Home    Temi    Spiritualità mectildiana   Autori

Deus absconditus  anno 96,  n. 1,  Gennaio-Marzo 2005, pp. 33-38

 

Sr. Marie-Cécile Minin osb ap*

Madre Mectilde del SS. Sacramento, Benedettina dell’Eucaristia, donna di comunione

Nella lettera enciclica Ecclesia de Eucaristia, Giovanni Paolo II ricorda che «l’Eucaristia è un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad essa fuori della Messa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia» [1]. «Una comunità cristiana« – aggiunge – «che voglia essere più capace di contemplare il volto di Cristo […] non può non sviluppare anche questo aspetto del culto eucaristico, nel quale si prolungano e si moltiplicano i frutti della comunione al corpo e al sangue del Signore» [2].

In questo anno eucaristico il Papa invita anche a una riscoperta dell’adorazione: «L’adorazione eucaristica fuori della Messa diventi – scrive il Papa – durante questo anno, un impegno speciale per le singole comunità parrocchiali e religiose. Restiamo prostrati a lungo davanti a Gesù presente nell’Eucaristia, riparando con la nostra fede e il nostro amore le trascuratezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro Salvatore deve subire in tante parti del mondo. Approfondiamo nell’adorazione la nostra contemplazione personale e comunitaria, servendoci anche di sussidi di preghiera sempre improntati alla Parola di Dio e all’esperienza di tanti mistici antichi e recenti» [3].

L’eucaristia, mistero di fede, è il fondamento della vita di Catherine de Bar, madre Mectilde del SS. Sacramento, fondatrice delle Benedettine dell’Adorazione perpetua del SS. Sacramento nel XVII secolo. Le sue lettere, le sue conferenze, gli scritti costituiscono l’eco di quanto ha voluto trasmettere non solo alle sue monache, ma anche ai laici che l’hanno incontrata. Adorare e riparare sono le due componenti della sua spiritualità eucaristica.

Alcuni luoghi sono più privilegiati per «contemplare il volto di Cristo, per un rinnovato impegno nella vita dello Spirito. Sono questi i percorsi di una spiritualità vissuta, impegno prioritario in questo tempo, occasione di rileggere nella vita e nell’esperienza quotidiana le ricchezze spirituali del proprio carisma in un contatto rinnovato con le stesse fonti che hanno fatto sorgere, dall’esperienza dello Spirito dei fondatori e delle fondatrici, la scintilla della vita nuova e delle opere nuove, le specifiche riletture del Vangelo che si trovano in ogni carisma» [4]. Per madre Mectilde il luogo privilegiato è l’eucaristia che nutre la sua vita spirituale di cristiana e il cui culto «fuori della Messa è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa» [5].

Ma come vivere questo tempo di adorazione silenziosa davanti a Gesù Eucaristia? Madre Mectilde lo dice con chiarezza e semplicità. Adorare non è nient’altro che «fare sulla terra quello che i beati fanno in cielo. Essi guardano Dio in pura contemplazione e sono consumati dal suo amore. Noi dobbiamo avere un’attuale visione di Dio nella fede e tendere sempre al suo amore. L’amore perfetto non consiste nell’essere toccata sensibilmente, ma in una totale conformità. Resa perfetta, la fede compie l’attuale unione d’amore con Dio, come avviene per i beati, unione che possiamo conservare anche nelle azioni e nell’assillo dei nostri doveri, compiendo ogni cosa per amore e sottomissione a Dio» [6]. Questa adorazione silenziosa è dunque un’unione intima con Dio. La finalità di ogni ascesi è l’amore di carità, quello di cui parla Gesù quando dice che non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13). Il frutto della preghiera è la stabilità interiore, e l’adorazione eucaristica sfocia in una vita stabile di unione con Dio, che si traduce nel dono di sé, per amore. Con la sua dottrina eucaristica, madre Mectilde del SS. Sacramento può aiutare ancora oggi a ripartire veramente, in maniera radicale, da Cristo.

Attraverso l’opera di fondazione di monasteri di benedettine adoratrici e riparatrici, madre Mectilde si è inscritta in modo profetico in una dinamica ecclesiale che trova oggi una risonanza incisiva, poiché è «particolarmente raccomandabile che nelle città o almeno nei comuni di maggiori dimensioni il vescovo diocesano designi una chiesa per l’adorazione perpetua, in cui però si celebri frequentemente, e per quanto possibile anche quotidianamente, la santa Messa» [7].

