Andral, prima e grande studiosa di Catherine Mectilde De Bar, all'inizio del suo iter monastico, provasse addirittura repulsione per il linguaggio mectildiano soprattutto per ciò che riguarda il concetto di 'vittima'. Quanto poi all'autocompiacimento o alla vanagloria del predicatore, oltre che essere difficilmente verificabile, non è un problema che interessa l'indagine storica, né tanto meno quella teologica o quella letteraria.
[3] Nel testo si dice anche “Recevez-nous donc très saincte et très aimable Mère de Jesus, comme vos esclaves, vos filles et vos servantes”. Tali espressioni corroborano la prospettiva spirituale del testo, soprattutto se lette alla luce della successiva spiritualità monfortana, strettamente legata a quella mectildiana. Ricordiamo infatti che Louis Grignion de Monfort fu assistito dalle monache di Rue Cassette lungo tutto l’anno 1702 (quattro anni dopo la morte della De Bar) e continuò a frequentare il monastero anche successivamente in quanto la sorella Louise Guyonne-Jeanne venne accettata come religiosa in quelle comunità. Monfort quindi non incontrò mai Madre Mectilde, ma ebbe frequenti e stretti contatti con la Priora di Rue Cassette Madre Marie-Bénédicte del SS. Sacramento, già fedele segretaria della Fondatrice. Si veda Marie-Cécile Minin, Spiritualità mectildiana e monfortana, eco e risonanza mariana, in DA XCVI(2005), n.3, pp. 32-38. Espressioni simili ricorrono già nel 1663 nella preghiera n. 2411 (Catherine Mectilde De Bar, Anno liturgico e santità, Milano, Glossa, 2005, pp. 241 – 243) come anche risulta dall’analisi che Annamaria Valli ha fatto di quel testo sulle pagine di “Ora et labora”, 1988, n. 2, pp. 83-93
[4] Professa del monastero di Rambervillers, fa parte del piccolo gurppo di rifiugiate a Saint Mihiel nel 1642. M. Mectilde ottienne che sia ricevuta nell'abbazia di Saint -Cyr, vicino a Versaille, poi a quella di Vignas. La ritroviamo a Saint- Maur des Fossés dal 1643 al 1646 e accompagna M. Mectilde a Caen in qualità di maestra delle novizie, dal 1647 al 1650. Rientra con la Madre a Rambervillers. Firma alcuni documenti in qualità di vicepriora fino al 1666. Nei DH si parla anche di una sua visione mistica in merito all'Istituto (LI, p. 133, nota 2 e DH, p. 167)
[5] Riporto il testo in italiano tratto dalla pregevole recente antologia curata da Giorgio Bertolini, Anno liturgico e santità. Santità di Dio e santità di Tutti i santi. Feste degli Angeli e della Beata Vergine Maria, di san Giuseppe, dei Santi Monaci, san Benedetto e santa Scolastica, Milano, Glossa, 2005, pp. 210 – 211.
[6] Ivi, pp. 32-33. Di seguito si vedrà come l’uso di donare ai poveri la quantità di cibo destinata alla Vergine, fosse già in uso presso il monastero di Beaumont-lès-Tours guidato da Anne de Béthune.
[7] DH, p. 99
[8] Jean Leclerq nel suo articolo Notre-Dame Abbesse, (in AA.VV., Priez sans cesse. 300 ans de prière, Paris, Desclée de Brouwer, 1953, pp. 54 - 174,a p. 175 riporta il seguente testo che la successiva analisi critica ed archivistica non ha ritenuto autentico, ma che tuttavia era pur sempre il frutto, seppure provvisorio, dell’accurato lavoro di uno studioso del calibro di Leclerq: Très Auguste Mère de Dieu,Prosternées humblement à vos pieds, au nom de toute la Communauté présente et à venir nous Renouvelons Aujourd’hui et pour toujours, l’Election Volontaire et Solennelle que nous avons faite de votre Sainte Majesté, pour la Généralisime de notre Institut, et la Supérieure perpétuelle de ce Monastère; Sans que cette Election se puisse Jamais révoquer, ny que cette place et cette qualité puisse être Usurpée par aucune Créature que ce soit, protestant à la face du Ciel et de la terre de n’en admettre jamais d’autre commandez et disposez de tout le temporel et le Spirituel de ce Monastère comme vous appartenant sans réserve”.
