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Deus absconditus, anno 102, n. 2, Aprile-Giugno 2011, pp. 51-55
Sr. Maria Cecilia La Mela osb ap *
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi in una conferenza di madre Mectilde de Bar
La conferenza di madre Mectilde de Bar per la festa del Santissimo Sacramento del 1693, può essere divisa in due parti contrassegnate la prima dal riferimento a Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, e la seconda a Santa Maria Egiziaca e alla Beata Angela da Foligno. Una conferenza di “fuoco” avvalorata dall’esempio di tre donne “accese” d’amore con le quali la nostra Fondatrice si identifica in sintonia di spiritualità e ardore femminile. Ci soffermiamo, tuttavia, sulla prima parte della conferenza nella quale madre Mectilde ci presenta la carmelitana Santa Maria Maddalena de’ Pazzi sintetizzandone in poche battute l’ardente “fiamma” mistica: «Eccoci giunte alla nostra grande festa, alla nostra più augusta solennità: quella in cui Gesù Cristo con bontà tutta divina, si dona a noi; questa è la grazia più eccellente che possiamo ricevere dalla infinita liberalità di Dio, poiché è lui stesso che si dà a noi tutto intero, senza alcuna riserva, nell’adorabile sacramento dell’altare, per essere il nostro nutrimento e venire ad infiammarci del suo amore. Se fossimo proprio penetrate dalla dignità e grandezza di questa grazia, se avessimo la fede di una Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, grideremmo sempre: al fuoco! Ah, sorelle mie, come è divino questo fuoco! O fuoco sacro, prezioso fuoco che porti tanti ammirevoli effetti nelle anime nostre!»[1].
Ed è sul tema del fuoco che voglio incentrare per lo più il confronto tra queste due grandi mistiche accomunate da un grande amore all’Eucaristia e una intensa pietà mariana. Dunque, dalla conferenza, risulta chiara una precisa conoscenza che madre Mectilde aveva di questa grande carmelitana. Santa Maria Maddalena (Caterina de’ Pazzi) nacque a Firenze nel 1566 e morì nel Carmelo fiorentino di Santa Maria degli Angeli nel 1607. La sua esistenza fu caratterizzata da esperienze mistiche davvero sorprendenti che, tuttavia, non tolsero spazio alla normale quotidianità che, comunque, conservava sempre lo spessore dell’incontro straordinario e intimo con il Signore.
È spontaneo chiedersi in che modo madre Mectilde sia venuta a conoscenza di questa santa e delle sue opere che di certo ha letto con interesse ed entusiasmo. È certo che dopo la canonizzazione, avvenuta nel 1669 con Papa Clemente IX, il pensiero di Santa Maria Maddalena si irradia più nella Francia del Grand Siècle che in Italia stessa, dando una risposta a quella particolare spiritualità che cercava di conciliare la dimensione della fede con quella di un amore puro. Nella Francia del XVII secolo ben venti pubblicazioni sulla Santa fiorentina ci lasciano intravedere quanto grande fosse il consenso attestatole.
Bastano poche frasi per evidenziare una forte somiglianza tra la spiritualità di Santa Maria Maddalena e quella della nostra madre Fondatrice. Secondo la carmelitana fiorentina la purità si può acquistare con “l’umiltà e l’annichilazione”, ovvero l’annientamento di sé che permette di scendere fino al “centro del proprio niente”. È quell’atteggiamento esistenziale che «si acquista in nulla essere, in nulla intendere, in nulla sapere, in nulla fermarsi e in nulla volere; è necessario che l’anima, la quale vuole avere e possedere in sé questa purità, sia del tutto morta e veramente come insensata e fuori di se stessa, che non abbia né intendere, né sapere, né volere alcuno»[2]. Scrive madre Mectilde: «Che felicità aver trovato il centro del proprio niente! Non sono più nella luce né nell’orazione, non so più cosa significhi essere interiore, non so più cosa sia grazia o favore, non so più desiderare niente, la mia anima è divenuta stupida, non ha più nessuna inclinazione: cielo, terra, vita, morte, è la stessa cosa. Non so più niente se non lo stesso Niente. O beato niente! Ecco tutto quello che ne posso dire» [3].
Così continua madre Mectilde nella sua conferenza: «Qual è il progetto di Dio nell’inviarci questo fuoco divino? È che bruci. Bruciare che cosa? I nostri cuori. Non consumerà le cose esteriori, come il fuoco materiale: questo fuoco adorabile vuol consumare soltanto i cuori»[4]. E Santa Maria Maddalena de’ Pazzi che era solita contemplare la Santissima Trinità come “un ardentissimo fuoco” racconta: «Vedevo dal Costato di Gesù anzi nel Cuore, una grandissima fornace d’amore, che di continuo mandava saette e per questo essa era posta in razzi infocati nei cuori dei suoi eletti, e tanto era la grandezza e preziosità di quell’anima, e l’amore che Dio infondeva in lei e essa cooperando a esso amore, riamava Dio d’amor puro [...] Vedevo lo Spirito Santo stare in continuo moto, per dire a nostro modo, non però che egli si movesse donde era; ma vedevo che esso continuamente mandava razzi, frecce e saette d’amor puro nei cuori delle creature»[5].