Non volendo anteporre nulla a Cristo, madre Mectilde ha saputo trasmettere il suo carisma alle generazioni future, avendolo vissuto lei stessa. Essere monaca benedettina, vittima, adoratrice e riparatrice: questo è l’esempio che la Madre lascia non preferendo nulla a Cristo ed essendo stata presenza di adorazione davanti a Gesù-Ostia per irradiarlo più efficacemente a beneficio di tutta la Chiesa e del mondo con la contemplazione, la comunione e la missione.

Contemplazione

Per riprendere un’espressione di Maurice Zundel, il monastero è «sacramento comunitario della Presenza divina«, perché tutta la vita del monaco, della monaca, deve esistere come una trasparenza a Cristo e una trasparenza di Cristo. Il monastero è quel luogo di sosta spirituale che consente all’adorazione di respirare al cuore dell’uomo. Il monastero è quel luogo la cui missione è attestare la Presenza di Dio tra gli uomini attraverso il silenzio di adorazione vissuto come offerta e comunione con Dio. Il senso della vocazione monastica, nota Maurice Zundel, è «di far tesoro del silenzio dell’amore, del silenzio della lode, del silenzio del dono di sé, di suscitare nel mondo questi giardini di Dio, prese d’aria sulla libertà e sull’amore» [8].

Se madre Mectilde propone l’eucaristia come via di rassomiglianza a Cristo, rimane cosciente del valore inestimabile della Lectio divina, lettura assaporata della Parola di Dio sotto la mozione dello Spirito. Questa lettura assidua e paziente configura poco a poco a Cristo l’anima di colui o di colei che vi si dedica. Come discepola di san Benedetto, madre Mectilde intende non anteporre nulla all’Ufficio divino. È davvero la «benedettina dell’eucaristia», come l’ha ben definita monsignor Gremigni [9].

Comunione

Madre Mectilde è anche al crocevia delle intuizioni del Grand Siècle. Se fosse necessario definirla, lo si potrebbe fare con il termine «donna di comunione«. Monaca benedettina riformata nel solco di dom Didier de la Cour, fondatore della Congregazione dei Santi Vanne et Hydulphe, poi in quello dei maurini, anche madre Mectilde si inscrive come una delle grandi figure spirituali della Scuola Francese [10]. Ha saputo accogliere il carisma che Dio le ha donato sin dall’infanzia, aderire ad esso, viverne, e trasmettere questa spiritualità di comunione che le conferisce un posto particolare e ben determinato tra i maestri spirituali del Grand Siècle. Poter comunicare sacramentalmente ogni giorno a Cristo è stato uno dei suoi desideri più sentiti. Ricordiamo la sua frase chiave: «Noi non compiamo i nostri obblighi verso Gesù in Sacramento se non ci comunichiamo; e dato che spesso ci mancano la possibilità o le disposizioni per possedere questo dono infinito con la Comunione sacramentale,  siamo obbligate a comunicarci spiritualmente, ossia con il desiderio, con l’amore, con l’unione e la partecipazione del Sacrificio con il Sacerdote» [11].

La spiritualità di comunione di madre Mectilde può essere considerata come un potente antidoto sia alla tendenza giansenista del suo tempo che al lassismo del nostro tempo.

Missione

Nel XVII secolo madre Mectilde propaga l’Istituto fuori dalla Francia con la fondazione del monastero di Varsavia, in Polonia. Scrive queste parole alle fondatrici: «Vi considero come missionarie del Santissimo Sacramento» [12]. L’adorazione di Cristo, la contemplazione della vita di Cristo, la comunione con questa vita, hanno dunque fatto nascere in madre Mectilde uno slancio missionario, poiché la Madre ha compreso quanto eucaristia e missione siano in intima connessione. Dopo la sua morte, l’impulso primitivo non si è affievolito. Nel XIX secolo numerose fondazioni hanno visto la luce in Germania, Italia, Scozia, Paesi Bassi, Belgio, Granducato del Lussemburgo e Spagna. Nel XX secolo sono state tentate due fondazioni extraeuropee: una in terra d’Africa, a Tororo, in Uganda, e l’altra in Argentina, a Lujan. Se anche queste fondazioni extraeuropee non hanno potuto rimanere in seno all’Istituto, esse continuano tuttavia a rappresentare luoghi di vita monastica ancora vivi e fiorenti ai nostri giorni.