[9] Sull'origine di tale decisione nel cammino spirituale di M. Mectilde, ecco l’analisi di Annamaria Valli: "La storia dice che durante quella Messa, in una situazione di semplicità esterna ma interiormente ricca di lucidità […] M. Mectilde ebbe una visione. Lei stessa lo racconterà, molti anni dopo – precisamente nel 1683/4 - al p. François Guilloré SJ, che a quell’epoca abitava nella casa di noviziato dei gesuiti di Parigi e che dedicherà tempo ed ascolto alla Madre e alla comunità. Dal racconto, che M. Mectilde fa, annotato poi da Guilloré nelle sue Mémoires, risulta che: «Durante la Messa solenne […] M. Mectilde del santissimo Sacramento fu rapita in spirito durante il tempo della consacrazione e all’elevazione della santa Ostia le fu mostrato come la santa Madre di Dio cominciasse ad esercitare le sue qualità di Madre ed abbadessa dell’Istituto. Questa Madre di misericordia presentò in quel momento a nostro Signore Gesù Cristo, presente sull’altare, questa casa che nasceva e tutte le anime che erano lì per ottenere dalla divina Maestà la sua benedizione, allo scopo che, per essa, quel piccolo numero di vittime si moltiplicasse al centuplo. Nostro Signore ricevette questa offerta dalla sua santa Madre e le disse che l’aveva molto gradita e che prendeva in essa le sue compiacenze» (ms.Vrs IV/2 p. 131). Si veda: Annamaria Valli, Catherine Mectilde de Bar fondatrice delle Benedettine del Santissimo Sacramento nella Francia del XVII secolo, Milano, Monastero San Benedetto, pro manuscripto, p. 12
[10] François Rousseau, Un promoteur de l’érudition française bénédictine: dom Grégoire Tarrisse, Premier Supérieur Général de la Congregation de St. Maur, Lille, Desclée, 1924. Sui rapporti fra Benedettine dell’Adorazione Perpetua e maurini si veda Jean LECLERQ, Una scuola di spiritualità benedettina: le Benedettine dell’Adorazione Perpetua, in Catherine Mectilde De Bar, Non date tregua a Dio. Lettere alle monache 1641-1697, Milano, Jaca Book, 1978, pp. 11-34, part. pp. 14-17
[11] Sulla spiritualità mariana della De Bar, si veda Marie-Cécile Minin, Le message marial de Catherine de Bar, Mère Mectilde du Saint Sacrement, Téqui, 2001, pp. 67-70 e Francesco Franzi, Maria SS. «Unica e perpetua abbadessa» dell’Istituto delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua del SS. Sacramento, in Atti del Convegno di spiritualità monastico-Eucaristica, Monastero SS. Trinità, Ronco di Griffa (VB), 1980, pp. 132-143. Di particolare pregio a tal proposito è la già citata recente pubblicazione dell’antologia curata da Giorgio Bertolini, Anno liturgico e santità. Santità di Dio e santità di Tutti i santi. Feste degli Angeli e della Beata Vergine Maria, di san Giuseppe, dei Santi Monaci, san Benedetto e santa Scolastica, cit.
[12] A tal proposito le monache di Rouen curatrici dell’edizione dei DH, tengono tuttavia a sottolineare come la paura della commenda non sia stata l’unica e principale motivazione a spingere la Madre ad assumere l’istituto dell’abbadessato di Maria all’interno dell’Istituto delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua. Si veda DH, p. 99, nota 16.
[14] Si veda Véronique Andral, nel suo articolo Mère Mectilde, bénédictine de son temps, in “Collectanea Cisterciensia”, 54 (1992), pp. 250 -258, in part. 263.
[15] Année Bénédictine, tome III
[16] Véronique Andral, Mère Mectilde, bénédictine de son temps, cit., p. 263.
[17] DH, p. 185.
[18] COST, cap. II, par. 1
[19] COST, cap. II, par 7. Ancora a tal proposito, le Costituzioni, contemplano il caso dell'elezione alla carica priorale, di una monaca esterna alla comunità e munita di dignità abbaziale: "Nos soeurs ne pourront Elire pour prieure que des Rses. De L'Institut, et il ne leur est pas permis de porter iamais La qualité d'abbesse ou de prieure perpetuelle Soit dans le Monasteres de L'institut ou aillieurs" (COST,cap. LXIV, De Lelection de La Mere Prieure, par. 29).
[20] Regole appartenenti alle monache cavate dai concili provinciali di Milano, fatte volgari, e ridotte in un corpo, sotto i titoli del primo, di commissione dell'Illustrissimo e Reverendissimo Monsignore il Cardinale di Santa Prassede, Arcivescovo, in Ratti Achille (a cura di), Acta Ecclesiae Mediolanensis ab eius initiis usque ad nostram aetatem, 4 voll., Milano, San Giuseppe, 1890 – 1897, vol. III, coll. 321 – 359, in part. col. 323.
[21] COST, cap. XX, par. 3.