Nella Bibbia la manifestazione divina attraverso il fuoco è una delle immagini più intense in quanto esprime una realtà ineffabile e difficile da rendere a parole. Esso è il simbolo più frequente per indicare l’essenza della divinità. Sul monte Horeb Mosè è attratto dallo spettacolo del roveto ardente, arso ma non consumato dal fuoco. Il monte Sinai fuma sotto il fuoco che l’avvolge senza tuttavia crollare, perché il fuoco divino arde non per distruggere ma per purificare. Di Elia viene detto che è il profeta di fuoco e con il fuoco Dio consuma le offerte stipulando, a partire da Abramo, sempre nuovi patti con il suo popolo e così via. E Gesù nel Vangelo non ci dice che è venuto a portare il fuoco sulla terra e desidera ardentemente che esso bruci? Il fuoco è simbolo della fede, ma anche dell’amore ardente, della ricerca ansiosa e accesa dello Sposo, di quell’amore puro che non accetta la presenza di scorie e le brucia così come l’oro purificato nel crogiuolo.
Di qui l’accorata preghiera di Santa Maria Maddalena «Vita vitale, dolce e amabile! O amore, vieni ad abitare dentro al mio petto. Accendimi tutta di te, sì che amar ti possa. Vieni amore. O amore, se tu ti riposi in quelli che cercano l’amore e l’onor tuo, che mai altro io cerco? Perciò affretta il passo, e vieni amore!»[6] cui potrebbe far eco quella di madre Mectilde: «Dio mio, siete il fuoco che brucia: ma dove sono i cuori che si presentano per essere infiammati? […] Qual dolore, sorelle, vedere che questo fuoco divino produce così poco effetto in noi! Sì, Gesù Cristo nostro Signore nel Santissimo Sacramento è un fuoco divino e deve infiammare i nostri cuori!»[7].
C’è un motore che muove la ricerca di Dio ed è appunto questo fuoco-amore. Evidente è l’influsso di Sant’Agostino, “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”, sul pensiero di Santa Maria Maddalena che lo venerava come suo speciale Protettore: «Creati da Dio per amore e con amore, è per tale via che dobbiamo ritornare a lui […] O felice quell’anima che sta unita con te, Verbo, e che si pasce e nutrisce di te, Verbo, e non trova quiete e non si contenta se non in te, Verbo. Solo l’amore di te, Verbo, ci può far quieti, perché siam creati per amare e posseder te. Quanto più ti trovo, tanto più sono assetata di cercarti»[8]. E madre Mectilde: «Siamo creati per amare. Amiamo dunque nostro Signore Gesù Cristo senza tregua. Amiamo sempre, non viviamo e non respiriamo se non nella purezza dell’amore divino. Tutto quello che fate, fatelo con amore. La vostra tendenza sia l’amore, affinché per amore possiate essere perfettamente unita e trasformata in Gesù. È il puro amore che deve fare questa trasformazione. Bisogna dunque che cominciate a vivere di puro amore, ossia puramente per Dio»[9]. E come già in Santa Maria Maddalena, il tema biblico del ritorno sembra far risuonare in madre Mectilde l’eco del Prologo della Regola di San Benedetto: «Non c’è altro da fare in questo mondo che apprendere il cammino del Paradiso. Siamo usciti da Dio, bisogna ritornarvi»[10]. Inoltre, accesa dal desiderio del rinnovamento della Chiesa -siamo negli anni del Concilio di Trento- Maria Maddalena de’ Pazzi, tra le tante visioni, ebbe anche quella di San Benedetto che, quale portavoce di Dio, la confermava in questa sua missione ecclesiale, quella cioè di promuovere il ritorno della cristianità (ancor più i religiosi!) al cuore di Dio attraverso la via dell’obbedienza e dell’austerità. Mi piace ricordare qui che in una visione, Santa Caterina da Siena, alla cui spiritualità Santa Maria Maddalena de’ Pazzi attinge largamente, si sentì dire dal Signore: «Tu trovi nello stato religioso la ricchezza delle sante ordinazioni, disposte con tanto ardore e lume da coloro che erano tempio dello Spirito Santo. Guarda Benedetto, con quanto ordine dispose la sua navicella»[11].