Le figlie di madre Mectilde la seguono su questa strada. Non si devono forse a madre Caterina Lavizzari queste righe, scritte al momento della fondazione del monastero di Piedimonte d’Alife: «Datevi, datevi senza contare, a Gesù. Siate le missionarie dell’Ostia. Portate le anime a Gesù e Gesù alle anime» [13]?

Ogni fondatore è portatore di un carisma che gli è proprio e che è dono di Dio per lui, per la Chiesa e per il mondo. Giovanni della Croce e Teresa d’Avila hanno lasciato un insegnamento mistico con la Salita al Monte Carmelo e il Castello Interiore, Francesco d’Assisi ha lasciato in eredità la sua santa povertà. Domenico, il fuoco della predicazione; Benedetto da Norcia un cammino di vita interiore. Ma quello che ciascuno ha trasmesso ai figli e alle figlie è solo la punta di quell’iceberg che è l’intimità spirituale di una persona con il Dio amato al di sopra di tutto. L’essenziale, la vita di unione con Dio la cui vitalità si manifesta attraverso la posterità spirituale, rimane nascosta in Dio. È il segreto di Dio. Lo stesso accade per Catherine de Bar, madre Mectilde del SS. Sacramento. Ha vissuto con intensità il suo carisma specifico di benedettina adoratrice e riparatrice, sviluppando la dimensione vittimale inclusa nel battesimo. Ha saputo diventare canale della grazia di Dio nella sua epoca per coloro che ha condotto a incontrarlo. Ha saputo, con questo, interpretare i segni del suo tempo, grande secolo eucaristico.

Lungi dal restringere il suo carisma alla sola sfera monastica, madre Mectilde ha saputo suscitare un movimento eucaristico tra i laici, invitandoli, per quanto era possibile, a fare di tutta la loro vita cristiana un’offerta di adorazione a Cristo, come testimonia la sua corrispondenza con Maria di Châteauvieux, Margherita d’Orléans, e suscitando una slancio eucaristico che si è tradotto nella creazione delle confraternite del Santissimo Sacramento. Anche qui madre Mectilde raggiunge le speranze del nostro tempo perché è chiesto al vescovo diocesano di riconoscere e incoraggiare, secondo le possibilità, «i fedeli nel loro diritto di costituire confraternite e associazioni per la pratica dell’adorazione anche perpetua» [14], e che coloro che lo desiderano possono essere associati alla vita delle comunità monastiche con l’oblazione.

Fondando l’Istituto, madre Mectilde ha voluto, per riprendere le parole di Giovanni Paolo II, spingere «a celebrare il Sacrificio eucaristico con l’impegno che esso merita, prestando a Gesù presente nell’Eucaristia, anche al di fuori della Messa, un culto di adorazione degno di così grande Mistero«. Ha aiutato i fedeli a «convergere verso atteggiamenti illuminanti e fecondi» [15]. Per questo ha affidato la sua opera a colei che poteva, meglio di tutti, assumerne il governo: Maria.

Ne espone le ragioni nelle Costituzioni:

«Noi abbiamo creduto che, per mantenere in vigore il nostro Istituto, rendere stabile e permanente l’Adorazione Perpetua che abbiamo votato al SS. Sacramento dell’Altare, non ci poteva essere mezzo più efficace di quello di affidarlo nelle mani della Santissima Vergine, che sola, dopo Dio, è capace di preservarlo dalle occasioni di rilassamento e da altri mali che potrebbero alterare la santità che esso deve avere, supplicandola umilmente della sua speciale protezione, in nome di tutte le anime che si impegneranno a onorarlo. Come è stata la prima adoratrice del nostro augusto Mistero e la più perfetta vittima che sia mai esistita sulla terra, dopo Gesù Cristo Figlio suo, voglia Ella gratificare questo Istituto con la sua guida, farne un’opera sua e occuparvi per sempre il posto di unica Superiora perpetua di tutto l’Istituto in generale e di ogni monastero in particolare» [16].

Anticipa così l’auspicio di Giovanni Paolo II, il quale propone per oggi «l’esigenza di una spiritualità eucaristica che mostra Maria come il modello della “donna eucaristica”» [17].