[22] EF, pp. 80-86. Il brano citato, risentirebbe molto dal punto di vista dei contenuti, dei fatti collegati all'anno 1696 e cioè la problematica fondazione del monastero di Dreux (dove la popolazione in un primo momento si era opposta all'insediamento delle Benedettine di Madre Mectilde e all'accorpamento all'Istituto del locale monastero, nonostante il parere favorevole del signore locale, il Duca di Vendôme) la fine dell'esperienza della congregazione monastica e più in generale i mutati rapporti tra Chiesa e Stato in Francia; a proposito della fondazione di quel monastero possediamo due ordini di fonti in grado di darci notizie importanti, ma anche di porci qualche interrogativo su quale sia la versione attendibile. Ci limitiamo in questa sede a riportare i due testi in questione: la prima è tratta da Anonimo, Catherine de Bar. Mère Mechtilde du Saint Sacrement, Montauban 1922, p. 164: “En 1674, la Mère Mechtilde, sollicitée de fonder un monastère a Dreux, is'était adressée, pour répondre à cette demande, à la maison de Toul, qu'elle appelait «la pépinière de l'Institut ». Le 30 mai, cinq religieuses arrivaient à Paris pour apprendre qu'on imposait a leur établissement des conditions onéreuses. La Fondatrice, ne pouvant accepter, allait les renvoyer en Lorraine, mais les évènements politiques l'en empêchèrent ; les soldats allemands occupaient l'Alsace, et les mouvements de troupes a l'est de la France rendaient le voyage dangereux. Mgr de Harlay, archevêque de Paris conseilla a la Mère Mechtilde de placer ses religieuses dans une maison de la capitale, où elles vivraient selon leur Règle”. La seconda fonte è Bénédictines du St. Sacrement - Roeun, Catherine de Bar 1614-1698 Mère Mectilde du Saint –Sacrement. Une âme offerte à Dieu en Saint Benoît, Paris, Téqui, 1998, p. 262. “Nos Soeurs de Dreux, dont le couvent avait été originairement fonde a Anet (Eure-et-Loir), en 1640, puis transféré a Dreux, firent appel a Mère Mectilde dès 1680. L’Adoration perpétuelle est inaugurée, le 23 février 1696. Elles obtinrent leurs lettres patentes en 1701. A la suppression du couvent en 1792, on note la présence de douze Soeurs de choeur et une Soeur converse qui mourut le 2 juin 1796. Il semble que ce monastère ait toujours connu une très grande pauvreté. Les religieuses étaient originaires de Paris, ou de Dreux méme et de la région. La mère Prieure, Mère Saint François d'Assise (Nicole Tertre), baptisée a la paroisse Saint-Jacques-du-Haut-Pas a Paris, le 7 octobre 1729, était Prieure depuis seize ans quand elle se retira a Versailles. C'est a elle que les moniales du second monastère de Paris, Saint-Louis-au-Marais, feront appel lors de leur réunion en 1802. Elle sera leur Prieure jusqu'à sa mort en 1816”.
[23] COST, cap. II, par. 3.
[24] COST, cap. II, par. 4. La Costituzione relativa al capitolo LXIV afferma: "Les Monasteres de nostre Institut estant sous La Iuridiction de nos Seigneur les Evesques Ils ont droit dy Faire La Visitte, et toutes Les autres Fonction de Superieur; mais Comme Ordinairement ils ne peuvent prendre se soin par eux mesme, chaque Monastere Fera election touts les trois ans d'une personne pour y avoir recours dans le besoin, sous L'authtorité de Levesque du Lieu". Il Vescovo dunque non sarebbe, stando al testo delle Costituzioni, da considerarsi un vero e proprio superiore del monastero; si parla infatti solamente di una Iuridiction sotto la quale la comunità è posta. Si specifica inoltre che la sua presenza ufficiale nella comunità (attraverso anche il suo assistente) non sia un evento ordinario, ma pour y avoir recours dans le besoin. Alla sua elezione, al suo ruolo, ai suoi compiti e ai suoi spazi sono dedicati ben diciotto paragrafi che ne definiscono in modo estremamente puntuale (anche per salvaguardare l'autonomia della comunità). COST, LXIV, parr. 1-18. La materia è attualmente regolata dal canone 615 del Codice di Diritto Canonico che recita: “Monasterium sui iuris, quod praeter proprium Moderatorem alium Superiorem maiorem non habet, neque alici religiosorum istituto ita consociatum est ut eiusdem Superior vera protestate constitutionibus determinata in tale monasterium gaudeat, ad normam iuris peculiari vigilantiae Episcopi diocesani committitur” (CIC, can. 615)
[25] Copie de l'acte fait par les religieuses Bénédictines du Saint Sacrement, par lequel elles ont dédié leur maison à la très sainte Mère de Dieu pour en être la Supérieure, DH, p. 297
[26] COST, cap. II, par. 6; cap. LXIV, De Lelection de La Mere Prieure, parr. 1-30.
[27] COST, cap. LXIV, De Lelection de La Mere Prieure, parr. 26-28.
[28] COST, cap. LXV, parr. 1-8. Il par. 2 ci fornisce un elenco degli incarichi utile per definire l'organigramma del monastero: "Souprieure, Maïtresse des Novices, Discrettes, Celleriere, Depositaire, Secretaire du Chapitre, Sacristines, tourriere portieres, Infirmieres, Despensieres". A seguito delle ultime revisioni delle Costituzioni, molti uffici scelti fino a quel momento unicamente dalla Priora secondo il dettato costituzionale, sono stati in parte resi anche elettivi come nel caso delle Discrete: su quattro attualmente, due sono scelte dalla Madre e due sono elette dalla comunità. Stessa cosa dicasi per le ufficiali (e tutti gli incarichi della comunità): sono scelte dalla Madre Priora, ma con il parere consultivo delle Discrete e dell'intera comunità.
[29] COST, cap. LXV, par. 3.