Attraverso la trasformazione operata dall’amore l’anima entra dunque in comunione con Dio. Quello che l’eremita carmelitana Laura Moschetti scrive di Maddalena de’ Pazzi, vale benissimo anche per Mectilde de Bar: «La spiritualità cristiana ha sempre messo al centro del proprio interesse l’amore, lo ha descritto e lo ha proposto di volta in volta passando attraverso l’esperienza dei veri amanti di Dio. Il Cinquecento italiano aveva conosciuto la dottrina dell’amor puro di Santa Caterina da Genova. Anche Santa Maria Maddalena de’ Pazzi nelle esperienze mistiche dei Quaranta giorni aveva parlato di puro amore»[12] e la Fondatrice delle Benedettine del SS. Sacramento, che largamente attinge da queste due grandi mistiche italiane, ne ha fatto il centro della propria spiritualità eucaristica. Tra l’altro, nella Francia del secolo XVII, l’espressione “puro amore” rimanda a Fénelon, Madame Guyon e Bossuet. Padre Giorgio Bertolini, nel commento alla conferenza n° 2831 di madre Mectilde, parte addirittura da più lontano operando un confronto tra questa conferenza mectildiana e l’Epistola de caritate ad Carthusianos scritta nel 1125 da San Bernardo[13].
Infine, questo fuoco d’amore fa sì che, come afferma Santa Maria Maddalena, l’anima così ri-creata «viene per quell’Amor puro ad essere uguale per partecipazione a Dio stesso»[14] e, di conseguenza, sfocia nella carità fraterna dato che «persino il bacio mistico deve essere dato con ambedue le labbra: con l’amor di Dio e del prossimo, con la contemplazione e l’azione»[15]. Così continua, infatti, la conferenza di madre Mectilde: «Quel fuoco divino viene in noi proprio per comunicarci il suo ardore. Ma lo sapete che Dio è fuoco? Sì, Dio è un fuoco che brucia e infiamma tutti i beati senza consumarli, e con quel divino incendio li unisce e trasforma in se stesso [...] Considerate nostro Signore nel Santissimo Sacramento come un fuoco divino che vuole incendiare tutta la terra. Pregatelo di consumare in voi tutto quanto gli si oppone. Gridate: al fuoco! O fuoco divino! Vieni a consumare tutto, e renditi padrone di tutto ciò che è in me!»[16]. E ciò sarà possibile soprattutto quando, a nostra volta, bruceremo d’amore per i nostri fratelli, perché «Nostro Signore ci raccomanda tanto di amarci scambievolmente come egli medesimo ci ha amato, e dà tanta importanza all’amore del prossimo […] Dio è carità, dice San Giovanni. Chi è nella carità sta in Dio e Dio dimora in Lui. Procuriamoci questa felicità, sorelle, mettiamo questa divina virtù al primo posto nei nostri cuori»[17]. Solo così arderemo come lampade davanti al Tabernacolo, come candele consumate dal fuoco dell’amore!
[1] C. M. de Bar, Per la festa del Santissimo Sacramento (n° 2384), in L’anno liturgico =AL, Glossa, Milano 1997, pp. 286-287.
[2] F. Nardoni (a cura di), Tutte le opere di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, Firenze 1960-1966, p. 161.
[3] Testo citato in: V. Andral, Catherine Mectilde de Bar. I. Un carisma nella tradizione ecclesiale e monastica, Città Nuova, Roma 1988, p. 85
[4] C. M. de Bar, Per la festa del Santissimo Sacramento, AL p. 287.
[5] F. Nardoni (a cura di), Tutte le opere di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, pp. 104.225.
[6] M. Maddalena de’ Pazzi, Probatione, 2,99.
[7] C. M. de Bar, Per la festa del Santissimo Sacramento, AL p. 287.
[8] M. Maddalena de’ Pazzi, Colloqui, 342.
[9] C. M. de Bar, Il sapore di Dio. Scritti spirituali 1652-1675, Jaca Book, Milano 1977, p. 175.
[10] C. M. de Bar, La sorgente comincia a cantare, Traduzione dal testo francese a cura delle Benedettine del SS. Sacramento di Alatri, n° 819.
[11] Caterina da Siena, Il dialogo della Divina Provvidenza, Cantagalli, Siena 1998, p. 355.
[12] L. Moschetti, Il grido dell’Amore. Vita e spiritualità di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, Edizioni Feeria, Firenze 2006, p. 95.
[13] Cfr G. Bertolini, Vita di «vittima», cioè vita di «puro amore», in Anno liturgico e santità, Glossa, Milano 2005, p. 339.
[14] F. Nardoni (a cura di), Tutte le opere di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, p. 103.
[15] Ibidem, p.204.
[16] Ibidem, pp. 287-288.289.
[17] C. M. de Bar, Capitoli e conferenze, Edizioni Tofani, Alatri 1998, pp. 276-277.