A tre secoli di distanza, l’appello lanciato da madre Mectilde a vivere a fondo la grazia del battesimo è più che mai attuale. Oggi, quando l’urgenza di una risposta da offrire alla chiamata di Dio, di una sequela Christi, si fa sentire in maniera maggiore, madre Mectilde ci ricorda che noi siamo e saremo sempre in debito verso l’amore di Dio manifestato nelle nostre vite. Questa «sequela di Cristo implica una realtà duplice. La prima è di ordine dinamico: muoversi; la seconda è di ordine statico: stare con lui. È evidente che la prossimità dipende dal movimento. Tale duplice realtà si coniuga in una sola: il dono di sé. Chi si dona a Gesù si muove verso di lui per essere trasformato da lui e in lui» [18].

Come Cristo si è servito di Paolo, di Pietro, di Benedetto, Domenico, Francesco, Teresa e molti altri, si è servito di Mectilde per ricordare agli uomini la priorità di una vita di comunione accolta come dono di Dio fatto agli uomini di tutti i tempi. Dono che trova la sua fonte nella celebrazione e nell’adorazione del mistero di morte e di risurrezione di Cristo, affinché si imprimano in noi i tratti del Verbo incarnato [19], ricevuto nella comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, perché tutta la nostra vita sia eucaristia vivente offerta al Padre.

«Camminate alla sua santa presenza e vedrete che farete molte cose» [20], diceva madre Mectilde. Ebbene, sull’esempio di colei che fu benedettina dell’eucaristia e donna di comunione, vivendo oggi il suo carisma specifico, in monastero o nella vita quotidiana, camminiamo anche noi sulla strada della fede in Dio presente nell’Eucaristia, strada di adorazione e di libertà in Cristo.

 



* Monaca del Monastero di Rouen (F).

[1] Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Ecclesia de Eucaristia (=EE), 17.04.2003, n. 25.

[2] Ivi.

[3] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Mane nobiscum Domine (=MN), 07.10.2004, n. 18.

[4] Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, Istruzione Ripartire da Cristo (=RC), 19.5.2002, n. 23.

[5] EE, n. 25.

[6] Catherine de Bar, Une amitié spirituelle au Grand Siècle, Lettres de Mère Mectilde de Bar à Madame de Châteauvieux, Téqui, 1989, p. 175. Tr. it.: Catherine Mectilde de Bar, Lettere di un’amicizia spirituale, ed. Àncora, Milano, 1999, pp, 164-165.

[7] Congregazioe per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum (=RS), 25.3.2004, n. 140.

[8] Marc Donze, Témoin d’une Présence, Inédits de Maurice Zundel, tome II, Paroles de 1955, Genève, 1987, p. 31.

[9] Mons. Gilla Vincenzo Gremigni, «La benedettina dell’Eucaristia«, in Mondo Cattolico, Rassegna della Civiltà cristiana, Giugno-Luglio 1953, Anno I, n. 6-7, pp. 15-19.

[10] Cf. Catherine de Bar, Une âme offerte à Dieu en saint Benoît, Téqui, 1998, pp. 97-122, 127.

[11] Le Véritable esprit des Religieuses adoratrices perpétuelles du Très Saint-Sacrement de l’Autel, Paris, 1690, 3a ed., cap. 16, pp. 204-205.

[12] Catherine de Bar, En Pologne avec les Bénédictines de France, Téqui, 1983, p. 100.

[13] Benedettine del SS. Sacramento, Una madre per tutti. Profilo biografico di madre Caterina Lavizzari (1867-1931), Ronco di Ghiffa, 2004, p. 13.

[14] RS, n. 141.

[15] MN, n. 10.

[16] Mère Mectilde du Saint Sacrement, Constitutions sur la Règle de notre saint Père Benoît pour les Moniales Bénédictines de l’Adoration perpétuelle du Très Saint Sacrement, manuscrit P 103, (Alatri, 1982), pp. 23-24. Madre Mectilde de Bar, Maria, abbadessa perpetua dei nostri monasteri, in «Deus  Absconditus«, Anno 95, n. 3, 2004, pp. 5-6.

[17] MN, n. 10.

[18] Bernardo Oliveira, Martiri in Algeria, Àncora, Milano, 1997, p. 100.

[19] cf. RC, n. 24.

[20] N. 315, Conferenza sulla santa comunione.